da:
Affari e Finanza
Far West
di Federico Rampini
L’ultimo scandalo bancario lo chiamano “Il Cartello”, proprio come quello dei
narcos di Medellin. Si tratta della maxi-inchiesta
delle autorità americane ed europee sulla manipolazione del mercato delle valute: un mercato che muove 5.000
miliardi di dollari al giorno, assai più delle transazioni sui bond e sulle
azioni. Tra le banche indagate figurano “i soliti noti”, nomi come Citigroup e Barclays. I loro trader, secondo l’accusa degli inquirenti, da
tempo manipolavano i cambi a danno dei
clienti. Bella scoperta. Nel mio piccolo... lo sapevo da anni.
Gran parte della mia
carriera lavorativa si è svolta all’estero. Come dipendente di giornali italiani, sono quindi stato pagato mensilmente con bonifici bancari.
Ogni mese, ricevere l’estratto conto bancario è una beffa. Se il tasso di cambio corrente è, come in
questi giorni, 1,34 dollari per un euro, so già che la mia banca mi applicherà un cambio di 1,30. E’ un prelievo del 3% che si aggiunge alle
spese di bonifico, una “cresta” che
la banca si prende su quell’operazione. Naturalmente molti di voi avranno
notato
qualcosa di simile nel cambiare valuta agli sportelli bancari. Lì la
forbice a vantaggio della banca è ancora superiore. Se un turista italiano
entra in un’agenzia bancaria a Manhattan vede subito il cartello coi tassi
praticati: la banca compra i vostri euro valutandoli solo 1,20 dollari, mentre
se è un turista americano in partenza per l’estero a voler comprare degli euro,
la stessa banca glieli vende a 1,42. Qui la rapina sfiora il 10%. E tuttavia,
nel caso del cambia-valute c’è almeno una parziale giustificazione. Gestire transazioni in banconote comporta dei costi, c’è una “merce” fisica che va
custodita, spostata. C’è anche, per quanto ridotto, un minimo di rischio:
esistono in circolazione banconote false (anche se le banche dovrebbero avere
apparecchi in grado di individuarle). Ma nel caso di un bonifico da banca italiana a banca americana, l’unico “lavoro”
consiste nello schiacciare un paio di tasti del computer. E ovviamente,
trattandosi di trasferimenti virtuali, che non comportano il trasporto di
banconote, non vi è il rischio che la banca ricevente si trovi delle banconote
false. Nella gestione dei bonifici internazionali, i margini di profitto sono
pazzeschi, vista la facilità di queste operazioni con le nuove tecnologie.
Quello che subisco io, a differenza dei comportamenti del “Cartello” sotto
indagine, risulta essere legale. Ho provato a cambiare banca, ma mi sono dovuto
arrendere: così fan tutte. Non voglio neppure farmi in tasca i conti su tanti
anni di stipendi sui quali mi hanno prelevato il 3% ogni mese: avessi messo da
parte quella somma, mi ritroverei con un gruzzolo di risparmio che invece è
finito nei bilanci voraci delle banche. Una cosa in comune c’è, tra il mio
microscandalo privato e la vicenda del “Cartello”: le stesse autorità
inquirenti che vogliono smascherare le manipolazioni sui tassi di cambio delle
valute, ammettono che quel mercato è
“poco regolato”. Praticamente una giungla, se questo termine non fosse
contestato dagli etologi che vedono molta più civiltà tra le belve feroci.
Il mercato dei cambi,
nelle parole di un banchiere centrale norvegese che collabora con gli americani
nell’indagine globale, “è molto opaco, sul quale noi stessi dovremmo sapere di
più”. E lo dice un banchiere centrale, che ha funzioni di vigilanza? Non sai se
rallegrarti che abbia aperto gli occhi, o essere preso dallo sconforto per
un’ammissione così tradiva.
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