da: Lettera 43
Guerra,
le capitali in fiamme della Primavera araba
A
Tripoli e Il Cairo si combatte. Damasco è in guerra. Cosa resta della rivolta
che doveva cambiare il mondo islamico
di Barbara
Ciolli
In Libia, la battaglia di Tripoli è
ricominciata, o forse non è mai finita. A Damasco, in Siria, bombe e mortai
hanno raggiunto la città vecchia. Il Cairo, in Egitto, è squassata dalla
guerriglia dei Fratelli musulmani contro i generali del golpe. Tunisi è
insanguinata da attentati politici e in balia nell'anarchia di governo.
I DESTINI DELLA PRIMAVERA ARABA. Tre
inverni fa, in questi Paesi esplose la Primavera araba. Qualche Stato, come la
Tunisia e l'Egitto, sembrò aver trovato la via verso la democrazia con le
proteste e la cacciata dei tiranni. Altri, come la Libia e la Siria,
sprofondarono nelle guerre di liberazione.
Caduto Muammar Gheddafi, tuttavia, la Libia
che ha eletto alle urne i nuovi governanti e scrive la nuova Costituzione non
trova pace. Anzi vive un'involuzione: dopo Bengasi, a novembre le battaglie tra
bande e gruppi tribali sono esplose anche nelle strade della capitale.
BASHAR AL ASSAD RESISTE. In Siria il
compagno d'armi di Gheddafi, Bashar al Assad è ancora in sella. Ma l'accordo
sul disarmo chimico non ha placato la guerra civile. L'esercito del regime ha
ripreso forza. E a Damasco, dopo mesi di pax armata, il centro storico è
tornato a essere bersagliato dal fuoco d'artiglieria.
A Il Cairo, l'alternativa al sangue è il
coprifuoco.
Dal 2011 le capitali della Primavera araba
sono blindate, saccheggiate, distrutte. Il cambiamento ha prodotto uno stallo
armato. Ma allora dov'è la rivoluzione?
Siria:
il centro storico di Damasco sotto i colpi d'artiglieria
Il quartiere di rifugiati palestinesi di
Yarmouk, a Damasco (nella foto sopra), a 8 chilometri dal centro, prima della
guerra era capace di ospitare oltre 140 mila profughi.
Dopo mesi di raid dell'aviazione siriana e
di razzi d'artiglieria, gli edifici sono semidistrutti.
Altri sobborghi della capitale siriana,
come Tadamon (87 mila residenti) e Sbeineh, enclavi dei ribelli, sono ormai
stati ridotti a quartieri fantasma.
RAZZI NELLA CITTÀ VECCHIA. Le bombe nelle
ultime settimane hanno ripreso a colpire la città vecchia, dopo mesi di cessate
il fuoco. Oltre che dagli attentati qaedisti, il centro storico di Damasco è
scosso dai colpi d'artiglieria: gli ultimi razzi hanno ucciso un passante e
feriti altri tre, vicino al mercato coperto di Hamidiya, a Hariqa, la
cittadella medievale. Un colpo di mortaio ha colpito la nunziatura apostolica
della Chiesa e l'esclusivo quartiere di Malki, sede di diverse ambasciate
straniere, tra cui quella italiana.
Il centro della capitale, con i suoi
monumenti, è in fiamme. Come quello di Aleppo e di Homs, terza città della
Siria, rasa al suolo.
Libia:
dagli attentati alla nuova battaglia di Tripoli
Lo scorso ottobre il premier ad interim Ali
Zeidan è stato vittima di un tentato golpe, un mese dopo nella capitale sono
tornati a volare razzi anti-aerei e granate.
A due anni dalla presa di Tripoli e dalla
morte di Gheddafi, la Libia è caduta in una spirale di attentati e scontri. Il
rischio che riesploda la guerra civile è concreto: nelle ultime settimane, di
notte la capitale è teatro di guerriglia tra miliziani, a colpi di kalashnikov
e artiglieria pesante.
Gli abitanti descrivono impauriti una città
senza un esercito che difenda i civili. Le pallottole cadono ovunque.
ASSALTO DA SUD. Nell'ultima sparatoria, che
ha fatto un morto e una dozzina di feriti, un gruppo di miliziani pesantemente
armato avrebbe attaccato Tripoli da sud, lambendo il quartiere del ministero
degli Esteri e della tivù di Stato.
Dal 2011, la capitale libica non ha mai
smesso di essere bersaglio di pesanti attentati contro politici e attivisti. Lo
stesso vale per Bengasi e altri centri.
Tunisia:
kamikaze sulle coste e bombe pronte a esplodere nella capitale
Tutto il Nord Africa è ormai instabile e
permeabile alle infiltrazioni di gruppi qaedisti. Non solo. I Paesi della
cintura sono diventati un serbatoio di criminalità e mete per il traffico di
armi, che hanno conosciuto un boom dopo l'esplosione delle rivolte.
LA POLVERIERA DEL MEDITERRANEO. Dal Mali
all'Egitto, passando per la Tunisia travolta da una raffica di attentati contro
politici e strutture turistiche, la fascia delle regioni scosse dalla Primavera
araba sta diventando una polveriera affacciata sul Mediterraneo.
E proprio in Tunisia, sulla costa, gli
estremisti wahabiti (radicali sunniti) hanno assaltato con kamikaze resort di
lusso, per instaurare califfati islamici. Nella capitale sono stati sventati
attentati all'hotel internazionale Sheraton e alla vicina sede della
televisione di Stato.
L'ASSEDIO ISLAMISTA. Un gruppo di salafiti
ha aperto il fuoco vicino a una scuola, un altro kamikaze si è fatto esplodere
contro il mausoleo del primo presidente della Tunisia Habib Bourguiba a
Monastir.
Un segnale ai politici che, divisi tra
laici e islamisti, non trovano ancora un accordo sul nuovo premier.
Egitto:
coprifuoco a Il Cairo. Decine di morti nella guerriglia
Il Maghreb non appare molto diverso dalla
Siria di un anno fa. Il corridoio del traffico d'armi è l'Egitto, dove l'ordine
è stato ristabilito solo con una controrivoluzione.
Piazza Tahrir, riconquistata dai militari,
è stata sostituita dalle nuove piazze dei martiri di Rabaa e Nahda, basi dei
supporter del presidente della Fratellanza musulmana deposto, Mohamed Morsi.
Nell'università di Al Azhar studenti pro e
anti-Morsi si scontrano tra loro. E ogni venerdì di preghiera, a Il Cairo e sul
delta del Nilo esplode la guerriglia contro la polizia.
CAPITALE A FERRO E FUOCO. Nella capitale,
gli ultimi scontri tra i sostenitori laici del generale Abdel Fattah al Sisi,
comandante supremo delle forze armate e anima del golpe soft, e i manifestanti
islamici, sono scoppiati il 6 ottobre scorso: sul campo sono rimaste almeno 53
persone e oltre 400 oppositori sono stati arrestati.
La scintilla sono state le celebrazioni per
il 40esimo anniversario della guerra dello Yom Kippur, che coinvolse Israele,
Egitto e Siria. Quasi un segnale premonitore.
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