da: la Repubblica
Con il tempo Berlusconi incarna alla
perfezione il nemico storico del berlusconismo, il vecchio politicante. Delle
qualità del suo personaggio, entusiasmo, coraggio, novità e furbizia, gli
rimane soltanto l’ultima. È un Berlusconi imbolsito, stracco e democristiano
quello che dal palco dell’Eur rilancia Forza Italia vent’anni dopo con il
discorso di vent’anni prima.
Ma resta il più furbo di tutti. Come
abbiamo anticipato da una vita, molla il governo delle larghe intese, che ha
voluto e santificato più di chiunque altro «per il bene del Paese», appena ha
capito di non poterne ottenere vantaggi personali. Così aveva rovesciato il
tavolo della Bicamerale, una volta incassati la caduta di Prodi e il
salvacondotto aziendale.
Il nuovo partito non si capisce che cosa sia,
scriveva ieri il Corriere, “non se ne conoscono programmi, nuove idee,
collocazione internazionale”. L’ultima cosa è meno vera. Ieri Berlusconi ha
chiarito che l’orizzonte internazionale di Forza Italia si colloca fra l’India,
dove si lavora sessanta ore alla settimana per pochi dollari, e l’Albania, dove
il premier lo chiama “maestro”. Obama, Merkel e Hollande lo chiamano in altri
modi, ma lasciamo stare. Per il resto, anche ieri
Berlusconi e Alfano hanno
ripetuto gli stessi slogan sulle tasse, l’Imu, la giustizia, l’Europa e così
via, dunque non si capisce perché si siano lasciati.
Quello che serviva al capo era un altro
contenitore per affrontare l’unica cosa in cui è davvero bravo, la campagna
elettorale. L’epoca di Berlusconi è stata, in effetti, una campagna elettorale
lunga venti anni con brevi e tormentate pause di governo. Liberato dal vincolo
della maggioranza, il grande venditore potrà ricominciare a promettere tutto a
tutti, mentre il governo delle piccole larghe intese soffoca sotto il peso di
un’eredità impossibile. Non è escluso che gli elettori lo premino ancora.
L’egemonia culturale del ventennio ha imposto in ogni caso il populismo come
forma unica di comunicazione politica.
Chiunque conosca un po’ la pancia del
Paese, e lui la conosce benissimo, ride dei sondaggi che circolano e coltiva
una sola certezza: alle prossime elezioni vincerà chi è all’opposizione. Il
rischio è che fra poche settimane all’opposizione del governo Letta si trovino
in tanti, troppi, tutti, da Grillo a Berlusconi al Pd di Matteo Renzi. Non
potendo anticipare Grillo, la mossa di Forza Italia si ripromette almeno di
bruciare sul tempo Renzi e per questo si è voluto la scissione prima del voto
nel Pd.
L’astuzia, il calcolo e l’interesse
personali costituiscono gli unici valori fondanti della nuova Forza Italia.
Probabilmente, anche della vecchia, ma allora erano almeno ben mascherati dalla
luccicante parata di slogan e trovate e sogni. L’atmosfera stessa dell’Eur è di
una mestizia bulgara. La prima fila dei cosiddetti falchi, che si spellano le
mani per la contentezza di avere ancora un padrone, promana un’allegria a metà
fra una riunione degli ultimi politburo sovietici e la panchina del Milan. Il
Berlusconi politicante non dà loro neppure la soddisfazione di seppellire
d’insulti il traditore Alfano e anzi, alla democristiana, invita a non rompere
con gli scissionisti, simulando perfino paterna commozione.
Delle tante recite su cui abbiamo dovuto
assistere, questa è stata fra le più surreali. Il solo momento vero è stato il
finale, quel malore piccolo, per fortuna, che ha ricordato a tutti la realtà.
Quella di un uomo non solitario, ma ormai triste e finale, che rincorre ormai
un tempo perduto.
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