da: La Stampa
Siria,
la contabilità dell’orrore
Uccisi
oltre undicimila bambini
Rapporto
delle ong locali: 7 su 10 vittime di razzi e bombe. Centinaia di esecuzioni
di Francesca
Paci
Quando all’alba della protesta contro Assad i ribelli siriani sognavano piazza Tahrir, ignari della guerra civile dietro l’angolo, i bambini avevano giù cominciato a pagare un prezzo altissimo all’anelito democratico del paese, dove rappresentano il 45% della popolazione. Le prime vittime della rivolta anti governativa sono infatti proprio i 15 ragazzini di Daraa tra i 9 e i 16 anni arrestati e torturati all’inizio di marzo 2011 per aver scritto sui muri della scuola lo slogan della primavera araba «Il popolo vuole la caduta del regime». Un mese dopo fu la volta di Hamza Ali al Khateeb, il 13enne fermato dalla polizia di Damasco durante una manifestazione e riconsegnato alla famiglia senza vita e con il corpo mutilato dalle sevizie. Da allora i morti si sono moltiplicati fino a superare quota 110 mila, combattenti, civili, uomini, donne, bambini.
Il rapporto «Stolen Futures», appena
realizzato dalla think tank Oxford Research Group e pubblicato in anteprima
italiana da «La Stampa», disegna per la prima volta il cimitero dei più piccoli
tra i caduti in Siria in due anni e mezzo di conflitto, 11.420 minori di 17
anni che sono stati inghiottiti dal vortice dell’odio, l’infanzia spezzata, il
futuro sepolto nelle trincee avversarie.
I dati, forniti dalle ong siriane Syrian
Center for Statistics and Research, Syria Tracker, Syrian Network for Human
Rights, Violations Documentation Center (che collaborano anche con le Nazioni
Unite) ci dicono innanzitutto come questi bambini e bambine siano morti,
dettaglio inutile di fronte alla perdita ma fondamentale per la conservazione
della memoria. Sette su 10 sono stati uccisi da esplosivi (mortai, razzi,
artiglieria, 2008 solo dai bombardamenti) mentre uno su 4 è stato colpito da
proiettili (tra loro, 389 vittime dei cecchini e 764 ammazzati con esecuzioni
sommarie, compresi 112 prima torturati). Ci sono poi i 128 soffocati dai gas
letali a Ghouta, il 21 agosto 2013, l’attacco che ha risvegliato la coscienza
addormentata dell’occidente, impegnato ora nei negoziati per il disarmo chimico
di Damasco senza aver interrotto però la conta dei morti.
«Il mio Khaled non vedrà mai il mondo e il mondo non vedrà mai quanto era bello» ripeteva un mese fa Kadija, una mamma di Homs rifugiata nel campo profughi libanese di Baalbek dopo aver perduto il marito e il figlio di 3 anni. Quanti anni avevano? Come si chiamavano? Dove abitavano? Chi erano tutti i Khaled siriani prima che la guerra ne cancellasse le tracce?
Se tra i neonati non c’è differenza,
crescendo i bambini muoiono più facilmente delle bambine (4 bambini per ogni
bambina tra i 13 e i 17 anni). La maggior parte sono originari del
governatorato di Aleppo, dove si contano 2.223 nomi (19,9% del totale), seguono
Homs (16,3%), Rif Dimashq, nelle campagne di Damasco (15,9%), Idlib (14,2%).
«Il report conferma che la Siria è
diventato uno dei posti più pericolosi al mondo per i bambini» ragiona Valerio
Neri, direttore generale di Save the Children Italia. Le guerre uccidono, ma le
guerre contemporanee hanno spostato la linea del fronte nelle case, nei
quartieri, nelle scuole, come prova lo studio del 2012 della ong britannica
Action on Armed Violence, secondo cui il 91% delle vittime siriane appartiene
alla popolazione civile bersagliata dai raid aerei, dagli attentati kamikaze,
dalle bombe. Poi, insiste Save the Children, c’è la violenza aggiunta, quella
che annulla la distanza tra un caccia e la indistinguibile città da colpire: «È
ancora più terribile che i bambini siano obbiettivo dei cecchini, oggetto di
esecuzioni sommarie o di torture. Il report sottolinea la necessità immediata
che tutte le parti in conflitto cessino di colpire i bambini e che consentano a
quelli di loro feriti o malati di ricevere assistenza umanitaria dovunque si
trovino». La Siria si sta dissanguando giorno dopo giorno, ma senza i bambini
nessuna trasfusione potrà mai riportarla in vita.
Raid ad Aleppo: 40 morti
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