giovedì 21 novembre 2013

Media, social network: ‘Medium’, la via di mezzo tra un sito di contatti e un blog

da: Affari e Finanza

Il social network delle grandi inchieste
Evan Williams, uno dei cofondatori di Twitter, inizia una nuova avventura con “Medium”, una via di mezzo fra un sito di contatti e un blog: punta su racconti e servizi giornalistici anche ampi da condividere in rete
di Valerio Maccari

Dal tweet al racconto il passo è breve. Almeno per Evan Williams, uno dei quattro cofondatori di Twitter. Il quale, dopo aver fatto una fortuna con il social network della sintesi, ha deciso di andare oltre i 140 caratteri. E insieme al sodale Biz Stone, che lo ha accompagnato anche nell’avventura di Twitter ora abbandonata da entrambi, ha fondato Medium: una piattaforma a metà tra il blog e il social network, che invita gli utenti a produrre e a leggere contenuti più estesi. «Storie che contano - sottolinea Williams decisamente più lunghe di un tweet. Con Medium stiamo provando a creare il luogo ideale per la condivisone di storie e di idee. Contenuti di sostanza, che non possono essere racchiusi in 140 caratteri, e che non sono stati pubblicati solo a uso e consumo degli amici”, come invece accade spesso sui social network». L’idea alla base di Medium, fondato circa un anno fa, è proprio quella di rendere più
semplice ed efficace la condivisione di contenuti di maggiore ‘spessore’. E di permettere loro di diventare virali, proprio come accade per le vignette e i memesu Twitter e Facebook. «Su Medium trovano spazio molti argomenti diversi», sottolinea Williams, che della start-up è anche Ceo e l’ha presentata in grande stile con un’ampia intervista al mensile Wired, edizione americana. «Possono esserci post di natura professionale o personale, di fiction o di non fiction. Su Medium ci sono prospettive, idee e persino reportage giornalistici».

Per questo il servizio, invece di raccogliere i post per autore, preferisce un raggruppamento sulla base dei temi trattati. E se da un lato offre un’esperienza utente semplificata, con un’interfaccia minimale che permette l’autopubblicazione in pochi semplici passi , dall’altro mette in campo un’importante limitazione: un algoritmo che valuta la qualità dei contenuti editoriali e l’interesse suscitato negli utenti. Una sorta di filtro che mette in luce i post ritenuti di maggior qualità, a scapito di quelli individuati come di bassa fattura, e che costituisce il vero valore aggiunto del nuovo servizio. A questo si aggiunge una squadra di 40 editor e accordi con vari produttori di contenuti professionali, fra cui Epic, azienda americana che si occupa di trovare storie interessanti da trasformare in libri o film: industrial writer, come li chiama Williams, contrapponendoli a blogger e giornalisti della rete.
La rivoluzione cui punta Medium, infatti, parte dalla presa di coscienza che la comunicazione su Internet, oggi, premi più la velocità e la praticità che la profondità. «Molti servizi hanno avuto successo nell’aprire a tutti la possibilità di produrre contenuti e condividerli - aggiunge il Ceo - ma ci sono stati meno progressi nell’innalzamento della qualità dei contenuti prodotti ». Invertire la tendenza non è semplice, ma secondo Williams è più che mai necessario: «Le necessità economiche portano i siti di news ad attirare l’attenzione degli utenti senza preoccuparsi della qualità editoriale». Basta, dunque, con le notizie a base di sesso, sangue e soldi: «Stiamo costruendo un sistema dove i buoni contenuti possono brillare e ad avere attenzione. E c’è un pubblico per idee e storie che fanno leva su qualcosa di più dei desideri di base degli esseri umani». Con Medium, ha precisato ulteriormente il fondatore, «non stiamo tentando solo di creare la piattaforma giusta per la condivisione. Ci sono già altri servizi che danno questa possibilità. Ognuno può crearsi il proprio blog, anche se pensiamo che la creazione di un blog non sia un’attività per tutti. Il buco che cerchiamo di riempire è principalmente sul lato della creazione». E dal punto di vista della creazione di contenuti, la precedente esperienza professionale di Williams è sicuramente d’aiuto. Nel curriculum del quarantenne americano, infatti, spicca, oltre a Twitter, anche la fondazione di Blogger, il servizio per la pubblicazione semplificata di blog, acquistato nel 2003 da Google. Un’evoluzione che sembra tracciare un disegno preciso: Twitter ha aperto la rete a chiunque avesse 140 caratteri da comunicare, Blogger a chi volesse avere una presenza sul web più strutturata. Adesso Medium – il cui nome sembra indicativo – si pone a metà tra i due modelli, fondendo sistema editoriale e social network. Presentando funzioni, come il commento dei singoli paragrafi e l’indicazione del tempo necessario per la lettura, di cui non dispongono nemmeno le più avanzate piattaforme di blog. Una forma di comunicazione che Williams ha contribuito a lanciare qualcuno ritiene che lo stesso termine blog sia stato reso popolare proprio da lui – ma che ai suoi occhi adesso sembrano segnare il passo. 
«I blog spesso creano una cultura superficiale», dice il Ceo sempre a Wired. «Parte della ragione per cui molti blog di tecnologia sono di cattiva qualità è che le persone che ne scrivono i contenuti non capiscono davvero la materia di cui si occupano. Le notizie, la maggior parte delle volte, sono irrilevanti. E le persone preferirebbero spendere il loro tempo consumando meno notizie e più idee». Tutto il web, nella visione di Williams, è infestato di contenuti di bassa qualità. Ce ne sono sui blog, ce ne sono su tutta la rete. E ce ne sono, a volte, anche su Medium: il servizio, quest’estate, è stato criticato per aver dato spazio a post offensivi, contrariamente all’obiettivo dichiarato. «Anche su Medium abbiamo contenuti di scarsa qualità», ammette Williams. «Ma stiamo lavorando per filtrarli e lasciare spazio a quei grandi contenuti che sono presenti sulla piattaforma e che senza Medium non vedrebbero la luce del sole». Alcune cifre sui due maggiori social network, Facebook e Twitter. Ora si aggiunge Medium per contenuti di qualità.

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