da: La Stampa
“Masterpiece”,
debutta la sfida tra scrittori
Domenica su Rai3 il primo
talent al mondo per autori di romanzi
di Alessandra Comazzi
«Nella sua torre tutta d’avorio/ il genio
studia le sue carte/ concentrazione, ispirazione/ la sua cultura, la sua arte»,
cantava Gaber nel Dente della conoscenza. E dunque dovranno letterati e
scrittori chiudersi nella torre o potranno divulgare il sapere?
Arriva domenica su Raitre Masterpiece, il
primo talent al mondo dedicato agli autori di romanzi. Non è un format
acquistato, bensì inventato in Italia, lo racconta persino il New York Times,
si registra nel Centro Rai di Torino, produzione Fremantle, autori Omar
Bouriki, Tommaso Marazza, Giovanni Robertini, Michele Truglio, Edoardo Camurri,
capostruttura Annamaria Catricalà.
Dice il direttore Andrea Vianello:
«Vedrete, racconteremo un’Italia che non si racconta mai. Una rete
contemporanea come la nostra non poteva non considerare il linguaggio dei
talent: però Raitre vuole anche essere la rete dei libri e della cultura.
Dunque proviamoci».
Le prime sei puntate andranno in seconda serata. Poi pausa. Nel 2014 si ricomincia, in prima serata. Per premio, la pubblicazione del romanzo vincitore, editore Bompiani, in centomila copie. Mica uno scherzo. «È quindi ovvio che noi privilegiamo la scrittura, non il personaggio», dice Giancarlo De Cataldo, uno dei giudici. Gli altri due sono Andrea De Carlo e Taiye Selasi.
Molti hanno già criticato: come si fa un talent con la scrittura? O la si banalizza, o non se ne cava uno show serale. Perplessità simili, con mutato argomento, sono riservate a Mission, sorta di reality dai campi profughi, cui dovrebbero partecipare i soliti noti, Al Bano, Emanuele Filiberto, la Spaak. Il mondo della cooperazione e del volontariato è in fibrillazione, il direttore di Raiuno Leone consiglia: aspettate, prima di giudicare.
La notizia è che, anche in questo caso, lo studio sarà a Torino. È il momento del rilancio? Dice il direttore, Pietro Grignani: «Per Gubitosi è fondamentale riutilizzare gli spazi dei Centri di produzione. Questo è un investimento, certo, Torino è sempre all’avanguardia tecnologica. Qui è tutto digitalizzato».
Lo studio di «Masterpiece» è grande 560 metri, è circolare, un po’ come la redazione della Stampa. Solo che la redazione sta ferma, lo studio si muove. Come un orologio che misura le cose che capitano. Era un vecchio magazzino di scenografie, adesso è il luogo dove 70 persone si sfidano a chi scrive meglio. Scrivono al computer, uno schermo trasmette immediatamente i test. I giurati stanno in una stanza sopraelevata a guardarli, in altri momenti li fronteggiano. Ogni puntata ha un ospite. Per il debutto tocca a Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale Bompiani; poi arriveranno Walter Siti, Silvia Avallone. L’ospite accompagnerà i finalisti sull’ascensore della Mole Antonelliana: nel tempo di una salita, il concorrente dovrà raccontare il proprio romanzo.
Sono arrivati 5000 lavori. Perché tutta questa voglia di scrivere? De Carlo: «Per svincolarsi dalla realtà; per capire le cose; per andare in un’altra dimensione. Sono contento di partecipare: troppo spesso sulla letteratura si fanno battaglie di retroguardia». De Cataldo: «Speriamo che alla fame di scrittura si aggiunga la fame di lettura. Contrariamente al solito, hanno partecipato più uomini che donne. Forse le donne, se brave, già pubblicano». I generi? «Gran quantità di fantasy, pochi gialli, pochi porno-soft, molta autoreferenzialità». Com’è nato lo show? «Da un’idea mia, detta al direttore Vianello, nel giorno del mio compleanno. Non ci avrei mai creduto, e invece eccoci qui: io sono einaudiano dal 2000, per me Torino è casa». Taiye Selasi, l’autrice di La bellezza delle cose fragili è pronta a scommettere sulla qualità: «Non credevo che ci sarebbero stati tanti concorrenti così bravi».
Le prime sei puntate andranno in seconda serata. Poi pausa. Nel 2014 si ricomincia, in prima serata. Per premio, la pubblicazione del romanzo vincitore, editore Bompiani, in centomila copie. Mica uno scherzo. «È quindi ovvio che noi privilegiamo la scrittura, non il personaggio», dice Giancarlo De Cataldo, uno dei giudici. Gli altri due sono Andrea De Carlo e Taiye Selasi.
Molti hanno già criticato: come si fa un talent con la scrittura? O la si banalizza, o non se ne cava uno show serale. Perplessità simili, con mutato argomento, sono riservate a Mission, sorta di reality dai campi profughi, cui dovrebbero partecipare i soliti noti, Al Bano, Emanuele Filiberto, la Spaak. Il mondo della cooperazione e del volontariato è in fibrillazione, il direttore di Raiuno Leone consiglia: aspettate, prima di giudicare.
La notizia è che, anche in questo caso, lo studio sarà a Torino. È il momento del rilancio? Dice il direttore, Pietro Grignani: «Per Gubitosi è fondamentale riutilizzare gli spazi dei Centri di produzione. Questo è un investimento, certo, Torino è sempre all’avanguardia tecnologica. Qui è tutto digitalizzato».
Lo studio di «Masterpiece» è grande 560 metri, è circolare, un po’ come la redazione della Stampa. Solo che la redazione sta ferma, lo studio si muove. Come un orologio che misura le cose che capitano. Era un vecchio magazzino di scenografie, adesso è il luogo dove 70 persone si sfidano a chi scrive meglio. Scrivono al computer, uno schermo trasmette immediatamente i test. I giurati stanno in una stanza sopraelevata a guardarli, in altri momenti li fronteggiano. Ogni puntata ha un ospite. Per il debutto tocca a Elisabetta Sgarbi, direttore editoriale Bompiani; poi arriveranno Walter Siti, Silvia Avallone. L’ospite accompagnerà i finalisti sull’ascensore della Mole Antonelliana: nel tempo di una salita, il concorrente dovrà raccontare il proprio romanzo.
Sono arrivati 5000 lavori. Perché tutta questa voglia di scrivere? De Carlo: «Per svincolarsi dalla realtà; per capire le cose; per andare in un’altra dimensione. Sono contento di partecipare: troppo spesso sulla letteratura si fanno battaglie di retroguardia». De Cataldo: «Speriamo che alla fame di scrittura si aggiunga la fame di lettura. Contrariamente al solito, hanno partecipato più uomini che donne. Forse le donne, se brave, già pubblicano». I generi? «Gran quantità di fantasy, pochi gialli, pochi porno-soft, molta autoreferenzialità». Com’è nato lo show? «Da un’idea mia, detta al direttore Vianello, nel giorno del mio compleanno. Non ci avrei mai creduto, e invece eccoci qui: io sono einaudiano dal 2000, per me Torino è casa». Taiye Selasi, l’autrice di La bellezza delle cose fragili è pronta a scommettere sulla qualità: «Non credevo che ci sarebbero stati tanti concorrenti così bravi».
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