mercoledì 6 novembre 2013

Dario Bressanini: Le bugie nel carrello / 8

Differenze al supermercato

La qualità delle uova reperibili sugli scaffali non è influenzata solamente dal metodo di produzione, ma anche da fattori come il trasporto e le scelte commerciali dei punti di vendita, che possono avere tempi di provvigionamento diversi per le diverse tipologie. Per questo motivo un gruppo di ricerca dell’Università di Milano ha realizzato uno studio sulle uova in vendita.
I ricercatori hanno acquistato in alcuni supermercati dell’Italia del Nord 28 campioni di uova di marche diverse, prodotte secondo i quattro metodi classificati dalla legge. Ogni campione, composto da circa 40 uova dello stesso lotto, è stato sottoposto ad analisi minuziose per valutare variazioni nella composizione chimica, rotture nel guscio, freschezza e così via.
Come forse saprete, uno dei parametri collegati alla freschezza di un uovo è la dimensione della sacca d’aria al suo interno, che con il tempo diventa più grande. E’ su questo fenomeno che si basa il vecchio test di immergere l’uovo in acqua e osservare il suo comportamento: se è molto fresco rimane sul fondo,
se ha circa una settimana resta in piedi con la punta verso l’alto, se è vecchio galleggia.
Con le loro misurazioni, i ricercatori hanno riscontrato che nelle uova biologiche (tipo 0) la grandezza media della sacca d’aria risultava simile a quella delle uova da galline allevate all’aperto (tipo 1), ma più grande di quella delle uova di tipo 2 o 3. La minor freschezza delle uova di tipo 0 o 1 potrebbe essere dovuta a un sistema inefficiente di raccolta delle uova, in ritardo rispetto alla deposizione, oppure, come suggerisce uno studio americano, a una più lunga permanenza delle confezioni sullo scaffale del supermercato: poiché queste uova sono più costose, hanno un turnover più basso.
Anche in questo caso la qualità dell’albume delle uova biologiche, pur eccellente, è risultata inferiore a quella delle uova prodotte dalle galline in gabbia, mentre dal punto di vista nutrizionale non sono state riscontrate differenze significative. C’è però una buona notizia per chi le vuole montare: le uova biologiche hanno mostrato una quantità superiore di schiuma e una consistenza più elevata. La percentuale di tuorlo rispetto al totale è risultata la stessa in tutte le tipologie. Le uova di tipo 3 hanno mostrato una quota maggiore (14 per cento) di fratture del guscio (anche non visibili ad occhio nudo), mentre nelle uova biologiche l’incidenza era decisamente più bassa (5 per cento).
I ricercatori concludono che le caratteristiche riscontrate non giustificano il prezzo più alto che i consumatori pagano per le produzioni alternative,  che nel 2008 costavano dal 39 al 95 per cento in più rispetto alle uova «normali», quelle di tipo 3.

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