da: La Stampa
La
metà di tutto
di Massimo
Gramellini
Nessun politico italiano, durante il
discorso della vittoria, si rivolgerebbe alla compagna della sua vita per
confessare di non averla mai amata tanto e, addirittura, che tutta Italia è
innamorata di lei. Nel Paese del punto G, ancora intriso di un maschilismo da
operetta, l’uomo potente ritiene disdicevole esternare i propri sentimenti
intimi. Di amore e dolore, queste due vibrazioni della stessa corda, non parla
in pubblico, considerandola un’ammissione di debolezza. E l’unica donna di cui
ritiene lecito discorrere è quella che gli fornisce il pretesto per una
barzelletta volgare o l’argomento di un’allusione greve.
Barack Obama è un furbacchione formidabile,
altrimenti non sarebbe dov’è e soprattutto non avrebbe postato sui social
network, come primo dispaccio vittorioso, la foto di un abbraccio che in poche
ore è già diventato l’icona di un’epoca. Ma anche al netto di qualche spruzzo
di sana ruffianeria, la sua dichiarazione d’amore davanti al mondo ci ricorda
che è la coppia, non l’individuo, la cellula-base dell’umanità. Gli americani
non hanno eletto un Obama. Ne hanno eletti due. Perché dalla fusione fra la donna
dei princìpi e l’uomo dei compromessi emerga ogni giorno un terzo Obama: il
Presidente.
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