da: Lettera 43
Milano,
la città da bere e da giocare
Il
capoluogo lombardo è diventato il regno delle slot machine. Dai giovani agli
anziani, chi le usa rischia di perdere tutto. Ma lo Stato ci guadagna 2,7
miliardi di euro.
di Antonietta Demurtas
Monica Pavesi, la
barista di Cremona che ha spento le slot machine nel suo locale perché non
sopportava più di vedere i clienti buttare via i soldi, non voleva diventare
un'eroina.
«L'ho fatto solo
perché volevo lavorare con serenità», spiega a Lettera43.it. Anche se adesso,
vista l'attenzione mediatica che ha destato il suo gesto non riesce «neanche
più a fare i caffè», dice mentre chiede di essere lasciata in pace e poter
ritornare dietro il bancone.
L'ONORIFICENZA PER
LA DONNA. C'è però chi davanti a quella scelta vede un gesto simbolico e chiede
addirittura di conferire a Pavesi l'onorificenza di commendatore.
«Sicuramente ha
fatto bene e dovrebbe essere un modello per tutti», commenta Antonella,
titolare del bar Selz in via Donatello a Milano, «ma la sua azione è solo una
goccia nell'oceano. Il primo a dare l'esempio dovrebbe essere lo Stato, che ci
guadagna più di tutti noi».
SLOT, 3 MILIARDI
ALLO STATO. Per quanto infatti l'industria dei giochi sia in calo, nei primi
otto mesi del 2012 le entrate per l'erario sono state pari a 5,5 miliardi di
euro.
Secondo quanto
emerge dai dati presentati il 22 novembre al convegno di Business international
Betting and gambling in Europe, le macchinette hanno raccolto, tra gennaio e
agosto, 32,2 miliardi di euro tra new slot e videolotterie (su un totale di
56,5 miliardi di industria dei giochi), che per le casse dello Stato si
traducono in 2,7 miliardi. Rispetto al 2011 la crescita è del 18,3%.
Dal
ragazzo che gioca 400 euro all'anziano che ne perde 900
Milano è tra le
città dove si gioca di più. In Lombardia l’Erario nei primi otto mesi dell’anno
ha guadagnato, grazie alle tasse sui giochi, oltre 1 miliardo di euro, secondo
i dati forniti dai Monopoli di Stato e dall’agenzia Agipro.
Di questi, quasi la metà, 436 milioni di euro, provengono dalle giocate fatte sotto la Madonnina. Soldi che però non fanno più guadagnare i titolari di bar e tabacchi come un tempo, visto il numero di esercizi unicamente dedicati al gioco che ormai ogni giorno aprono a ogni angolo di strada.
Di questi, quasi la metà, 436 milioni di euro, provengono dalle giocate fatte sotto la Madonnina. Soldi che però non fanno più guadagnare i titolari di bar e tabacchi come un tempo, visto il numero di esercizi unicamente dedicati al gioco che ormai ogni giorno aprono a ogni angolo di strada.
«Cinque anni fa
magari si guadagnava tanto, ma ora no, tutti i locali ormai hanno queste
macchinette», continua Antonella, che nel suo piccolo bar ha una slot machine.
Prima ne aveva due: «Le ha volute mettere mio marito», precisa con rammarico.
MACCHINETTE COME I
BANCOMAT. Quello che dispiace di più ad Antonella è vedere persone perdersi
davanti allo schermo della slot: «Pensano che la gratificazione possa venire da
quelle macchinette, che invece danno solo illusioni».
Racconta che un
giorno un ragazzo ha passato tutto il pomeriggio a pigiare i tasti. «Ci ha
messo dentro 400 euro, per fortuna poi ha recuperato qualcosa».
Ma non sono solo i
giovani e gli stranieri a trascorrere le ore davanti alle slot machine, «spesso
sono gli anziani che dovrebbero dare l'esempio, invece a volte sono i più
deboli», commenta Antonella. E non sempre vincono.
STAZIONE GARIBALDI, SEI POSTI PER GIOCARE. «Ieri uno ha perso 900 euro», racconta Milena che insieme con il marito ha un bar tabacchi in stazione Garibaldi, «soprattutto ora con la crisi, assistere alla rovina di questi pensionati che non arrivano a fine mese e poi si giocano il poco che hanno alle macchinette, non è uno spettacolo bello da vedere».
STAZIONE GARIBALDI, SEI POSTI PER GIOCARE. «Ieri uno ha perso 900 euro», racconta Milena che insieme con il marito ha un bar tabacchi in stazione Garibaldi, «soprattutto ora con la crisi, assistere alla rovina di questi pensionati che non arrivano a fine mese e poi si giocano il poco che hanno alle macchinette, non è uno spettacolo bello da vedere».
Nel suo piccolo
locale Milena ha messo tre slot machine con l'idea di «arrotondare, avere un
servizio in più che magari attirasse i clienti», spiega. Ma ormai la
concorrenza non permette più agli esercenti nemmeno di avere guadagni
importanti. Nella stazione di Garibaldi sono infatti ben cinque i locali che
hanno le macchinette, più una sala giochi davanti al binario sei.
Spesso a chi decide
di aprire un punto Sisal viene offerta la possibilità di avere anche le slot
machine, un 'consiglio' che in pochi rifiutano. Ma alla fine comunque
«prendiamo meno del 6% sull'incasso, la maggior parte va allo Stato».
Milena racconta di
avere ogni giorno la tentazione di spegnere «quelle maledette macchinette». Su
una ha fatto tarare un limite di cambio moneta in modo che il giocatore possa
mettere al massimo banconote da 20 euro per volta, e non più da 50 euro.
«Spesso non si rendono conto dei soldi che buttano», osserva.
TUTTI HANNO LE
MACCHINETTE. Alla fine rinunciare alle macchinette è impossibile, perché «le
hanno tutti». Quello che vorrebbe è solo una normativa più ristrettiva.
«Potrebbero mettere un limite per cui dopo un certo tempo e una determinata
quantità di soldi giocati, ci si debba allontanare», suggerisce, «spesso la
gente crede che le slot siano un bancomat e se non vince si altera». Ed è
allora che l'atmosfera diventa pesante: «Si adirano, pensano che le slot siano
truccate, ma noi il massimo che possiamo fare è chiamare il gestore».
Per evitare problemi
ha appeso un cartello con alcune norme. Ma anche quella del divieto ai minori è
debole: «Non siamo ufficiali giudiziari e non potremmo chiedere il documento»,
sottolinea, «se ci fosse una legge specifica che imponesse a ogni giocatore di
mostrarci la carta di identità prima di iniziare a giocare sarebbe meglio».
Graziella:
«Non le metterò mai, portano brutta gente»
Invece così ogni
giorno è affidato alla fortuna, con la speranza che non entrino giocatori
incalliti e problematici.
«Per questo non le ho mai volute e non le metterò mai», racconta Graziella, proprietaria del Bar tabacchi tavola calda Gran Sasso, in zona Loreto, «portano brutta gente e per guadagnare due euro in più preferisco non avere problemi e lavorare tranquilla».
«Per questo non le ho mai volute e non le metterò mai», racconta Graziella, proprietaria del Bar tabacchi tavola calda Gran Sasso, in zona Loreto, «portano brutta gente e per guadagnare due euro in più preferisco non avere problemi e lavorare tranquilla».
Della stessa
opinione è anche Francesca, che dietro al bancone di una bar di via Farneti,
definisce quella delle slot «gente poco raccomandabile, capace di perdere la
testa per una sconfitta e creare solo problemi».
TUTTI I GIOCHI SONO PERICOLOSI. Secondo Marco invece le slot machine sono un gioco come tutti gli altri. Nel suo bar tabacchi in via Borsieri ci sono le macchinette, ma anche la possibilità di giocare al Lotto e al Superenalotto.
«Se dovessi pensare a quanto è triste vedere la gente spendere i soldi nel gioco dovrei chiudere tutto», dice.
TUTTI I GIOCHI SONO PERICOLOSI. Secondo Marco invece le slot machine sono un gioco come tutti gli altri. Nel suo bar tabacchi in via Borsieri ci sono le macchinette, ma anche la possibilità di giocare al Lotto e al Superenalotto.
«Se dovessi pensare a quanto è triste vedere la gente spendere i soldi nel gioco dovrei chiudere tutto», dice.
Anche il gratta e
vinci, infatti, è per molti una mania, «a volte arrivano anziani che non hanno
soldi per fare la ricarica del telefono e con quello che hanno si comprano i
biglietti da grattare».
Secondo Marco la
scelta della barista di Cremona, «è rispettabile perché molto personale, ma se
tutti facessimo così non risolveremo nulla: alla fine chi vuole giocare il modo
lo trova sempre».
DALLA CARTA SUL MURO
ALLA SLOT. Marco ha 43 anni, sta dietro il bancone da quando ne aveva sette e
ne ha viste di tutti i colori. «Prima quando non c'erano le slot, la gente
usciva fuori dal bar: ognuno buttava una carta a terra e quella che finiva più
vicino al muro vinceva».
Averli nel locale o
fuori, quindi, per Marco è la stessa cosa, «almeno qui si bevono un caffè e io
ci guadagno»: «I soldi veri comunque», precisa, «li fa lo Stato, noi siamo solo
amministratori».
IL VERO AZZARDO È
ONLINE. Il pericolo è poi quello della emarginazione. «Almeno qui al bar queste
persone si fanno due chiacchiere, e a volte se si sentono osservati smettono
pure di giocare, oppure quando finiscono i soldi e io non faccio loro credito
lasciano perdere», racconta.
Invece chi rischia
davvero secondo Marco, «sono quelli che stanno a casa, da soli davanti al
computer, con la carta di credito sul tavolo. Quelli sì che giocano forte».
Non sono infatti
solo le slot machine ad alimentare il business del gioco. Anche il gioco online
avanza, con un +139,2% che lo porta a 10,1 miliardi di euro di raccolta (496
milioni di spesa al netto delle vincite). Oltre il 91% di questo volume è
rappresentato da poker torneo, poker cash e casinò online.
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