lunedì 26 novembre 2012

Milano: città da bere e da giocare


da: Lettera 43

Milano, la città da bere e da giocare
Il capoluogo lombardo è diventato il regno delle slot machine. Dai giovani agli anziani, chi le usa rischia di perdere tutto. Ma lo Stato ci guadagna 2,7 miliardi di euro.
di Antonietta Demurtas

Monica Pavesi, la barista di Cremona che ha spento le slot machine nel suo locale perché non sopportava più di vedere i clienti buttare via i soldi, non voleva diventare un'eroina.
«L'ho fatto solo perché volevo lavorare con serenità», spiega a Lettera43.it. Anche se adesso, vista l'attenzione mediatica che ha destato il suo gesto non riesce «neanche più a fare i caffè», dice mentre chiede di essere lasciata in pace e poter ritornare dietro il bancone.
L'ONORIFICENZA PER LA DONNA. C'è però chi davanti a quella scelta vede un gesto simbolico e chiede addirittura di conferire a Pavesi l'onorificenza di commendatore.
«Sicuramente ha fatto bene e dovrebbe essere un modello per tutti», commenta Antonella, titolare del bar Selz in via Donatello a Milano, «ma la sua azione è solo una goccia nell'oceano. Il primo a dare l'esempio dovrebbe essere lo Stato, che ci guadagna più di tutti noi».
SLOT, 3 MILIARDI ALLO STATO. Per quanto infatti l'industria dei giochi sia in calo, nei primi otto mesi del 2012 le entrate per l'erario sono state pari a 5,5 miliardi di euro.
Secondo quanto emerge dai dati presentati il 22 novembre al convegno di Business international Betting and gambling in Europe, le macchinette hanno raccolto, tra gennaio e agosto, 32,2 miliardi di euro tra new slot e videolotterie (su un totale di
56,5 miliardi di industria dei giochi), che per le casse dello Stato si traducono in 2,7 miliardi. Rispetto al 2011 la crescita è del 18,3%.

Dal ragazzo che gioca 400 euro all'anziano che ne perde 900

Milano è tra le città dove si gioca di più. In Lombardia l’Erario nei primi otto mesi dell’anno ha guadagnato, grazie alle tasse sui giochi, oltre 1 miliardo di euro, secondo i dati forniti dai Monopoli di Stato e dall’agenzia Agipro.
Di questi, quasi la metà, 436 milioni di euro, provengono dalle giocate fatte sotto la Madonnina. Soldi che però non fanno più guadagnare i titolari di bar e tabacchi come un tempo, visto il numero di esercizi unicamente dedicati al gioco che ormai ogni giorno aprono a ogni angolo di strada.
«Cinque anni fa magari si guadagnava tanto, ma ora no, tutti i locali ormai hanno queste macchinette», continua Antonella, che nel suo piccolo bar ha una slot machine. Prima ne aveva due: «Le ha volute mettere mio marito», precisa con rammarico.
MACCHINETTE COME I BANCOMAT. Quello che dispiace di più ad Antonella è vedere persone perdersi davanti allo schermo della slot: «Pensano che la gratificazione possa venire da quelle macchinette, che invece danno solo illusioni».
Racconta che un giorno un ragazzo ha passato tutto il pomeriggio a pigiare i tasti. «Ci ha messo dentro 400 euro, per fortuna poi ha recuperato qualcosa».
Ma non sono solo i giovani e gli stranieri a trascorrere le ore davanti alle slot machine, «spesso sono gli anziani che dovrebbero dare l'esempio, invece a volte sono i più deboli», commenta Antonella. E non sempre vincono.
STAZIONE GARIBALDI, SEI POSTI PER GIOCARE. «Ieri uno ha perso 900 euro», racconta Milena che insieme con il marito ha un bar tabacchi in stazione Garibaldi, «soprattutto ora con la crisi, assistere alla rovina di questi pensionati che non arrivano a fine mese e poi si giocano il poco che hanno alle macchinette, non è uno spettacolo bello da vedere».
Nel suo piccolo locale Milena ha messo tre slot machine con l'idea di «arrotondare, avere un servizio in più che magari attirasse i clienti», spiega. Ma ormai la concorrenza non permette più agli esercenti nemmeno di avere guadagni importanti. Nella stazione di Garibaldi sono infatti ben cinque i locali che hanno le macchinette, più una sala giochi davanti al binario sei.
Spesso a chi decide di aprire un punto Sisal viene offerta la possibilità di avere anche le slot machine, un 'consiglio' che in pochi rifiutano. Ma alla fine comunque «prendiamo meno del 6% sull'incasso, la maggior parte va allo Stato».
Milena racconta di avere ogni giorno la tentazione di spegnere «quelle maledette macchinette». Su una ha fatto tarare un limite di cambio moneta in modo che il giocatore possa mettere al massimo banconote da 20 euro per volta, e non più da 50 euro. «Spesso non si rendono conto dei soldi che buttano», osserva.
TUTTI HANNO LE MACCHINETTE. Alla fine rinunciare alle macchinette è impossibile, perché «le hanno tutti». Quello che vorrebbe è solo una normativa più ristrettiva. «Potrebbero mettere un limite per cui dopo un certo tempo e una determinata quantità di soldi giocati, ci si debba allontanare», suggerisce, «spesso la gente crede che le slot siano un bancomat e se non vince si altera». Ed è allora che l'atmosfera diventa pesante: «Si adirano, pensano che le slot siano truccate, ma noi il massimo che possiamo fare è chiamare il gestore».
Per evitare problemi ha appeso un cartello con alcune norme. Ma anche quella del divieto ai minori è debole: «Non siamo ufficiali giudiziari e non potremmo chiedere il documento», sottolinea, «se ci fosse una legge specifica che imponesse a ogni giocatore di mostrarci la carta di identità prima di iniziare a giocare sarebbe meglio».

Graziella: «Non le metterò mai, portano brutta gente»

Invece così ogni giorno è affidato alla fortuna, con la speranza che non entrino giocatori incalliti e problematici.
«Per questo non le ho mai volute e non le metterò mai», racconta Graziella, proprietaria del Bar tabacchi tavola calda Gran Sasso, in zona Loreto, «portano brutta gente e per guadagnare due euro in più preferisco non avere problemi e lavorare tranquilla».
Della stessa opinione è anche Francesca, che dietro al bancone di una bar di via Farneti, definisce quella delle slot «gente poco raccomandabile, capace di perdere la testa per una sconfitta e creare solo problemi».
TUTTI I GIOCHI SONO PERICOLOSI. Secondo Marco invece le slot machine sono un gioco come tutti gli altri. Nel suo bar tabacchi in via Borsieri ci sono le macchinette, ma anche la possibilità di giocare al Lotto e al Superenalotto.
«Se dovessi pensare a quanto è triste vedere la gente spendere i soldi nel gioco dovrei chiudere tutto», dice.
Anche il gratta e vinci, infatti, è per molti una mania, «a volte arrivano anziani che non hanno soldi per fare la ricarica del telefono e con quello che hanno si comprano i biglietti da grattare».
Secondo Marco la scelta della barista di Cremona, «è rispettabile perché molto personale, ma se tutti facessimo così non risolveremo nulla: alla fine chi vuole giocare il modo lo trova sempre».
DALLA CARTA SUL MURO ALLA SLOT. Marco ha 43 anni, sta dietro il bancone da quando ne aveva sette e ne ha viste di tutti i colori. «Prima quando non c'erano le slot, la gente usciva fuori dal bar: ognuno buttava una carta a terra e quella che finiva più vicino al muro vinceva».
Averli nel locale o fuori, quindi, per Marco è la stessa cosa, «almeno qui si bevono un caffè e io ci guadagno»: «I soldi veri comunque», precisa, «li fa lo Stato, noi siamo solo amministratori».
IL VERO AZZARDO È ONLINE. Il pericolo è poi quello della emarginazione. «Almeno qui al bar queste persone si fanno due chiacchiere, e a volte se si sentono osservati smettono pure di giocare, oppure quando finiscono i soldi e io non faccio loro credito lasciano perdere», racconta.
Invece chi rischia davvero secondo Marco, «sono quelli che stanno a casa, da soli davanti al computer, con la carta di credito sul tavolo. Quelli sì che giocano forte».
Non sono infatti solo le slot machine ad alimentare il business del gioco. Anche il gioco online avanza, con un +139,2% che lo porta a 10,1 miliardi di euro di raccolta (496 milioni di spesa al netto delle vincite). Oltre il 91% di questo volume è rappresentato da poker torneo, poker cash e casinò online.

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