mercoledì 28 novembre 2012

Jovanotti: un ‘Backup’ di 25 anni


da: La Stampa

Jovanotti “Voglio un solo potere far ballare la gente”
Esce l’antologia “Backup”: “È la musica il mio modo di cambiare il mondo. Assessore come Battiato? Mai”
di Marinella Venegoni

Ci sono vari formati ma Backup, il cofanetto completo, è pesante quanto un volume della beneamata Treccani. Dentro non c’è la sapienza umana ma l’opera universale - in picture-cd, disegni, immagini, e chiavetta babilonica con produzione live - di 25 anni di lavoro di Jovanotti, che a 46 anni mantiene entusiasmi da adolescente, e una visione famelica del futuro. Dovendo celebrare le nozze d’oro con il suo mestiere, si è inventato non solo un racconto (spedito e illuminato) della propria visione del mondo dalle origini ai giorni nostri, ma anche un gruzzolo di inediti di varie metrature e di ricchezza concettuale e musicale, piccoli essai di una smania onnivora di creare. Ha filosofeggiato in Tensione Evolutiva concepita per gli stadi, si è persino portato avanti con la stagione nel reggaettino Estati; ha assunto Benny Benassi per Ti porto via con me che incamera la visione sonica di entrambi, con gloriosi fiati swing. Ha ricantato a proprio modo Tu mi porti su di Giorgia, e la Cumbia di Celentano. Trascinante, magmatico, inarrestabile, pronto ad anticipare ogni nostra curiosità, annuncia un tour negli stadi 2013 che partirà da Ancona il 7 giugno per chiudersi a Torino il 16 luglio. Intanto, riscrive con noi la critica, e ribadisce la propria weltanshauung. 



Anche lei una raccolta, Jovanotti.  
«Subito ho detto “La raccolta no”, poi ho pensato che Safari è una trilogia che dovevo portare a compimento, e mi è venuto il concetto di Backup che significa
archiviare ma anche liberare spazio nell’hard disc. Ne avevo bisogno anche nella mia vita. Il tour negli stadi è il massimo che uno come me possa desiderare. Nell’album ci sono canzoni nuove, rarità, il libro che ho scritto con voglia e piacere l’avrò letto già 300 volte sul telefonino. La chiavetta poi contiene circa 600 pezzi e live, non c’è più bisogno di andare su emule, e per me è come ricominciare. Le canzoni in fila raccontano un percorso mai fermo, le mie cose migliori non erano all’inizio ma si è mantenuta l’energia. Ho trovato l’entusiasmo di Maurizio Cattelan che è importante nel mondo ma mi vuole bene e si è occupato delle immagini. Ho ridato vita al passato, ma senza modificarlo». 

Il libro?  
«Ho cercato di raccontare i 25 anni fra bivii e DJ, quasi il viaggio di una generazione non annunciata o motivata come le precedenti, priva di grandi idee e protezioni ideologiche, che ha conosciuto per prima il precariato e si riflette nelle canzoni che sono schizofreniche. Chi come me? Penso a Carboni, Ramazzotti, Carmen Consoli, la Pausini, Max degli 883. Dalla è stato il nostro anticipatore, nella sua storia ha avuto spostamenti stimolanti. Anche Battiato lo è. Tenere sulla distanza è un impegno, nessun disco è più garantito». 

Lei è appena tornato da New York. Sta facendo prove di espatrio definitivo?  
«Un’etichetta indie mi ha proposto di fare un disco laggiù, e ha voluto disponibilità continua. Mia figlia Teresa è alla prima superiore, abbiamo trovato la scuola adatta, siamo partiti tutti e tre, così lei impara bene l’inglese e io faccio il mio lavoro. Mi piacerebbe entrare nel circuito dei loro concerti, ma non voglio stare lì. Mi piacerebbe anche imparare a scrivere in inglese, sennò resto sempre di nicchia. Vado, vedo conferenze film concerti, suono nei club. Rimetto le mani nel fango della mia ispirazione. Il disco americano è piaciuto, se ne sono occupati il New York Times e la BBC. Non ho paura di suonare davanti a loro. Piacciono L’ombelico del mondo o Safari, e le canzoni romantiche come Serenata Rap. Faccio anche Uomo in frac di Modugno, con sfumature dub». 

Nel libro dice: «Non sputate sull’Italia».  
«Nel mondo è adorata, una specie di arca della Bellezza, c’è un grande affetto istintivo e un vuoto musicale dall’opera in poi». 
  
Lei ha suonato spesso all’Avana, oggi Amnesty rimprovera Zucchero per andarci in concerto l’8 dicembre.  
«Suonare per un popolo non significa suonare per chi governa. Io non ho mai creduto nei boicottaggi». 

Battiato è diventato assessore in Sicilia. Lei lo farebbe con Renzi?  
«No, non sono colto. Battiato lo è, un grande artista e un uomo eccezionale, come fu Gilberto Gil in Brasile. Se ha accettato è segno che ha visto qualcosa di buono. Io sono concentrato sulla mia crescita personale, e sulla musica. Ma vedrei bene Baricco ministro». 

Anche lui, come lei, pro Matteo Renzi.  
«No, è moderno. Per me cambiare è la cosa più importante sempre. Mi piacerebbe vedere questo tentativo in atto, di un uomo di 37 anni con una grande responsabilità. Gli uomini che hanno ricostruito il Paese dopo la Guerra, penso a Moro o Berlinguer, avevano 30 anni. I vecchi suggeriscano, ma l’energia la danno i giovani». 

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