mercoledì 28 novembre 2012

Monti e il futuro del servizio sanitario nazionale: sanità con l’assicurazione?




Sanità con l’assicurazione?
di Guglielmo Pepe

«Il nostro Sistema sanitario nazionale, di cui andiamo fieri, potrebbe non essere garantito se non si individuano nuove modalità di finanziamento». Le parole pronunciate dal premier sono da un lato oggettive, ma sorprendenti sotto un altro punto di vista, anche perché lasciano spazio alle interpretazioni.
Che il Servizio pubblico non sia più garantito lo sanno benissimo i cittadini italiani che devono fare i conti , ogni giorno, con la riduzione di migliaia di posti letto, con la scomparsa di interi reparti e ospedali, con le lunghissime liste di attesa e, in caso di necessità, con il pagamento delle prestazioni in intramoenia. La situazione è allarmante anche per il personale sanitario che alcune settimane fa, in massa, è sceso in piazza per difendere la qualità del Ssn.
La nostra sanità un tempo era tra le migliori al mondo – nel 2000 fu classificata al secondo posto dall’Oms – ma negli ultimi anni ha perso parecchi colpi.
Un fatto è evidente: i costi sono crescenti, perché la popolazione aumenta e invecchia, mentre le risorse a disposizione sono sempre di meno. Pertanto se la domanda sale, anche a parità di finanziamenti, cosa peraltro impossibile, il sistema collassa. E’ giusto quindi dire che il sistema va riformato. Già, ma come?
Qui nascono le diverse interpretazioni  sulle parole del presidente del Consiglio. Cosa significa “trovare nuove forme di finanziamento del Ssn”? Si tratta di tasse? Credo questa una strada non percorribile, perché siamo già pesantemente
tartassati. Un’altra ipotesi – però è una mia supposizione – è la forte spinta verso le assicurazioni private. Se così è, siamo ad  un cambiamento radicale del sistema, che potrebbe diventare molto simile a quello americano: cure di base ed essenziali a chi non ha e ai redditi più bassi, servizio di qualità a chi invece ha la possibilità di investire in una assicurazione privata. Altre modalità di finanziamento non ne vedo (a parte la tassazione crescente sui redditi più alti).
Con le assicurazioni più o meno obbligatorie, l’universalismo delle prestazioni – pietra fondante del Ssn – verrebbe a mancare. Alcune forze politiche di sinistra hanno lanciato un grido d’allarme – senza far riferimento alle assicurazioni – dicendo che bisogna trovare i fondi per sostenere la Sanità. Ma se i malati di Sla e quelli con altre patologie gravissime vengono costretti a scendere in piazza con le loro carrozzine e i loro letti di dolore per riuscire a ottenere i fondi per l’assistenza domiciliare (e non è detto che li otterranno), dubito che, ad oggi, ci siano i soldi per salvaguardare la qualità dell’intero Ssn.
Tuttavia altri percorsi sono possibili. Come ricordano Ignazio Marino, il Pd, l’Idv: prima fra tutte la razionalizzazione delle spese. E di pari passo la lotta agli sprechi. Senza dimenticare il fiume di soldi che se ne va nella corruzione. Non parliamo di bruscolini, bensì di miliardi di euro. Purtroppo negli ultimi anni, nonostante quanto detto e scritto una infinità di volte, questi semplici interventi correttivi non sono mai stati messi in atto. Perché in tante, in troppe Regioni, una certa politica ha voluto mantenere in piedi un sistema clientelare e corruttivo. Oggi però lo stato di necessità induce a intervenire energicamente per risparmiare. Non ci sono alternative: o si trovano i soldi da settori non strategici, o si risparmia e si taglia cercando di non smantellare il Ssn, o si introducono nuove tasse per i redditi più alti, o si passa alle assicurazioni private. Ma questa è la strada meno felice, come dimostra la storia della sanità statunitense.

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