da: Lettera 43
Redditest,
lo spauracchio degli onesti
Dovrebbe
aiutare i rapporti col Fisco. Ma per gli esperti rischia di frenare i consumi.
E non risolve l'evasione.
di Ulisse
Spinnato Vega
Semplice, intuitivo e soprattutto anonimo.
Il nuovo redditest (si può scaricare
online da martedì 20 novembre), con le sue sette macro-categorie di
spesa, dovrebbe consentire a ogni contribuente di verificare in totale privacy
la congruenza del proprio tenore di vita con il reddito dichiarato.
All’Agenzia delle Entrate giurano che il
software possa aiutare a rasserenare i rapporti tra Fisco e contribuente. Ma in
attesa del debutto, a gennaio 2013, del nuovo redditometro, i funzionari non
sanno prevedere quanta gente possa essere invogliata realmente a usare il
questionario online.
PAURA PER LO STRUMENTO PUNITIVO. E gli
esperti delle tasse? Cosa ne pensano i commercialisti? «Come tutti gli
strumenti forfettari di determinazione del reddito ha suoi vantaggi», dice a Lettera43.it Andrea
Arrigo Panato, titolare dell’omonimo studio e membro della Commissione finanza
e controllo dell’Ordine dei commercialisti di Milano.
«Il problema è capire quanto questo
redditest sia punitivo, soprattutto nel momento attuale di crisi», aggiunge.
RISCHIO COMPRESSIONE DEI CONSUMI. Il governo Monti si è scagliato lancia in resta contro gli evasori e Panato spiega: «Assistiamo alla situazione tragicomica di gente che, spaventata, vende la macchina di grossa cilindrata perché viene fermata per strada due o tre volte dalla guardia di finanza».
RISCHIO COMPRESSIONE DEI CONSUMI. Il governo Monti si è scagliato lancia in resta contro gli evasori e Panato spiega: «Assistiamo alla situazione tragicomica di gente che, spaventata, vende la macchina di grossa cilindrata perché viene fermata per strada due o tre volte dalla guardia di finanza».
Il fiscalista poi adombra un rischio:
«Questi strumenti hanno un senso se non finiscono per comprimere i consumi,
soprattutto nell’attuale fase di recessione. Ma il vero problema è che deve
migliorare il dialogo tra Agenzia delle Entrate e cittadino. Se pesa invece la
presunzione di colpevolezza di quest’ultimo con l’inversione dell’onere della
prova, allora non ne usciamo».
«All'Agenzia
delle Entrate hanno già i sistemi di controllo»
Il fiscalista romano Fabrizio Prili taglia
corto: «Il redditest vale quel che vale. Se lo compilo scrivendo che spendo 50
euro per una gita in Toscana e poi ho tirato fuori 10 mila euro per andare alle
Maldive, sei tu, Fisco, che devi accertare come e dove ho preso i soldi, se ho
fatto del nero o se me li hanno regalati i miei suoceri».
Per Prili «non è un documento attendibile», d’altronde alle Entrate «hanno già tutti i sistemi di controllo di cui hanno bisogno, per esempio la tracciabilità bancaria. Vedono tutto e sanno tutto».
Per Prili «non è un documento attendibile», d’altronde alle Entrate «hanno già tutti i sistemi di controllo di cui hanno bisogno, per esempio la tracciabilità bancaria. Vedono tutto e sanno tutto».
EVITARE DI DARE NELL'OCCHIO.Secondo i dati
della prima sperimentazione, circa il 20% delle famiglie ha dato
risposte non congrue tra spese effettuate e reddito, ma Panato
adombra il rischio di un atteggiamento dei contribuenti che potrebbe ingenerare
recessione che si somma a recessione: «Noi stessi consigliamo spesso ai nostri
clienti di fare attenzione, magari di ridurre un po’ il tenore di vita, di
stare alla finestra e vedere come si comporta il Fisco».
Insomma, non consumare anche se si può
farlo. Giusto per dare meno nell’occhio.
IL FISCO SA DOVE C'È IL SOMMERSO. Panato
quindi chiosa: «Pure chi non ha nulla da nascondere butta via tempo e soldi per
far comprendere le proprie ragioni all’Agenzia delle Entrate».
E poi, prosegue, «magari, per ragioni
politiche, lo Stato non mette il naso nei settori dove c’è il vero sommerso.
Evita di calcare la mano su certe aziende che altrimenti non starebbero in
piedi e metterebbero per strada tanta gente».
«Lo
Stato deve mettere in condizione di non evadere»
Per il fiscalista siciliano Giuseppe
Mancuso, «prevenire è meglio che curare»: «Mi devi mettere in condizione
di non evadere, ma una volta fatto il danno qualsiasi strumento di controllo
sintetico come questo non serve a molto. Si spendono tempo e risorse».
Mancuso aggiunge: «Tra l’altro, un test del
genere non ti darà mai un quadro qualitativamente fedele della condizione, per
esempio, di una piccola impresa. È un po’ come gli studi di settore che
incasellano le attività per macro-aree geografiche, ma non rispecchiano le
specificità e le differenze di un singolo territorio. E le immobilizzazioni?
Con la crisi magari non producono reddito, ma intanto mica puoi permetterti di
dismetterle. Però nel frattempo pesano sugli studi di settore».
Il commercialista siciliano chiude: «Due
negozi identici, con gli stessi metri quadri e le stesse potenzialità, hanno
una redditività diversa se si trovano uno in centro e l’altro su una via
periferica della stessa città».
IN ITALIA CLIMA DA INQUISIZIONE. Panato invece riflette: «Il vero problema è che il Fisco non accompagna il contribuente onesto per mano, ma lo tratta in maniera aggressiva, inquisitoria. Ho clienti che amano la barca a vela e magari non hanno la seconda casa o girano con un’utilitaria. Non sono ricchi, hanno soltanto fatto una scelta di consumo legata a una passione specifica. Questo, però, l’Agenzia delle Entrate fa molta fatica a capirlo».
IN ITALIA CLIMA DA INQUISIZIONE. Panato invece riflette: «Il vero problema è che il Fisco non accompagna il contribuente onesto per mano, ma lo tratta in maniera aggressiva, inquisitoria. Ho clienti che amano la barca a vela e magari non hanno la seconda casa o girano con un’utilitaria. Non sono ricchi, hanno soltanto fatto una scelta di consumo legata a una passione specifica. Questo, però, l’Agenzia delle Entrate fa molta fatica a capirlo».
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