lunedì 19 novembre 2012

Marco Travaglio: Petraeus e le cene eleganti



da: Il Fatto Quotidiano

Petraeus e le cene eleganti
di Marco Travaglio

Da giorni il generale Petraeus occupa le prime pagine dei giornali, ma siamo ancora in attesa di un illuminante commento di uno dei nostri esperti di intercettazioni, privacy, presunzione d’innocenza e giustizialismo sullo strano caso del capo della Cia intercettato dall’Fbi e perciò costretto alle dimissioni. Quelli, per intenderci, che da 15 anni raccontano che solo in Italia si fanno tante intercettazioni (6 mila su 60 milioni di abitanti contro le centinaia di migliaia degli Usa, per giunta incoltrollate perchè gestite aumma aumma dai servizi e dalle varie polizie, come ha spiegato bene Bruno Tinti),che non si può più telefonare in santa pace, che siamo uno Stato di polizia e che per lasciare una carica pubblica ci vuole prima una condanna definitiva. Dove sono i Polito, i Panebianco, i Galli della Loggia, i Battista, i Ferrara, ora che il loro paradiso terrestre manda a casa il capo della Cia che tradiva la moglie con la sua biografa? L’unico temerario che ha osato pronunciarsi è quel kamikaze di Piero Ostellino: gli altri, colti da improvvisa afasia, l’hanno rimasto solo. Ostellino, peraltro, non coglie il nocciolo del problema, infatti riduce il caso Petraeus che sta terremotando l’intelligence della prima potenza mondiale e lambisce il presidente Obama, a una storiella di corna. Sorvolando su un piccolo dettaglio: decine di migliaia di telefonate, sms e mail intercettate (30 mila solo quelle fra il generale Allen e Jill Kelley, amica di Petraeus), su cui la stampa e le tv di tutto il mondo si stanno avventando come piranhas, senza risparmiare alcun dettaglio, nemmeno il sesso sotto la scrivania. Infatti Ostellino, affranto e
inconsolabile per le dimissioni del generale, scrive che s’è fatto inopinatamente “condizionare dalle convenzioni sociali di una società puritana che ha trasformato l’etica individuale in etica collettiva, contravvenendo alla separazione fra peccato e reato, fra Stato e Chiesa, fra sfera privata e sfera collettiva”. Insomma, doveva tener duro: “Chi glielo ha fatto fare” di dimettersi? “Il senso di colpa, e di relativa oppressione, che l’adultero deve aver provato di fronte alla prospettiva della riprovazione generale che avrebbe suscitato la sua infrazione al codice coniugale”. Una “manifestazione di bigottismo sociale tutt’altro che esemplare”, che Ostellino ha ritrovato solo “in Cina”: ecco, stiano attenti gli americani, perchè stanno diventando tutti comunisti. Il fatto che per mesi e mesi una signora, per giunta giornalista e scrittrice, abbia avuto accesso ai segreti più reconditi di Petraeus, e dunque della Cia, abbia maneggiato documenti riservatissimi e classificati, nell’oggettiva condizione di poter ricattare uno degli uomini più potenti d’America, non sfiora nemmeno il povero Ostellino. Eppure è proprio la ricattabilità, non certo il bigottismo del capo della Cia che, una volta scoperta dall’Fbi, l’ha condotto all’unico passo che poteva liberarlo da quella spada di Damocle. Per la stessa ragione, fin dall’inizio dei casi Noemi, D’Addario e Ruby, qualche voce sparuta in Italia aveva osato chiedere a B. di lasciare Palazzo Chigi: non per le sue cene eleganti, ma perchè le continue forniture di decine e decine di ragazze di cui nemmeno sapeva il nome lo ponevano in una condizione insostenibile. Quella che ancor oggi lo costringe a mantenerle tutte, a botte di 2500 euro al mese, come se non bastassero i milioni che di tanto in tanto “deve “versare a Dell’Utri e a chissà quanti altri. Ma le vestali della privacy fingevano di non capire, anzi dicevano che il vero problema sono le intercettazioni. E invocavano la legge bavaglio, che vaga ancora per il Parlamento con tanto di ministri tecnici che ogni tanto vorrebbero riesumarla perchè “il problema esiste”. Per questo nessuno trae le necessarie conseguenze dal caso Petraeus: troppi bugiardi dovrebbero ammettere di aver raccontato agli italiani un sacco di balle.

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