da: Il Fatto Quotidiano
Petraeus
e le cene eleganti
di Marco
Travaglio
Da giorni il generale Petraeus occupa le
prime pagine dei giornali, ma siamo ancora in attesa di un illuminante commento
di uno dei nostri esperti di intercettazioni, privacy, presunzione d’innocenza
e giustizialismo sullo strano caso del capo della Cia intercettato dall’Fbi e
perciò costretto alle dimissioni. Quelli, per intenderci, che da 15 anni
raccontano che solo in Italia si fanno tante intercettazioni (6 mila su 60
milioni di abitanti contro le centinaia di migliaia degli Usa, per giunta
incoltrollate perchè gestite aumma aumma dai servizi e dalle varie polizie,
come ha spiegato bene Bruno Tinti),che non si può più telefonare in santa pace,
che siamo uno Stato di polizia e che per lasciare una carica pubblica ci vuole
prima una condanna definitiva. Dove sono i Polito, i Panebianco, i Galli della
Loggia, i Battista, i Ferrara, ora che il loro paradiso terrestre manda a casa
il capo della Cia che tradiva la moglie con la sua biografa? L’unico temerario
che ha osato pronunciarsi è quel kamikaze di Piero Ostellino: gli altri, colti
da improvvisa afasia, l’hanno rimasto solo. Ostellino, peraltro, non coglie il
nocciolo del problema, infatti riduce il caso Petraeus che sta terremotando
l’intelligence della prima potenza mondiale e lambisce il presidente Obama, a
una storiella di corna. Sorvolando su un piccolo
dettaglio: decine di migliaia di telefonate, sms e mail intercettate (30 mila
solo quelle fra il generale Allen e Jill Kelley, amica di Petraeus), su cui la
stampa e le tv di tutto il mondo si stanno avventando come piranhas, senza
risparmiare alcun dettaglio, nemmeno il sesso sotto la scrivania. Infatti
Ostellino, affranto e
inconsolabile per le dimissioni del generale, scrive che
s’è fatto inopinatamente “condizionare dalle convenzioni sociali di una società
puritana che ha trasformato l’etica individuale in etica collettiva,
contravvenendo alla separazione fra peccato e reato, fra Stato e Chiesa, fra
sfera privata e sfera collettiva”. Insomma, doveva tener duro: “Chi glielo ha
fatto fare” di dimettersi? “Il senso di colpa, e di relativa oppressione, che
l’adultero deve aver provato di fronte alla prospettiva della riprovazione
generale che avrebbe suscitato la sua infrazione al codice coniugale”. Una
“manifestazione di bigottismo sociale tutt’altro che esemplare”, che Ostellino
ha ritrovato solo “in Cina”: ecco, stiano attenti gli americani, perchè stanno
diventando tutti comunisti. Il fatto che per mesi e mesi una signora, per
giunta giornalista e scrittrice, abbia avuto accesso ai segreti più reconditi
di Petraeus, e dunque della Cia, abbia maneggiato documenti riservatissimi e
classificati, nell’oggettiva condizione di poter ricattare uno degli uomini più
potenti d’America, non sfiora nemmeno il povero Ostellino. Eppure è proprio la
ricattabilità, non certo il bigottismo del capo della Cia che, una volta
scoperta dall’Fbi, l’ha condotto all’unico passo che poteva liberarlo da quella
spada di Damocle. Per la stessa ragione, fin dall’inizio dei casi Noemi,
D’Addario e Ruby, qualche voce sparuta in Italia aveva osato chiedere a B. di
lasciare Palazzo Chigi: non per le sue cene eleganti, ma perchè le continue
forniture di decine e decine di ragazze di cui nemmeno sapeva il nome lo
ponevano in una condizione insostenibile. Quella che ancor oggi lo costringe a
mantenerle tutte, a botte di 2500 euro al mese, come se non bastassero i
milioni che di tanto in tanto “deve “versare a Dell’Utri e a chissà quanti
altri. Ma le vestali della privacy fingevano di non capire, anzi dicevano che
il vero problema sono le intercettazioni. E invocavano la legge bavaglio, che
vaga ancora per il Parlamento con tanto di ministri tecnici che ogni tanto
vorrebbero riesumarla perchè “il problema esiste”. Per questo nessuno trae le
necessarie conseguenze dal caso Petraeus: troppi bugiardi dovrebbero ammettere
di aver raccontato agli italiani un sacco di balle.
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