da: Il Fatto Quotidiano
Primarie,
confronto tv Renzi-Bersani: il sindaco parla da segretario del Pd
Poche
scintille davanti alle telecamere di Raiuno tra i due candidati al
ballottaggio. Colloquio riservato prima della trasmissione. Restano divisioni
profonde su alleanze e "agenda Monti". Anche in caso di sconfitta, il
"rottamatore" potrebbe pesare molto nella gestione del partito
di Sara
Nicoli
Una messa cantata, in puro stile Rai-Tg1,
seguita da oltre 6,5 milioni di spettatori con uno share 22.85%, forse
ha spostato qualcosa, ma più probabilmente no. A poche ore, ormai, dal
ballottaggio, lo scontro Renzi-Bersani su Raiuno non ha regalato alcun colpo di
scena (leggi il confronto tra i programmi dei due candidati).
Tutto già sentito, tutto già detto. Tempi serrati, ricette diverse, molti punti
di convergenza e ancora una volta distanze siderali e scintille soprattutto
sulle alleanze.
Il tema che ha ancora una volta diviso, in
modo strategico, i due contendenti delle primarie del centrosinistra, sono
state le alleanze per il dopo voto. Porte aperte per Bersani a Nichi Vendola e Pier
Ferdinando Casini, strada sbarrata ad entrambi per Matteo Renzi. Su questo tema
gli animi si sono surriscaldati, ma in fondo sono stati solo due i momenti di
scontro effettivo tra il “vecchio” segretario del Pd e il “giovane” aspirante
ora alla leadership del centrosinistra, più concretamente domani vero
concorrente alla segreteria del Pd. E, infatti, ieri sera, Matteo Renzi ha
parlato in più occasioni da “segretario” del partito, incalzando Bersani su
alcuni fronti “scoperti” per chi, come il leader Pd, è stato troppi anni tra i
palazzi e il governo del Paese per non avere punti deboli.
Come quando Renzi lo ha incalzato su una
ferita antica, che il Pd (anzi, i Ds, all’epoca con D’Alema) non vollero risolvere:
“Dobbiamo dire che nei primi cento giorni si fa una norma contro il conflitto
d’interessi”, ha colpito Renzi. E, ancora:”Non basta dire dimezzare il finanziamento
pubblico ai partiti, bisogna abolirlo”, con buona pace di Ugo Sposetti,
tesoriere storico del Nazareno e anti renziano convinto che della legge sul
finanziamento è il padre naturale. Infine: “Non c’è un problema Sud, c’è un
problema Italia: serve deburocratizzazione, uscire dal circolo vizioso del
conoscere qualcuno e della raccomandazione, la mancanza di investimento su chi
ha un’idea”. ”Il Sud – ha aggiunto Renzi – è il luogo sul quale si gioca
la nostra sfida: o siamo in grado di semplificare, di liberarlo dai soliti noti
di una classe dirigente a volte discutibile, o non andremo da nessuna parte”.
E ancora, sul nervo scoperto dell’evasione
fiscale: “Avevo i calzoni corti – ha aggiunto Renzi – quando sentivo parlare di
evasione fiscale e continuo a sentire che siamo il Paese con la più alta
evasione fiscale, ma è stato un errore aver messo le ganasce di Equitalia agli
artigiani”. Ecco, sul fisco, il primo – e forse unico – vero scontro tra i due
contendenti, dove il segretario, in qualche modo, è andato sotto. ”Equitalia,
chiarisco a Matteo, non l’abbiamo inventata noi”, ha tentato di replicare
Bersani, ma il sindaco di Firenze ha avuto un guizzo: ”Non ho detto – la
controreplica di Renzi – che l’abbiamo inventata noi, ma che su quello non
siamo stati all’altezza”. ”Sei stato – ecco l’affondo del sindaco al segretario
Pd – 2.547 giorni al governo e dico questo perché è necessario fare un passo
avanti”. ”Nessuno è perfetto”, ha chiosato il segretario (i lettori di ilfattoquotidiano.it possono ancora
partecipare al fact-checking, il controllo della veridicità delle affermazioni
dei due esponenti politici).
Difficile, alla fine, dire chi abbia vinto
e chi perso, ma di certo il confronto Rai non ha spostato la convinzione di chi
vede in Renzi un politico troppo simile al Berlusconi dei primi momenti e chi,
in Bersani, coglie sempre insistenti le ombre dell’apparato che il giovane
sindaco vorrebbe “rottamare” e che, invece, rischiamo di ritrovarci nel prossimo
governo. Casomai guidato da Bersani, ma con Monti super ministro dell’Economia.
La partita, a parte il match tv, si sposta ora nelle urne. E Bersani dovrà
vincere di parecchio se non vorrà trovarsi, già da subito, un Matteo Renzi a
capo di una corrente interna al Pd capace di creare non pochi problemi non solo
alla leadership, ma anche alla linea politica del partito.
Le unghie, Matteo Renzi le ha comunque
mostrate anche ieri in diretta tv: “Quando siamo andati da soli l’ultima volta
(al governo, ndr) avrà pure vinto Berlusconi, ma quando abbiamo fatto le grandi
alleanze c’è sempre stato qualcuno degli alleati che ci ha fatto cadere; a
furia di tenere tutti insieme si finisce come l’Unione e spero tu apprezzi
lealtà con cui ti diciamo in faccia le cose. Tu hai tanti che ti dicono sì
perché sperano di essere retribuiti con un posto”, ha incalzato Renzi che ‘in
faccia’ ha detto a Bersani: “Se noi vinciamo non vorrei che ci rimandano a casa
un’altra volta dopo due anni perché ci si è messi a discutere tra chi l’agenda
Monti la vuole e chi no. Ecco le primarie servono per dire prima, le cose che
si vogliono fare. E io le ho in mente chiarissime”.
Battute che prefigurano un prossimo scontro
interno al Pd senza esclusione di colpi. Che presumibilmente partirà nel
momento in cui sarà anche certa la vittoria del Pd nelle urne delle politiche.
Soprattutto sulle alleanze. L’assaggio si è avuto sempre ieri sera, quando –
forse per la prima volta – sono uscite le vere distanze sui nodi politici: “Io
spero – ha detto Renzi, velenoso – che nel ‘pacchetto Casini’ non ci sia anche Fini
perché ci si è dimenticati di tutte le cose che fatto in questi anni. Comunque
la Bossi-Fini è da cambiare alla svelta”.
Si dovrà aspettare un po’, ma lo scontro
interno tra i due sarà inevitabile. Perché Renzi ci tornerà ancora spesso su
quello che è stato il leit motiv della sua campagna: il taglio dei vitalizi e
dei costi della politica. E dei finanziamenti ai partiti. D’accordo su quasi
tutto Bersani, tranne che sui fondi alla politica. “Da Clistene a Pericle, in
Grecia decisero che in democrazia la politica prendeva un sostegno pubblico”,
ha ricordato, “non mi rassegno che la politica la possano far solo i ricchi…”.
Tagliente la replica di Renzi: “Ho rispetto per Bersani, ma passare da Pericle
a Fiorito…”.
Scudisciate taglienti. Anche se ieri,
guardandoli muoversi a pochi minuti dall’inizio del match televisivo, Renzi e
Bersani sono apparsi sì tesi, ma fondamentalmente complici. Appena arrivati
(all’ultimo minuto, il traffico della Capitale annegata dalla pioggia è stata
fatale anche per loro) si sono stretti subito la mano, all’insegna del fair
play. “Fatemi stringere la mano a Pier Luigi – ha detto Renzi – dammi la mano
segretario..”. Quindi un breve colloquio dentro la saletta degli ospiti, durato
lunghissimi cinque minuti, poi di corsa nella sala del trucco. Poco prima
dell’inizio, la conduttrice Monica Maggioni ha tirato una monetina davanti agli
staff per scegliere chi avrebbe avuto la prima battuta e a chi sarebbe toccata
la conclusione; la sorte ha baciato Renzi per l’inizio, a Bersani è toccato
l’onere di chiudere.
Alla Dear, luogo di studi Rai e
trasmissioni d’intrattenimento, ieri sera c’era la folla delle grandi
occasioni. Il capo della produzione, Andrea Lorusso Caputi, ha fatto da
cicerone agli staff dentro lo studio, quello di solito destinato a Domenica in,
mentre il direttore del Tg1, Alberto Maccari (ancora per un giorno, oggi verrà
nominato il suo successore, Mario Orfeo) indossava gli abiti di padrone di
casa. Più emozionati dei duellanti, a dire il vero, gli ottanta giovani
(quaranta per Renzi, quaranta per Bersani) chiamati a fare da pubblico. E che
hanno applaudito con convinzione non appena è entrato Renzi in studio. Già, il
sindaco di Firenze, più a suo agio di Bersani negli studi tv e vero “divo”
negli studi Rai. La cosa che non è stata gradita dai tecnici di studio è stata
casomai la sua camicia; il bianco “spara” in tv, molto più della giacca
d’ordinanza del segretario Pd. Una differenza d’abbigliamento voluta fermamente
dallo spin doctor Giorgio Gori (che ieri sera, però, non c’era) perché a suo
dire “marca la differenza tra un vecchio e un giovane”. E, soprattutto, fa
tanto Obama.
Sottigliezze da “maghi” della
comunicazione, che chissà quanto conteranno, domenica, nell’urna. Ieri sera,
quella “maniche di camicia” di Renzi sono sembrate fuori luogo un po’ a tutti.
Visto anche il freddo che faceva. Ma come ha detto giustamente lo stesso Renzi
nella domanda “colpo di pistola finale” di ieri sera, quello che lo divide da
Bersani è “un’idea di futuro”. “Negli ultimi vent’anni – ha chiuso il sindaco
di Firenze – la classe politica del partito non ha scritto una pagina di
futuro”. Su questo, non gli si può dar torto…
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