da: Corriere della Sera
L'ammissione
di Bertone: io truffato sui Salesiani
L'Ordine
religioso che si ispira a don Giovanni Bosco rischia il fallimento per il
sequestro di beni per 130 milioni
I Salesiani rischiano il fallimento. Il
blocco dei beni potrebbe scattare questa mattina, al termine dell'udienza
fissata davanti al tribunale di Roma. E proprio per scongiurare le conseguenze
di un sequestro da 130 milioni di euro che annienterebbe l'Ordine religioso che
si ispira a don Giovanni Bosco interviene in giudizio il segretario di Stato
del Vaticano Tarcisio Bertone. Lo fa con un'iniziativa clamorosa: una lettera
già depositata agli atti nella quale il cardinale ammette di essere stato
truffato e chiede al giudice Adele Rando di tenere aperta l'indagine contro le
persone che «hanno provocato un danno ad una delle più grandi istituzioni
educative della Chiesa cattolica e si sono comportati nei miei confronti in un
modo riprovevole». La Santa Sede torna dunque al centro di una vicenda
giudiziaria dai retroscena controversi e a tratti incredibili. La questione va
avanti da ben 22 anni e negli ultimi cinque è stata segnata da un negoziato
segreto che ha avuto tra i protagonisti principali proprio Bertone. Quanto
basta per riaccendere quello scontro interno al Vaticano già emerso in maniera
eclatante con l'inchiesta sui «corvi» e il processo contro il maggiordomo del
Papa, Paolo Gabriele.
L'eredità contesa
L'eredità contesa
Si deve tornare al 5 giugno 1990 quando a
Roma muore Alessandro Gerini, conosciuto come il «marchese di Dio». Il suo
immenso patrimonio fatto di immobili, terreni, denaro contante, preziose opere
d'arte viene lasciato in eredità alla
«Fondazione Gerini» ente ecclesiastico
riconosciuto dal Pontefice Paolo VI nel 1967 e posto sotto il controllo della
Congregazione Salesiana. I nipoti del nobiluomo decidono però di impugnare il
testamento e avviano cause in sede civile, amministrativa e canonica che si
trascinano per anni.
Sono svariati i mediatori che in questo
lungo periodo si affacciano sulla scena e tra gli altri spicca Carlo Moisè
Silvera, faccendiere di 68 anni nato ad Aleppo in Siria e coinvolto in alcune
inchieste della magistratura italiana legate proprio a dissesti finanziari.
L'uomo si accredita come emissario degli eredi e propone una transazione alla
Fondazione e all'economo dei Salesiani don Giovanni Battista Mazzali. Sia pur
tra mille difficoltà e ostacoli viene avviata una trattativa e nel 2007 il
patto tra le parti sembra essere vicino. Si ipotizza infatti la vendita di
alcuni beni e arbitro della contesa diventa l'avvocato milanese Renato
Zanfagna, legale della società «Gbh spa» che ottiene l'opzione di acquisto dei
terreni.
I 16 milioni di euro
Ufficialmente il legale e il faccendiere
non si conoscono, anzi rappresentano parti avverse. Ma in alcune circostanze
sembrano marciare di pari passo. Con il trascorrere dei mesi Zanfagna diventa
il più ascoltato consigliere di don Mazzali. Assume un ruolo tanto predominante
da riuscire ad accedere persino alla segreteria di Stato e ottenere colloqui
privati con il cardinal Bertone. E così viene di fatto nominato mediatore unico
del negoziato.
L'8 giugno 2007, esattamente 17 anni dopo l'apertura del testamento del marchese Gerini viene siglato l'accordo in sede civile: per chiudere ogni controversia la Fondazione versa 16 milioni. Cinque milioni vanno ai nipoti del nobiluomo, ben 11 milioni e mezzo a Silvera che li ha rappresentati. E non è finita. Si stabilisce che la percentuale per il faccendiere debba essere aumentata quando sarà effettuata la stima complessiva dell'intero patrimonio. La commissione di periti - presieduta proprio dall'avvocato Zanfagna - stabilisce che il patrimonio equivale a circa 658 milioni di euro, dunque la «provvigione» per Silvera sale fino a 99 milioni di euro.
L'8 giugno 2007, esattamente 17 anni dopo l'apertura del testamento del marchese Gerini viene siglato l'accordo in sede civile: per chiudere ogni controversia la Fondazione versa 16 milioni. Cinque milioni vanno ai nipoti del nobiluomo, ben 11 milioni e mezzo a Silvera che li ha rappresentati. E non è finita. Si stabilisce che la percentuale per il faccendiere debba essere aumentata quando sarà effettuata la stima complessiva dell'intero patrimonio. La commissione di periti - presieduta proprio dall'avvocato Zanfagna - stabilisce che il patrimonio equivale a circa 658 milioni di euro, dunque la «provvigione» per Silvera sale fino a 99 milioni di euro.
La denuncia di truffa
La Fondazione non paga e nel 2009 Silvera
chiede il sequestro dei beni. Lo ottiene il 18 marzo 2010. Il tribunale di
Milano mette i «sigilli» a mobili e immobili per 130 milioni di euro, interessi
compresi. In particolare la sede della direzione generale dei Salesiani in via
della Pisana a Roma e il fondo Polaris aperto in Lussemburgo per il deposito dei
contanti. La contesa questa volta mette a rischio la stessa sopravvivenza della
Congregazione. E così, l'1 febbraio 2012 la Fondazione, assistita dall'avvocato
Michele Gentiloni Silveri, denuncia per truffa Silveri, Zanfagna e altri
professionisti che si sono occupati della vicenda. L'atto è firmato dal
presidente don Orlando Dalle Pezze che specifica come il vero truffato sia
l'economo don Mazzali.
«L'accordo - è scritto nell'esposto - è
nullo perché alla Fondazione e ai Salesiani è stato taciuto che la Corte di
Cassazione aveva già dichiarato esclusi dall'eredità gli eredi. L'avvocato
Zanfagna ha raggirato gli ecclesiastici convincendoli a firmare un patto che
favorisce soltanto lui e Silvera». La procura di Roma avvia l'indagine, mette
sotto accusa i protagonisti, li interroga. Ma l'11 giugno scorso chiede che il
fascicolo sia archiviato. «Non c'è stato alcun raggiro, la transazione è
valida», sostiene il pubblico ministero.
La lettera di Bertone
Due mesi fa il Segretario di Stato tenta
l'ultima e disperata mossa. Affida all'avvocato Gentiloni Silveri una lettera
da consegnare al giudice. Scrive Bertone: «Ho dato il consenso alla soluzione
negoziale, ma ho scoperto soltanto dopo che il valore del patrimonio era stato
gonfiato a dismisura per aumentare la somma destinata a Silvera, depauperando e
umiliando l'attività benefica della Congregazione».
Il giudice Adele Rando si è riservata di
decidere se archiviare l'inchiesta sulla transazione finanziaria che coinvolge
la Congregazione dei Salesiani. Il verdetto dovrebbe arrivare nei prossimi
giorni. Se si stabilirà che l'accordo con il mediatore e' valido, il rischio
per l'istituzione ecclesiastica e' il fallimento.
Fiorenza
Sarzanini
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