da: La Stampa
Carlà
e le donne
Non è vero che la più grande produttrice
torinese di gaffe sia Elsa Fornero. Ne esiste una che da anni si è
delocalizzata all’estero: a Parigi, pour la précision. E’ accaduto che Carla
Bruni rompesse un estenuante silenzio per dichiarare a Vogue che la sua
generazione non ha più bisogno del femminismo. Ignoro quante femministe ci
siano in Francia. Di certo però ci sono molte femmine dotate di telefonino che
hanno intasato la rete di messaggi per la ex Première Madamin. Il più caloroso:
«La mia generazione ha bisogno del femminismo, ma il femminismo non ha bisogno
di Carla Bruni». Ho avviato una breve inchiesta fra le mie colleghe. Cynthia: «Senza il femminismo lei non sarebbe dov’è
e non potrebbe dire le scemenze che dice». Anna e Raffaella: «Facile non
avere bisogno del femminismo quando sei una privilegiata». Michela: «La
situazione è peggiorata da quando il femminismo non c’è più». Tonia: «Il
soffitto di cristallo che impedisce alle donne di salire nella scala sociale da
noi è ancora di piombo». Barbara: «Non
il femminismo ma il rispetto della femminilità continua ad avere bisogno di
lotte».
Finché al mondo esisteranno donne
mobbizzate, violate, ammazzate e in troppi Paesi segregate e infibulate, il
femminismo avrà un senso. Certo, bisogna intendersi. Se femminismo significa
mettere Christine Lagarde al Fondo Monetario - una donna che ragiona come un
uomo - o Carla Bruni sulle copertine - una donna che ha fatto carriera
utilizzando gli uomini - è maschilismo travestito. Se invece significa
riplasmare il mondo secondo un modello femminile di convivenza, allora
sbrighiamoci, perché non vedo molte altre àncore di salvezza per il genere
umano.
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