da:
Rockol
di
Paola De Simone
Viviamo giorni strani, giorni che stanno
ormai diventando anni e che ricorderemo per la dolorosa perdita di Lucio Dalla,
il rispettabile abbandono artistico di Ivano Fossati, il forzato prendi e
lascia di Vasco Rossi e il temuto annuncio di un ultimo disco a firma Francesco
Guccini. Colonne che si sgretolano e che ci lasciano tra vuoti e interrogativi.
Per fortuna, però, in questo scenario sconfortante qualche pilastro resta e
dignitosamente resiste. Francesco De Gregori è tra questi. Il tempo non sembra
averlo preso di mira e si presenta in gran
spolvero all’interno delle nove tracce che compongono “Sulla strada”, suo
nuovo disco di inediti che segue di quattro anni il precedente “Per brevità
chiamato artista”. L’ispirazione è chiara: galeotto fu il libro “On the road”,
manifesto della beat generation scritto da Jack Kerouac, che il Principe ha
letto solo di recente, a 55 anni dalla sua pubblicazione. Così nasce anche la
title track, chiamata a rappresentare il disco come singolo di lancio,
anticipazione energica che sceglie il folk-rock a ritmare l’esperienza del
viaggio.
Ma “Sulla strada” è solo la copertina di
questo lavoro ricco di altre suggestioni: innamoramento,
ironia, vita quotidiana e velata malinconia sono il mood di
una narrazione
realistica e sognante. Nove capitoli, nove racconti brevi, altrettanti colori
musicali in un assortimento sonoro che varia con fluidità dal folk-rock (“Sulla
strada”, “La guerra”) ai ritmi latineggianti (“Omero al Cantagiro”, “Ragazza
del ‘95”), passando per il rebetiko di “Belle
époque”, fino al valzer lento che
sostiene la bella “Showtime”. Il tutto per la sempre riconoscibile
produzione di Guido Guglielminetti, bassista e fedele capo banda dalle ottime
intuizioni. Ma i meriti vanno condivisi anche con Malika Ayane, che ha prestato
il suono della sua (seconda)voce ad accompagnamento di “Omero al Cantagiro” e
“Ragazza del ‘95”, e soprattutto con Nicola
Piovani, che ha scritto e diretto gli archi di “Guarda che non sono io”, aggiungendo bello al bello. E su questa canzone vale effettivamente la
pena soffermarsi, perché il testo è così personale che De Gregori sembra nudo
davanti alle sue parole, raccontando la fatica di riconoscersi nella
proiezione che di lui arriva a ciascuno di noi attraverso le sue canzoni. Il
punto esatto dove finisce l’artista e inizia l’uomo è qui identificato ed
espresso con grande semplicità e immediatezza: “Qualcuno mi vede e mi chiama
per nome, si ferma e mi ringrazia, vuole sapere qualcosa di una vecchia canzone
e io gli dico scusami, però non so di cosa stai parlando, sono qui con le mie
buste della spesa. Lo vedi sto scappando, se credi di conoscermi non è un
problema mio. Guarda che non sto scherzando, guarda come sta piovendo, guarda
che ti stai bagnando, guarda che ti stai sbagliando, guarda che non sono io”.
Gli archi di Piovani, poi, fanno il resto.
Certo che di tracce su cui varrebbe la pena
soffermarsi ce n’è più d’una, tanti sono
i versi da sottolineare e gli arrangiamenti da apprezzare (che bella l’entrata
della tromba sul finale di “Falso movimento”), ma in fondo tutto è a portata di ascolto, perché in
questo disco De Gregori si espone disarmato: “Stasera sono un libro aperto, mi puoi leggere fino a tardi”. Un invito
che si fa bene ad accettare.
TRACKLIST:
“Sulla strada”
“Passo d’uomo”
“Belle époque”
“Omero al Cantagiro”
“Showtime”
“La guerra”
“Guarda che non sono io”
“Ragazza del ‘95”
“Falso movimento”
“Sulla strada”
“Passo d’uomo”
“Belle époque”
“Omero al Cantagiro”
“Showtime”
“La guerra”
“Guarda che non sono io”
“Ragazza del ‘95”
“Falso movimento”
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