Mentre la stampa ci riempe tutti i giorni di
“notizie” sulle primarie del Pd, sul rapporto Berlusconi-Alfano, mentre gli
anziani vengono sequestrati da un ectoplasma, tale Samorì, Passera ..quieto
quieto….prova a fare l’esercizio che meglio riesce ai politici.
Lui, che è un
cosiddetto tecnico, compie il più standard degli atti politici: provare a
metterlo nel culo a un po’ di persone…
Con l’accordo sulla produttività ci sarà
riuscito?
Leggete questo stralcio di un articolo che Roberto
Giovannini sul ‘La Stampa’ ha scritto un mese fa.
Mi pare che si siano invertiti i ruoli: la
Passera infila anziché prendere..
Non mi viene in mente un francesismo, per cui: in culo a Passera....
Tratto
dall’articolo “Ferie, orari e mansioni: i paletti di Passera sulla produttività”
di Roberto Giovannini – La Stampa del 23 ottobre 2012
[…] Passera,
raccontano in Confindustria, ha
sorprendentemente ammonito i direttori generali delle associazioni d’impresa presenti
(Abi, Ania, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza Cooperative) a non
chiudere con i sindacati un accordo che non rispettasse certe pregiudiziali.
Pena la non concessione delle risorse stanziate per la detassazione del salario
di produttività. Una richiesta respinta da Marcella Panucci, direttore generale
di Confindustria, ma accolta dalle altre sigle.
Per la precisione, le indicazioni del ministro Passera - inserite in un documento (non
condiviso da Confindustria) che siamo in grado di illustrare in dettaglio –
sono tre con carattere più generale,
accompagnate poi dalla definizione di cinque
“criteri” per considerare effettivamente migliorativi della produttività –
e dunque meritevoli di sconto fiscale -
gli aumenti salariali.
Il primo criterio generale è “il superamento degli automatismi” nei
contratti nazionali. In altre parole, il recupero dell’inflazione pregressa non
deve più essere considerato come base per gli aumenti salariali. Il secondo
criterio che è gli aumenti dei
contratti nazionali siano “in tutto o in
parte” erogati a livello aziendale attraverso accordi aziendali di produttività.
Il terzo è che le parti sociali chiedono
che il legislatore faccia delle norme per delegare ai contratti aziendali
una serie di “materie oggi regolate dalla legge”. Cioè il Codice Civile e lo
Statuto dei Lavoratori.
Queste materie per cui servirebbero leggi
(ma il governo pensa basti un semplice decreto ministeriale) fanno parte dei cinque criteri specifici indicati da
Passera; per avere il bonus, nei
contratti aziendali se ne devono obbligatoriamente prevedere almeno due. E sono
novità esplosive, che cambierebbero radicalmente i rapporti di forza tra
azienda e datore di lavoro. Novità che
farebbero impallidire la blanda modifica dell’articolo 18.
La prima è la “fungibilità delle mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale”.
Ovvero, il demansionamento: si potrà prendere un funzionario o un dirigente e
metterlo alla catena di montaggio o a uno sportello, riducendogli ovviamente lo
stipendio. La seconda è “l’incremento
del normale orario di lavoro effettivo alla soglia legale delle 40 ore
settimanali”. Cioè dove i contratti stabiliscono 38 ore di lavoro
settimanali, bisognerà salire fino a 40. La terza sono i “modelli flessibili e multiperiodali dell’orario di lavoro”: significa
che quando l’azienda vuole si lavora 60 ore, e quando non vuole se ne lavorano
20 alla settimana. Purché su base annua se ne facciano in media 40. La quarta
novità è la “distribuzione flessibile
delle ferie”: ovvero, al massimo si potrà stare in vacanza due settimane di
seguito. Gli altri giorni saranno stabiliti dalla “programmazione aziendale, anche
non continuativa”. La quinta novità sono ”sistemi
idonei a contemperare il fondamentale diritto alla riservatezza del
lavoratore con il diritto del datore di lavoro al controllo della produttività”.
Ovvero, controllo a distanza dei
dipendenti: telecamere, computer, e quant’altro la tecnologia permette.
[…] «È strano - osserva un autorevole
collaboratore del presidente Squinzi - queste novità illustrateci all’ultimo
minuto da Passera combaciano esattamente
con quelle formulate dai banchieri dell’Abi, che devono gestire 20mila
esuberi. Possibile che c’entri il fatto
che il ministro Passera sia stato a lungo ad di Banca Intesa?».
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