giovedì 22 novembre 2012

Governo Monti, accordo Produttività: alla Passera piace metterlo (ma non dovrebbe prenderlo?!)


Mentre la stampa ci riempe tutti i giorni di “notizie” sulle primarie del Pd, sul rapporto Berlusconi-Alfano, mentre gli anziani vengono sequestrati da un ectoplasma, tale Samorì, Passera ..quieto quieto….prova a fare l’esercizio che meglio riesce ai politici. 
Lui, che è un cosiddetto tecnico, compie il più standard degli atti politici: provare a metterlo nel culo a un po’ di persone…
Con l’accordo sulla produttività ci sarà riuscito?
Leggete questo stralcio di un articolo che Roberto Giovannini sul ‘La Stampa’ ha scritto un mese fa.
Mi pare che si siano invertiti i ruoli: la Passera infila anziché prendere..
Non mi viene in mente un francesismo, per cui: in culo a Passera....


Tratto dall’articolo “Ferie, orari e mansioni: i paletti di Passera sulla produttività” di Roberto Giovannini – La Stampa del 23 ottobre 2012

[…] Passera, raccontano in Confindustria, ha sorprendentemente ammonito i direttori generali delle associazioni d’impresa presenti (Abi, Ania, Confindustria, Rete Imprese Italia, Alleanza Cooperative) a non chiudere con i sindacati un accordo che non rispettasse certe pregiudiziali. Pena la non concessione delle risorse stanziate per la detassazione del salario di produttività. Una richiesta respinta da Marcella Panucci, direttore generale di Confindustria, ma accolta dalle altre sigle. 

Per la precisione, le indicazioni del ministro Passera - inserite in un documento (non condiviso da Confindustria) che siamo in grado di illustrare in dettaglio – sono tre con carattere più generale, accompagnate poi dalla definizione di cinque “criteri” per considerare effettivamente migliorativi della produttività – e dunque meritevoli di sconto fiscale - gli aumenti salariali.  


Il primo criterio generale è “il superamento degli automatismi” nei contratti nazionali. In altre parole, il recupero dell’inflazione pregressa non deve più essere considerato come base per gli aumenti salariali. Il secondo criterio che è gli aumenti dei contratti nazionali siano “in tutto o in parte” erogati a livello aziendale attraverso accordi aziendali di produttività. Il terzo è che le parti sociali chiedono che il legislatore faccia delle norme per delegare ai contratti aziendali una serie di “materie oggi regolate dalla legge”. Cioè il Codice Civile e lo Statuto dei Lavoratori. 

Queste materie per cui servirebbero leggi (ma il governo pensa basti un semplice decreto ministeriale) fanno parte dei cinque criteri specifici indicati da Passera; per avere il bonus, nei contratti aziendali se ne devono obbligatoriamente prevedere almeno due. E sono novità esplosive, che cambierebbero radicalmente i rapporti di forza tra azienda e datore di lavoro. Novità che farebbero impallidire la blanda modifica dell’articolo 18.  
La prima è la “fungibilità delle mansioni nell’ambito dell’organizzazione aziendale”. Ovvero, il demansionamento: si potrà prendere un funzionario o un dirigente e metterlo alla catena di montaggio o a uno sportello, riducendogli ovviamente lo stipendio. La seconda è “l’incremento del normale orario di lavoro effettivo alla soglia legale delle 40 ore settimanali”. Cioè dove i contratti stabiliscono 38 ore di lavoro settimanali, bisognerà salire fino a 40. La terza sono i “modelli flessibili e multiperiodali dell’orario di lavoro”: significa che quando l’azienda vuole si lavora 60 ore, e quando non vuole se ne lavorano 20 alla settimana. Purché su base annua se ne facciano in media 40. La quarta novità è la “distribuzione flessibile delle ferie”: ovvero, al massimo si potrà stare in vacanza due settimane di seguito. Gli altri giorni saranno stabiliti dalla “programmazione aziendale, anche non continuativa”. La quinta novità sono ”sistemi idonei a contemperare il fondamentale diritto alla riservatezza del lavoratore con il diritto del datore di lavoro al controllo della produttività”. Ovvero, controllo a distanza dei dipendenti: telecamere, computer, e quant’altro la tecnologia permette. 

[…] «È strano - osserva un autorevole collaboratore del presidente Squinzi - queste novità illustrateci all’ultimo minuto da Passera combaciano esattamente con quelle formulate dai banchieri dell’Abi, che devono gestire 20mila esuberi. Possibile che c’entri il fatto che il ministro Passera sia stato a lungo ad di Banca Intesa?».  

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