Dialogando
insieme
Raccontare
la Bibbia ai piccoli non è un’impresa facile. Ammiro molto i catechisti che
riescono a farlo con competenza e amore: parlare ai bambini significa saper
ritornare bambini, entrare nel loro mondo, acquisire il loro linguaggio. Per un
genitore forse è naturale; li si concepisce, li si sente vivere già nel grembo,
li si vede nascere, crescere, mettere i dentini, fare i primi passi, elargire
grandi e contagiosi sorrisi. Per me, per un vescovo che non ha consuetudine con
loro se non per qualche tenero abbraccio, passare per la porticina della loro
vita appena sbocciata e comunicare la bellezza delle cose che da sempre mi
stanno più a cuore è un tentativo audace. Sono ormai passati ottantatrè anni da
quando sono nato; sono stato bambino anch’io, ma ho trascorso gran parte della
mia vita nel mondo accademico, e poi a «pilotare una macchina» grande e
complessa come la diocesi di Milano. Per quanto abbia sempre sentito con forza
le esigenze, le necessità e le urgenze che si impongono sul piano educativo,
avevo l’idea che occorresse parlare ai grandi come se fossero piccoli e così,
con i piccoli, avrebbero capito anche i grandi. Non avevo però mai provato a
«sedermi» nella stanza dei giochi con loro. Lo faccio ora, nel «tempo della
canizie», una sorta di sfida alle stratificazioni di esperienze che mi si sono
accumulate nel cuore. Lo faccio cominciando con una preghiera: «E ora nella
vecchiaia e nella canizie, Dio, non abbandonarmi, finché io annunzi la tua
potenza, a tutte le generazioni le tue meraviglie» (Sal 70[71],1).
[..]
La proposta delle seguenti meditazioni mi è venuta da amici e per amicizia;
così ho provato a «fare il nonno» e a consegnare le storie che sono la sostanza
della
mia vita ai bambini: per un uomo della mia età sono gli eredi. Un tempo i
valori più grandi e belli si tramandavano proprio tessendo racconti intorno al
fuoco. La vita si faceva storia e la storia tornava a essere vita, nella vita
dei più piccoli. Qualsiasi cosa ne dicano i promotori dell’universo mediatico e
gli incantatori del mondo virtuale, penso che sedersi accanto al grande cuore
di un piccolo uomo con la Parola aperta sulle ginocchia, e magari cominciando
dicendo «c’era una volta», sia ancora valido.
Raccontare
il Vangelo significa raccogliere le verità immutabili del passato, fugare i
dubbi e le fatiche del presente e illuminare di speranza il futuro. Ciò che di
prezioso verrà messo nel grande cuore di un piccolo uomo farà di lui un grande
uomo con il cuore di un bambino.
Ho
scritto con questo augurio alcune lettere. La parola di Dio mi ha guidato nella
scelta dei valori che ritengo sia indispensabile consegnare alle nuove
generazioni, nel tentativo di dire loro qualcosa sul perdono, sull’amicizia,
sulla lealtà e sulla preghiera, con la speranza di aiutarli a crescere più
forti e felici.
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