da: La Stampa
“Asl
e ospedali al collasso, in coda fino a otto mesi per operarsi alla tiroide”
Il Tribunale dei diritti del malato:
liste chilometriche
di Paolo
Russo
Liste d’attesa sempre chilometriche;
superticket che mettono in fuga gli assistiti da farmacie, ambulatori
specialistici e centri diagnostici; tagli ai posti letto che iniziano a far
sentire il loro peso rendendo più complicato ottenere un ricovero. E poi le solite
lamentele su errori medici, poca chiarezza nelle informazioni, lungaggini nelle
pratiche per ottenere gli assegni di invalidità. Il tutto moltiplicato per due
nelle Regioni in piano di rientro dai deficit sanitari, dove i tagli si fanno
più con l’accetta che con il bisturi.
A leggere il 15° rapporto del Pit salute,
basato sulle segnalazioni dei cittadini al Tribunale dei diritti del malato
(Tdm), sembra non reggere molto lo slogan «non tagli ma lotta agli sprechi» che
ha accompagnato le ultime manovre sanitarie, mettendo in cura dimagrante Asl e
ospedali per ben 31 miliardi di euro dal 2010 al 2014, come certificato di
recente dalla Corte dei Conti. Nei Pronto soccorso cominciano a scarseggiare
medici e ambulanze attrezzate, mentre i quasi 20 mila posti letto tagliati dal
2009 ad oggi fanno compiere un deciso balzo in avanti alle segnalazioni degli
assistiti che hanno accusato problemi ad ottenere un ricovero, balzate dal
23,5% dello scorso anno al 28,6%. Un coro di lamentele al quale fanno riscontro
i dati oggettivi, che danno in forte crescita i tempi medi di attesa per
ottenere un letto in ospedale, con attese che per le cinque tipologie di
ricovero esaminate vanno dagli 8 mesi per un intervento alla tiroide ai 16 per
una
plastica ricostruttiva. E la situazione non sembra destinata a migliorare,
visto che la legge di stabilità di letti ne sforbicia altri 7389, che il
regolamento appena varato dal ministro della Salute, Renato Balduzzi, concentra
però sui reparti sottoutilizzati. Tagli sostenibili, per il Presidente delle
Federazione di Asl e ospedali (Fiaso), Giovanni Monchiero, «se ci fossero
strutture residenziali e di assistenza sul territorio che invece sono assenti
nel 90% del Paese».
Se l’assistenza ospedaliera inizia a
zoppicare, quella territoriale resta stabile ma non per medici di famiglia,
pediatri e guardie mediche, bocciati dai cittadini perché non li informano e
orientano a sufficienza. Un’accusa segnalata dal 16,2% degli assistiti, contro
il 12,2 del passato.
I tempi medi per ottenere visite
specialistiche, analisi e accertamenti diagnostici, dicono le rilevazioni del
Tdm, si allungano. Ma i sudditi di Asl e ospedali sembrano oramai assuefatti
alle liste d’attesa, perché le segnalazioni negative paradossalmente
diminuiscono. Anche se restano ancora saldamente al primo posto della
classifica di quel che non va nella nostra sanità a dieta forzata. Una
rassegnazione che spinge sempre più cittadini nelle braccia del privato per
ottenere quel che non riesce ad avere in tempi accettabili nel pubblico, ma che
non stimola le Regioni a fare di meglio, visto che il rapporto rileva come
diverse di loro siano assolutamente inadempienti nella redazione di un piano di
interventi per ridurre i tempi di attesa.
Cure dunque meno accessibili ma almeno più
umane, visto che diminuiscono le segnalazioni per incuria, sgarberie o
maltrattamenti. Resta invece sempre un’impresa ottenere informazioni e
documentazione, in particolare le cartelle cliniche.
Ma alle lamentele sui servizi si aggiungono
quelle di chi denuncia di non farcela più ad accollarsi il peso sempre più
gravoso dei ticket, che soprattutto nelle Regioni in piano di rientro sono
oramai più cari del prezzo da pagare per ottenere, subito, la prestazione dal
privato. Oramai quasi un assistito su due dichiara di avere difficoltà a far
fronte alla spesa e questo, per il coordinatore del Tdm, Giuseppe Scaramuzza,
«dimostra che fra tagli e piani di rientro i cittadini hanno l’impressione che
lo Stato sociale stia diventando sempre più a-sociale a danno e sulla loro
pelle».
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