da: Il
Fatto Quotidiano
Mediaset trasmette cattive previsioni
Niente
frequenze e pubblicità in calo, bastano i tagli per non licenziare?
di Carlo Tecce
Pensate a
una televisione che appare moderna a trent’anni, un po’ rugosa, forse decaduta.
Pensate a un’azienda che fattura miliardi e distribuisce milioni, spesso oltre
le regole e oltre se stessa, ma che
teme d’invecchiare povera. Pensate a Medaiset. E scoprirete che la soluzione è
nel pizzone, sapore antico e ruggente. Il nastrone che il pioniere Silvio
Berlusconi spediva fra Milano e Palermo, Torino e Trieste, per trasmettere in
contemporanea e per ingannare le leggi. E’ un simbolo che ritona. Adesso che
Cologno Monzese ordina di mandare i programmi in differita – mai più dirette
per il varietà e l’informazione in salotto – per rastrellare quel mucchietto di
spiccioli che naufraga in cassaforte. Il particolare non spiega la depressione
Mediaset, ma ne misura perfettamente le paure.
Quelle
paure che cicatrizzano la faccia di Fedele Confalonieri: non sopporta che il
governo neghi le frequenze gratuite: non capisce perché la raccolta
pubblicitaria evapori (-10% nel primo trimestre); non riconosce le cifre
d’ascolto che suonano l’allarme; non accetta riduzioni del personale (si
accontenta dei pensionamenti anticipati); non insegue il titolo in Borsa che si
schianta a 1,7 euro. Bei ricordi, lontani, i 4,5 euro per azione di un anno fa.
I numeri che prima correvano insieme, ora frenano con violenza.
L’impatto,
però, va studiato con l’insidioso indice share. I tre canali generalisti,
soltanto tre anni fa, sfioravano il 40 per cento e 4,2 milioni di
telespettatori nell’intera giornata. Arriviamo al 2012, stesso periodo
(gennaio-aprile): all’appello mancano 9 punti di share. Cifre ancora più
ansimanti in prima serata, laddove si concentrano i milioni
veri con la pubblicità pregiata: i 10,7 milioni di italiani si riducono a 9. E non bastano le partite di calcio – che attirano pubblico e perdite fra investimenti e incassi a risollevare il Biscione. Il bilancio 2011 rilascia un utile di 225 milioni, e una tendenza che impressiona: l’indebitamento finanziario supera quota 1,59 e raggiunge 1,77 miliardi. L’azzardo multinazionale Endemol (casa di produzione), che doveva blindare il monopolio privato, svanisce con 145 milioni in bolletta. Quest’anno niente aiutino con la pubblicità, peggio: l’andamento lento fa ballare circa 250 milioni di euro, identica somma per i tagli previsti nei prossimi tre anni.
veri con la pubblicità pregiata: i 10,7 milioni di italiani si riducono a 9. E non bastano le partite di calcio – che attirano pubblico e perdite fra investimenti e incassi a risollevare il Biscione. Il bilancio 2011 rilascia un utile di 225 milioni, e una tendenza che impressiona: l’indebitamento finanziario supera quota 1,59 e raggiunge 1,77 miliardi. L’azzardo multinazionale Endemol (casa di produzione), che doveva blindare il monopolio privato, svanisce con 145 milioni in bolletta. Quest’anno niente aiutino con la pubblicità, peggio: l’andamento lento fa ballare circa 250 milioni di euro, identica somma per i tagli previsti nei prossimi tre anni.
Non
parlate di Spagna, per favore: seconda gamba azzoppata di un gruppo che affonda
le radici nei paesi più involuti. Chi guarda Amici di Maria De Filippi non subisce le fibrillazioni in Mediaset,
non fosse che la De Filippi è un tema centrale. No, la signora di cantanti e
successi non fugge a Sky: la tentazione, però, l’ha provata davvero; e per il
momento è sopita (non cancellata).
Il
tormentato addio di Emilio Fede – che riempe di gioia Pier Silvio Berlusconi e
capo Confalonieri – non risolve le discese di Canale 5 e Italia 1. La prossima
estate, proprio Canale 5 convoca Salvo Sottile, conduttore di Quarto Grado su Rete 4, per richiamare
le casalinghe disperse con la cronaca nera. Un bel contrappasso per l’azienda
che vantava il pubblico più giovane e vivace d’Italia, ma serviva (anche) a
giustificare il dominio pubblicitario.
I
telegiornali già pagano un paio di rate: testata unica e inviati in comune,
niente rinforzi estivi per le ferie. Esempio: chi finisce Matrix rientra al Tg5 di Clemente Mimun. A proposito. L’azienda
vorrebbe rivoluzionare il telegiornale di Canale 5 (e dunque sostituire Mimun);
ormai le notizie virano su Tgcom24 di Mario Giordano, un esperimento riuscito
per contrastare Skytg24 e Rainews. Un particolare, ancora: non si trovano più
giornali in redazione, non si comprano. Una stupidata, direte. Però, la carta
nasconde quei dipendenti che vanno in pensione con l’incentivo e quei timori di
Confalonieri: “Non licenziamo, per ora”. Il rischio è che i 250 milioni di
risparmi siano uno zuccherino se la pubblicità diventa una malattia.
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