Nella puntata di
sabato scorso due big (?!) di Amici sono stati eliminati: Antonino Spadaccino
e Valerio Scanu.
Questi i loro
commenti (fonte La Stampa).
Antonino Spadaccino: “Come si fa a rimanere delusi dal parere
oggettivo di chi compra i dischi. Va bene così. Io dico sempre di essere
l’amico vintage. Non sono vecchio, ma ho fatto il programma sette anni fa e
Maria ha ragione a dirmi che devo faticare per farmi apprezzare ancora. Posso
dire che sto pagando il prezzo di aver
fatto questo programma tanti anni fa; poi vedo che la gente mi ferma per
strada, mi dice che ho una voce splendida con un timbro che in Italia non si
sente. Devo stringere la mano a questo pubblico”.
Valerio Scanu: “Se
non fossi stato eliminato sarebbe stato meglio. Però è andata. Non nego di
esserci rimasto male. Spero che
siano stati gli altri a essere preferiti
a me, e non che qualche carta
sia stata giocata a mio sfavore”.
Bene. Si fa per
dire…
Ma..mi domando e
dico…non gli viene mai il sospetto a questi concorrenti e/o ex concorrenti di
talent show – Amici e X Factor che sia - nonché aspiranti
protagonisti nel panorama musicale mondiale, che come loro ce ne siano tanti altri,
che è già un traguardo essere arrivati davanti a una telecamera quando – forse –
c’è gente altrettanto o più meritevole che non ci riesce. Non gli punge
vaghezza che il loro modo di cantare, che le scelte dei pezzi, non prendano
parte del pubblico perché – vivaddio – la Musica è colma di musicisti e
interpreti fondamentali mentre loro sono un accessorio consumistico usa e getta
che, nella migliore delle ipotesi, può
fornire qualche emozione temporanea, più o meno intensa e sparsa in zone diverse del corpo umano (testa, pancia e ometto il resto..), che nel giro di breve tempo lascia il posto a quella colonna sonora della nostra vita che ci provoca emozioni diverse ma sempre collocate tra testa e cuore.
fornire qualche emozione temporanea, più o meno intensa e sparsa in zone diverse del corpo umano (testa, pancia e ometto il resto..), che nel giro di breve tempo lascia il posto a quella colonna sonora della nostra vita che ci provoca emozioni diverse ma sempre collocate tra testa e cuore.
Capisco che
Antonino Spadaccino si chieda: “perché Alessandra
Amoroso ed Emma Marrone sì ed io no”. Ma se la risposta che si dà è: sono approdato ad Amici troppo presto,
sotto inteso: perché allora il programma
non era una “join venture” con le major discografiche, beh…dovrà faticare
parecchio e non approderà a nulla.
Il suo timbro
vocale è indubbiamente particolare. Ma l’Italia abbonda di gente con timbri soul/blues (ogni edizione di talent
inflaziona in tal senso) che poi finisce
per cantare poppazza anziché ricercare canzoni che
richiamino, sì, la propria connotazione naturale ma che lascino però prevalere la
costruzione musicale unita a dei testi che non facciano correre al cesso.
Cantare certa poppazza, cioè l’insulso musicale e di
testo, fa danni. Alla Musica ma, prima ancora, al presunto talento convinto di
poter sfondare. Il timbro particolare si perde o, come è successo ad Alessandra
Amoroso, porta a non affrontare nel giusto modo alcuni passaggi della canzone. Perché
quando si ha un timbro soul/blues e si canta certa poppazza si tende a tirare le note. A gridare più che alzare di
ottava. Il vibrato serve per smuovere le viscere anziché per sottolineare, dare
respiro e il giusto virtuosismo alla nota.
A questi concorrenti del talent – tutti, nessuno
escluso (X Factor e Amici) – non gli accarezza mai l’idea che fuori
da un programma si ha ancora molto da imparare. Che devono prendere lezioni di canto, che devono provare e riprovare. Non
gli balena mai per la capa che i limiti
che hanno o più semplicemente le caratteristiche che credono siano la chiave
stilistica della loro espressione musicale sono in realtà mancanze, assenze, che
sono percepite da un certo pubblico che quindi li scarta.
C’è chi non arriva alla visibilità, c’è chi riesce
con maggiore o minore sforzo a tenere i posti in classifica F.I.M.I che nulla
ha a che vedere con il prendersi e mantenere un posto nell’olimpo della Musica.
E’ vero che il
percorso musicale è un tragitto lungo e, come in tutte le professioni, contano
le occasioni, gli incontri giusti. Ma prima che i discografici, i produttori, gli artisti che ti possono sostenere,
bisogna sgombrare la testa da presunzioni,
da alibi.
Mi pare invece
che, vuoi per l’opportunismo delle case discografiche “spremi e getta”, vuoi
per quel meccanismo mentale – umanamente comprensibile – che ci porta a credere
di “avere qualcosa da dire e gli altri
devono capire” – non si mettano i
presupposti per percorsi musicali sensati e seri.
La maggior parte
dei fuori usciti dai talent non ha ancora compreso la differenza abissale che c’è tra i loro limiti e i “limiti” di
Artisti affermati che di questo hanno fatto il loro punto di forza espressiva. La
cosiddetta cifra stilistica. I limiti sono anche diventati un segno di
riconoscimento.
La presunzione di
certi ragazzi – in parte difensiva e causata
dalla scarsa oggettività e discutibile capacità d’insegnamento dei “professori”
di Amici o di alcuni vocal coach
di X Factor - li porta a non cogliere l’abisso
tra i loro limiti - che sono mancanze artistiche - con i “limiti” degli Artisti.
Non ci sono gli
eredi di Vasco Rossi e di Bob Dylan né di Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti
nei talent show. Ho citato tre che non sono certo dei talenti vocali. Ma sono
degli Artisti. Fanno Musica.
Esattamente come
non ci sono gli eredi di Frank Sinatra, di Michael Bublè e di George Michael. Tutta
gente che a cantare. Tutti Artisti non solo perché hanno il talento vocale. Ma perché
lo sanno usare. Sanno capire il senso del pezzo e trasmetterlo. Sanno
aggiungere e sanno togliere.
Hanno consistenza
vocale. Tenuta. Equilibrio. Virtuosismo al posto giusto, al momento giusto.
E, allora, questi
ragazzotti di speranze e pretese, ascoltino e riascoltino. Analizzino nota per
nota. Ascoltino con la testa, più che con le orecchie. Noteranno la differenza.
E se non notano la
distanza abissale che esiste con Steve Wonder e Aretha Franklin piuttosto che
con Vasco Rossi e Jovanotti, se non comprendono che replicare bene un pezzo di
questi Artisti non significa eguagliarli, che fare una propria versione di una cover non
significa essere dei nuovi interpreti che sostituiscono i precedenti, cambino
mestiere. Se non lo faranno direttamente loro, ci penserà il pubblico reale. Quello
che ascolta con testa e orecchie e che difficilmente si fa trasportare, ma
vuole viaggiare. Perché se un libro è cibo per la mente, una canzone è un
viaggio mentale.
Io, almeno, la penso
così.
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