giovedì 19 aprile 2012

Sviluppo, decreto Passera: meno leggi, credito di imposta



Meno leggi e credito d'imposta
Ecco il decreto-Passera
di Alessandro Barbera

Capannoni fantasma, fatture inesistenti, persino fondi finiti per finanziare l’acquisto di Ferrari. Negli anni dei grandi sprechi, di storie così se ne contavano a bizzeffe, soprattutto al Sud. Non più tardi dello scorso novembre la Procura di Palmi ha chiuso le indagini su una maxi truffa organizzata dalla criminalità locale e costruita attorno a fatture e operazioni bancarie fittizie per l’assegnazione di fondi ex legge 488.

L’obiettivo ora è concentrare le risorse attorno a progetti davvero innovativi e meritevoli di aiuto pubblico. Di riforma del sistema degli incentivi si discute ormai da anni. Ne parlò Claudio Scajola, ci tornò su Paolo Romani, ma di provvedimenti non si vide nemmeno l’ombra. Corrado Passera ha preso in mano la pratica dal primo giorno di insediamento, ma finora ha dovuto fare i conti con il muro opposto dalla struttura tecnica del Tesoro e della Ragioneria, restìe a rimettere in discussione i meccanismi di gestione della spesa.

Lo schema di decreto scritto dai tecnici del ministero dello Sviluppo e in mano a La Stampa promette di ridestinare i circa sei miliardi a disposizione del sistema, e ipotizza di aumentare la spesa complessiva per non più 800 milioni l’anno. Più di quel che si spende oggi ma - spiegano fonti del ministero - «utili a sostenere davvero la crescita».

Delle attuali 80 leggi nazionali di incentivazione ne rimarrebbero la metà: in allegato al decreto c’è la
lista di 40 fra leggi e parti di leggi che verrebbero immediatamente abrogate. Si va dalla 623 del 1959 a favore dell’artigianato alla 488 del 1992, dalla 752 del 1982 per il settore minerario alla legge 64 del 1986, l’ultima dedicata ad «interventi straordinari nel Mezzogiorno».

Per ciascun incentivo sono previsti destinatari diversi, un complicato iter burocratico, lunghe procedure per l’assegnazione dei fondi. La riforma concentra le risorse e le riassegna attraverso un semplicissimo credito d’imposta. L’articolo tre lo riserva a «tutte le aziende che, indipendentemente dalla forma giuridica, dalle dimensioni e dal settore economico, effettuano investimenti in ricerca e sviluppo». Il tetto di spesa è di 1,5 milioni l’anno e «comunque con un credito massimo di 450mila euro».

Per i programmi «basati su un piano triennale di investimenti si applica un ulteriore bonus del 5% e comunque con un credito d’imposta Ires e Irap al verificarsi di due condizioni»: l’aumento degli addetti e il margine operativo lordo incrementato del 30% al termine del terzo anno.

Per combattere le frodi l’articolo 5 istituisce un nucleo speciale della Guardia di Finanza «incaricato di svolgere ispezioni e controlli sui programmi d’investimento ammessi alle agevolazioni». Il «Fondo speciale rotativo» previsto da una legge del 1982 cambia. Si chiamerà «Fondo per la crescita sostenibile» e promette di concentrarsi su tre obiettivi: «promozione di progetti di ricerca e sviluppo», «rafforzamento della struttura produttiva», «internazionalizzazione». L’articolo 10 regola le procedure di assegnazione dei programmi già avviati, in particolare quelli della 488 la quale - scrive la relazione illustrativa «vede migliaia di procedimenti tuttora in attesa di definizione». Le richieste inoltrate ma non avviate vengono revocate, quelle in corso dovranno essere completate «entro 18 mesi». Se il governo tentasse di cancellare tutti i programmi avviati, andrebbe incontro ad altrettante migliaia di contenziosi, il vero incubo della Ragioneria e del Tesoro. La vicenda degli incentivi pubblici alle imprese è uno dei paradigmi di un’Italia spendacciona e inconsapevole. Si dice spesso dell’impossibilità di comprimere la spesa, poi si scopre che il sistema produttivo italiano riceve miliardi di incentivi dei quali non si riesce nemmeno ad avere una lista precisa. Basti pensare agli aiuti regionali: quale che sarà il successo del progetto Passera di semplificazione, resteranno in piedi 1.085 incentivi previsti da altrettante leggi regionali. Diviso per 20 fa 55 a Regione.

Nessun commento:

Posta un commento