da: la Stampa
I
mercati chiedono altre risposte
di Bill
Emmott
A dare retta ai
mercati finanziari, la differenza tra un felice recupero e un imminente
disastro risiede in 80.000 posti di lavoro in America, un Paese con una forza
lavoro di 155 milioni di persone, oltre che in alcune notizie leggermente
negative dalla Cina. Naturalmente questo non può essere vero, soprattutto da un
punto di vista europeo. Eppure, lo spavento post-pasquale dei mercati ci
ricorda qualcosa che è reale.
È un errore prestare troppa attenzione, di là di una divertita ammirazione o dell’orrore, ai movimenti giornalieri o settimanali nei mercati azionari, obbligazionari o valutari. La ragione è semplice. E cioè che l'arte del trading finanziario non ha nulla a che fare con l'individuazione di reali tendenze economiche.
È un’arte che ha semmai a che fare con l’interpretazione della psicologia di un branco di animali, che è una buona approssimazione per gli operatori finanziari.
Per fare soldi, devi indovinare da che parte si metterà a correre la mandria. Che cosa succederà il giorno o la settimana o il mese successivo alla vostra attività non è del minimo interesse.
E quindi un calo improvviso delle azioni o un aumento degli spread obbligazionari non indica che nell’economia mondiale sia cambiato qualcosa di sostanziale. L'economia statunitense sembrava avere una crescita moderata, di circa il 2-2,5% annuo, anche prima che i dati sui posti di lavoro a marzo provocassero una
Eppure, dietro a tutto questo e al comportamento nervoso del mercato delle obbligazioni europee e delle azioni, si cela una verità fondamentale. Ovvero che né i problemi di debito sovrano della zona euro nel suo complesso, né quelli dell’Italia, in particolare, sono stati risolti. E ogni nuovo dato sulla crescita nell'eurozona e sulla disoccupazione oggi suggerisce che la recessione nell' area dell'euro, e in particolare nell'Europa meridionale, sta peggiorando.
La crisi del debito sovrano è per metà semplice aritmetica e per metà ha a che fare con la volontà politica. La semplice aritmetica dice che se le economie di Spagna e Italia quest’anno andranno incontro a una recessione più grave di quanto previsto appena un paio di mesi fa, una o entrambe mancheranno gli obiettivi per ridurre i loro disavanzi pubblici. Ciò significa che se il presidente Monti è davvero determinato ad attenersi al patto fiscale europeo che ha firmato a dicembre, avrebbe bisogno di varare un'altra serie di manovre di bilancio, aumenti del prelievo fiscale e tagli di spesa.
La mia scommessa è che questo probabilmente accadrà: che egli dovrà infrangere la promessa di non praticare quest’anno ulteriori tagli di bilancio. E qui entra in gioco la volontà politica. I mercati, il che significa le persone che comprano e vendono titoli di Stato, devono scommettere se la Spagna e l'Italia faranno o meno ciò che è necessario per rispettare i loro impegni nell’eurozona. Di per sé, è chiaro, ovviamente, che il premier Monti abbia davvero questa volontà politica. Ma non può essere considerato isolatamente.
Le prime grandi questioni politiche che incombono sui mercati provengono da altri Paesi. Certamente dalla Grecia, dove i sondaggi d'opinione indicano che i principali vincitori delle prossime elezioni parlamentari del 6 maggio saranno i piccoli partiti anti-riforma e anti-austerità. Ma anche dalla Francia, dove una vittoria del socialista François Hollande al secondo turno delle elezioni presidenziali in quello stesso giorno potrebbe destabilizzare l’accordo fiscale della zona euro.
Ma vi sono questioni politiche anche in Italia. Come Monti sa molto bene, le riforme condotte a termine durante i suoi quattro mesi in carica appaiono notevoli solo in confronto a quelle dei tre governi che l’hanno preceduto. Non lo sono rispetto alla dimensione del compito.
Ha avviato un importante ma modesto programma di liberalizzazione, ha dato un piccolo stimolo alle forze della concorrenza, e, se riuscirà a diventare legge, ha varato una riforma importante ma non epocale delle leggi sul lavoro. Nessun acquirente di titoli di Stato italiani può averne tratto la conclusione che le prospettive di crescita economica dell'Italia siano state così trasformate.
Il calo dei rendimenti dei titoli di Stato italiani deve qualcosa alla credibilità e alle riforme del governo Monti ma molto di più all’enorme sussidio da parte della Banca centrale europea, sotto forma di prestiti triennali agevolati alle banche europee che sono state convinte, soprattutto quelle italiane, a prendersi un po’ di più del debito italiano.
Così non dovrebbe sorprendere nessuno che le cattive notizie economiche abbiano convinto gli operatori finanziari a scommettere che il branco del mercato obbligazionario sarebbe scappato dall’Italia. Era una buona e facile scommessa a breve termine.
La domanda è se potrebbe anche diventare una buona scommessa a lungo termine. La risposta giace nella profondità della recessione italiana, nelle onde politiche che emergono dalla Grecia e dalla Francia, nella capacità del governo Monti di far passare ulteriori riforme, e, in definitiva, dalla possibilità che questa fase di riforme possa durare. Se si crede che sarà giusto, nel migliore dei casi, un fenomeno passeggero, questione di un anno, una transizione tra una politica vecchia e una ancora più vecchia, allora non ci può essere alcun dubbio: la mandria fuggirà in preda al panico.
Traduzione di Carla Reschia
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