da: Il Fatto Quotidiano
Ne valeva la pena?
di Stefano Feltri
Il presidente
Napolitano spiega ogni giorno quanto è buona e necessaria la riforma del
mercato del lavoro presentata dal governo. Qualche domanda però è lecita.
Davvero svuotare l’articolo 18 è necessario per far ripartire la crescita e
rassicurare i mercati? Sembra di no: gli economisti non sono riusciti a
dimostrare che le imprese italiane restano nane per non superare la soglia dei
15 dipendenti che fa scattare l’articolo 18, gli investitori stranieri sono più
spaventati dalla camorra, dalla mafia, dalla burocrazia e dalla politica più
che dai giudici del lavoro, l’aumento di produttività dovuto al timore del
licenziamento difficilmente compenserà anni di investimenti troppo bassi da
parte delle imprese. I mercati non sembrano folgorati: ieri lo spread è salito
da 287 a
302 punti. Possiamo almeno dire che è una riforma equa, che toglie ai vecchi
per dare ai giovani, distribuendo tra generazioni il peso della crisi? In
parte. È vero che finora l’insofferenza delle imprese per la rigidità del
mercato del lavoro italiano è stata scaricata sui precari. E la riforma del
governo Monti, va sottolineato, introduce novità rilevanti a difesa dei
lavoratori più fragili: basta con le false partite Iva, contratti precari più
costosi per le aziende, spinge verso il canale dell’apprendistato che dovrebbe
evitare l’eterna reiterazione dei contrattini a progetto.
Però c’è il
contesto: la riforma delle pensioni condanna le imprese a tenere i lavoratori
anziani, demotivati e poco produttivi, fino a 67 anni. Facilitando i licenziamenti
economici si fornisce l’incentivo a liberarsene per sostituirli
con altri, più
giovani e più economici. I cinquantenni di oggi rischiano quindi di trovarsi
senza lavoro, senza pensione e con pochi ammortizzatori sociali, “esodati”,
come quelli (oltre 200 mila) travolti dalla riforma Fornero per aiutare i quali
il governo non riesce a trovare le risorse. D’accordo, i cinquantenni di oggi
hanno avuto una vita più facile di quella dei loro figli. Ma sostituire
un’emergenza sociale con un’altra non sarebbe un gran risultato. Poi c’è la
politica. La prova di forza di Monti, con la Cgil pronta allo sciopero
generale, serve a compattare la maggioranza al centro, come auspica Napolitano?
Per ora l’unico risultato è che l’asse Pdl-Udc è più forte, ma il Pd è
traumatizzato, umiliato. A forza di isolare gli estremi il governo rischia di
trovarsi con una base risicata. E forse a quel punto anche Monti dovrà
chiedersi: ne valeva la pena?
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