venerdì 23 marzo 2012

Il metodo Mondi per una “non riforma” del lavoro: un po’ di riordino e licenziamenti facili


Monti è un’aziendalista. Il suo metodo di conduzione del governo è questo. I sindacati, i partiti, faranno bene a mutare geneticamente quanto prima, perché se lo Stato italiano non è un consiglio di amministrazione non è  neppure pensabile gestire la cosa pubblica senza organizzazione, metodo. E non esiste organizzazione se non si definiscono: temi, funzioni di pertinenza, scadenze.
Nelle aziende dove si lavora a progetti le scadenze sono un must. E devono essere rispettate.
La riforma del lavoro è un progetto. Come tale chiedeva che fossero definiti i temi, le parti al tavolo, le scadenze.
Ovviamente, la metologia è il contrario della rigidità ma anche della contrattazione infinita che partorisce pastrocchi.
Questo è ciò che devono digerire sindacati e partiti politici.
Per quanto mi riguarda, sarà perché sono abituata a impostazioni aziendaliste – criticabili ma anche inevitabili per raggiungere obiettivi - non ho da eccepire sul metodo Monti.

Ovviamente, la metodologia è cosa buona giusta. Ma ci sono i contenuti.
Senza metodo, i contenuti si perdono. Senza contenuti, la metodologia serve a un organo sessuale maschile.
E sui i contenuti, Monti ha fallito. Anche lui come Berlusconi spaccia bufale. Persone diverse, con motivi diversi arrivano al medesimo risultato: il nulla.

Il progetto riforma del lavoro presentato da Monti è Fornero non è una riforma strutturale. Non contiene – non dico norme, ma criteri – che possano costituire la base di sviluppo dell’economia.  
Si tratta esclusivamente di un riordino. Di sistemare i danni prodotti dalla legge Biagi. Le norme proposte per il precariato, per le partite IVA, ecc. non sono che questo. E non creeranno un posto di lavoro. Perché se alle imprese costerà di più assumere un giovane anziché, come ora, prenderlo a poco prezzo con lo stage, ci rinuncerà.
Con ciò, queste norme della “riforma Monti” restituiscono giustizia a certi precariato, ai giovani utilizzati per svolgere lo stesso compito di lavoratori a tempo indeterminato e presi con partita IVA per non pagare malattie e ferie.  

Quanto all’articolo 18. C’è un detto che dice: lascia stare il can che dorme. Ma il metologico Monti ha la “passione” per i mercati, in particolare per i principali ‘attori’ (parola che Monti conosce perché è una delle storture lessicali dei laureati in ingegneria gestionale): gli investitori esteri.
E’ poiché tutto ciò che fa Monti – con il supporto del suo sponsor Napolitano – è per i mercati: ha svegliato il can che dorme: l’articolo 18.
Che  non disturbava gli imprenditori italiani. Con l’eccezione di Marchionne. Che però è più canadese che italiano.
La modifica apportata dal metodologico Monti è semplicemente ingiusta in un paese privo – anche a livello di imprese – di coscienza collettiva, di controlli, di sanzioni.

Posto che, le imprese dovrebbero avere strumenti e capacità per contrastare le crisi nei vari cicli produttivi, qualora per incapacità o contingenze esterne, si trovino a dover ridimensionare, i licenziamenti – come è sempre avvenuto – arrivano. I lavoratori licenziati devono però usufruire di adeguate coperture con ammortizzatori sociali e indirizzati a corsi di formazione per essere riconvertiti. Ma la formazione – reale, seria – non è certo qualcosa su cui imprese e Stato investono. E’ un’altra presa per il culo.
Comunque sia, oggettivamente, di fronte ad accertate e condivise crisi aziendali, si licenzia.
E’ sempre successo. Non si capisce quindi a che pro modificare l’art. 18.

Il pro è presto detto. E’ tutto a beneficio della facilitazione al lincenziamento che prescinde da criteri oggettivi. Voglio licenziare perché riduco i costi del personale e nel contempo scarico il lavoro delle risorse di cui mi privo su quelli che rimangono. Lo posso fare con il nuovo articolo 18 perché nessun giudice potrà disporre il reintegro del lavoratore licenziato. Voglio licenziare perché al posto di quel lavoratore che butto fuori prendo uno in nero o in “bianco” che accetta le mie condizioni (maggiore produttività, mobbing). Lo posso fare perché con il nuovo articolo 18 nessun giudice potrà disporre il reintegro del lavoratore licenziato.

Il nuovo articolo 18 lede i diritti dei lavoratori. E’ una norma ingiusta che consentirà a certi “imprenditori” una maggiore “flessibilità” nella gestione del personale. Non solo licenziamenti, ma anche mobbing, conzidionamenti ai quali i lavoratori di dovranno piegare perché il rischio è di vedersi buttar fuori. Fuori c’è altra gente che ha bisogno di un posto di lavoro. Ci sono le condizioni teoriche per ricattare, per creare altra disoccupazione, per aumentare il lavoro nero.
Queste condizioni, da teoriche diventeranno pratiche perché il nuovo articolo 18 non prevede il reintegro. Non solo: i lavoratori licenziati dovranno evitare di fare causa. La perderebbero comunque. Non sarebbero in  saranno in grado di dimostrare che il licenziamento non è oggettivo ma soggettivo.  E se anche ci riuscissero, il giudice non potrà disporne il reintegro in azienda.

Il “protettore” di Monti: Giorgio Napolitano, se li ricorda i primo quattro articoli della Costitutuzione Italiana?
Se li rilegga. E con lui, Monti e Fornero. E i servi di Berlusconi. Talmente coglioni da non sapere che molti di coloro che hanno sempre votato per il centro destra sono contrari alle modifiche all’art. 18.
Ovviamente, nel caso non fossi stata chiara, in questo post ho scritto “lavoratori”. Non assenteisti. Non  sabotatori. Non ricattatori delle aziende.

Costituzione Italiana

Art. 1
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.

Art. 2
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

Art. 3
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Art. 4
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

Nessun commento:

Posta un commento