Pur non essendo refrattaria,
tutt’altro, alle novità dei cosiddetti tempi moderni, ho avuto dall’inizio una
certa “allergia” per Facebook e, soprattutto, non tollero di essere “pedinata”
nel web.
E’ una questione
di scelta. Se uno vuole trovare un punto d’incontro in un social network,
padrone di farlo.
Se uno vuole
essere “tracciato” per finalità che non decide ma che subisce, che in parte è
dichiarata ma anche no, faccia pure.
Avevo scelto, anni
fa, di provare con Twitter. Quando non era di “tendenza”. Purtroppo, è
diventato da qualche mese ancora più frequentato e modaiolo di Facebook. Ovviamente, nessuno mi obbliga a “cinguettare”
come nessuno è obbligato a presenziare e dialogare costantemente in Facebook.
L’aspetto positivo
e vincente dei social network è che costituiscono un punto unico di accesso e
ritrovo.
Sono
sostanzialmente una chat evoluta. Nulla di più. Diversamente dai forum e dalle
chat possono essere monotematici ma anche generalisti. Ecco perché sono più
funzionali e hanno una diffusione più ampia degli antesignani forum e chat. Personalmente,
ho deciso di mantenere comunque aperto un blog perché consente alcune modalità
di proposta e interazione che preferisco ai Social Network e perché, non realizzando
guadagni, non ho l’esigenza di “sgomitare” per allargare la visibilità a un
certo tipo d’internauti.
I blog consentono di
essere sintetici o logorroici. Alcuni concetti si possono esprimere in 240
caratteri ma altri richiedono un’esternazione più articolata.
Qualche mese fa ho
deciso - per effetto della chiusura forzata e non voluta della piattaforma
Splinder – di spostare il blog sulla piattaforma di Google dopo aver verificato
per più giorni che fosse veloce, funzionale all’uso. Ovviamente, anche Blogger
presenta qualche difetto e imperfezione che nel tempo potrebbe essere sistemata
dai gestori della piattaforma.
Recentemente,
Google ha introdotto nuove regole della privacy che hanno suscitato proteste e
opposizioni anche in sede europea. La scelta di Google è per un verso logica,
per un’altra una sorta di “incanalamento” che mi lascia perplessa. Oltre alle
novità sulla privacy ho trovato questo “Google +” di cui parla (post sotto) un
ex dipendente della società di Mountain View. Ho intuito immediatamente che
fosse la scopiazzatura di Facebook.
Gli ho dato un’occhiata
ma non mi ha preso. Mi sono quasi dimenticata della sua esistenza.
“G +” non mi
attira esattamente come m’interessa stare in Facebook o “cinguettare” in
Twitter.
Il motivo per il quale sono registrata in Twitter è perché lo trovo
rapido e funzionale per eventuali interessi momentanei. Segui e smetti di
seguire in pochi secondi.
Nell’articolo che
ho riportato nel post precedente, l’ex dipendente di Google sostiene che “G +”
i praticamente ignorato. Il che mi pare esatto. Del resto, Google è arrivata
tardi.
Perché ormai il
mercato è saturo con Facebook e Twitter. Ripetere funzionalità e modalità giù
in uso con successo è fuori tempo massimo. Non serve e si ottiene anche l’effetto
di trascurare altri “pezzi” della piattaforma Google.
Tra l’altro, se
devo fare un confronto solo funzionale tra Twitter e Google + non c’è storia. Più
lineare l’”uccellino”. E per me che la priorità numero uno è il tempo, Twitter
batte G +.
Da parecchi anni
ho un blog, frequento giornalmente internet. Ciò che conta per me, dall’inizio
a oggi, è innanzitutto l’autentica libertà nello stare nel web.
Se voglio farti
sapere cosa guardo, quante volte, ecc..lo devo decidere io. Nessuno mi deve “pedinare”.
Google, in realtà, consente la non tracciabilità. Peccato che le modalità per
essere esclusi dal “pedinamento” non siano diffuse.
Solo qualche sito
informatico ha fornito delle informazioni: (http://taccuinodiunamarziana.blogspot.com/2012/03/nuove-regole-privacy-google-come.html).
E’ nell’interesse
di Google evitare che gli internauti si sottraggono al pedinamento. Più sanno
di noi, più pubblicità mirata acquisiscono.
E’ la logica del
capitalismo, del mercato. Quella per la quale siamo consumatori e non persone. E’
la stessa logica della tv commerciale. Quella di Mediaset e del presidente Confalonieri che se la prende con Google ora che l’azienda di Cologno Monzese - grazie
all’incapacità d’innovazione e di proposta televisiva di qualità - vede ridursi
gli utili. Una logica di mercato che a Mediaset va bene quando Berlusconi è
al governo, che critica quando sono gli altri ad applicarla con risultati
commerciali migliori perché sanno usare e sfruttare, diciamolo, anche l’”ingenuità”
e/o le “esigenze pilotate” di gran parte dei navigatori del web.
Per concludere. La tecnologia è sicuramente in grado di migliorare prodotti e
servizi che ci sono utili, che ci piacciono. Ma non possiamo credere che tutto
questo sia gratis. C’è un prezzo da pagare. Che non sempre è chiaro, evidente. Come
sempre, dobbiamo cercare la vera informazione, non ciò è spacciato come tale
per attirarci in “luoghi” dove è possibile sapere cosa pensiamo, cosa
cerchiamo, cosa ci piace, cosa non ci interessa. Personalmente, preferisco
rinunciare a un certo tipo di visibilità e, da persona corretta e responsabile,
voglio decidere io se e cosa di me debba essere tracciato o no. La storiella
del web libero non regge più. La libertà non è solo quella di esprimersi nei
blog e/o nei social network. La libertà è quella di potersi muovere nel web
senza che nessuno ci “schedi” per finalità che non decidiamo ma subiamo.
Oggi, può essere
che la “schedatura” giaccia immobile in qualche archivio. Domani, potrà essere estratta,
analizzata per fini che commerciali o di altro tipo. Il problema è che non ce
lo verranno a dire. Ergo: occhi aperti e neuroni in funzione.
Buongiorno Pink,
RispondiEliminaquesto tuo post mi stimola una discussione che mi sta molto a cuore, che forse esula un po' dal cuore della questione da te trattata. In questi ultimi mesi sono sempre più preoccupata dell'escalation dell'utilizzo dei social network come surrogati della vita reale. A me non preoccupa solo il pedimento di google e simili, preoccupa anche la sostituzione della vita reale con quella virtuale. Io sono nella categoria under 30 e sabato sera, per citare un'esperienza diretta, ho assistito a una serata all'insegna dell'incapacità comunitiva dal vivo. Ci si parla solo tramite FB, con iphone alla mano. E ho una tale rabbia per questo stato di cose!! Anche io utilizzo con moderazione Facebook, ma non per questo ho perso il gusto della conversazione dal vivo.
Lo so che dipende dalla volontà di ognuno di noi, non c'è costrizione, ma penso che sia un destino quasi inevitabile. E ho grande tristezza e rabbia!!
Un caro saluto e perdona se sono andata off-topic!!
SER
Ciao Ser…
RispondiEliminanon è necessario attenersi completamente al post..ci mancherebbe!...tu hai giustamente introdotto un aspetto che è comunque collegato e che ha effetti ampi…
È proprio perché ormai gran parte delle persone, maggiormente under 30 ma in buona misura anche delle generazioni successive stanno incollati a smartphone e collegati in facebook o twitter che nasce il “pedinamento”. E’ logico, una grossa parte d’internauti sta lì…lì ci arrivano le aziende, il marketing…le riviste, i politici…ecc…ecc..
E questo è il primo aspetto
L’altro aspetto, di costume, è proprio questo concepire il dialogo solo attraverso questi Social Network.
Non è un fenomeno nuovo. E’ nuovo il punto d’incontro. Ci sono persone che da anni, per anni, si sono concentrate in certi siti, blog, forum, chat. La differenza rispetto a qualche anno fa è che il Social Network raggruppa, concentra, più persone. Ed è quindi più comodo, funzionale che sia usato in un certo modo da chi sa che li può trovare gli utenti che cerca.
Come sempre succede, ci sono persone che confondono fine e mezzo. Smartphone, iPhone, ePad sono strumenti comodi, funzionali…ma vengono usati come una casa permanente..mancano solo i cessi!
Le persone, quindi, non scambiano neppure più una parola al di fuori di questo contesto. Chi usa mezzi pubblici, chi viaggia in treno, coloro che hanno cioè modo di avere del tempo e un modo per usare questi strumenti lo fanno. Solo che lo fanno in modo totale. Non si staccano neppure per un attimo. E facebook e twitter stanno estendendo sempre più i “luoghi”, gli “argomenti” d’incontro.
Io credo che per ogni cosa ci sia una misura, oltre la quale si entra nel patologico. Tra l’altro, se in parte scambiamo “conversazioni” con gente che conosciamo fisicamente, ho l’impressione che la maggior parte dei contatti sia virtuale. Lo era anche quando si stava maggiormente in siti, blog, chat….I rapporti reali, nel bene e nel male, sono altri.
Raramente si riesce tramite un mezzo virtuale a creare rapporti non superficiali. Solo che, a mio parere, è più difficile creare un rapporto meno superficiale in tiwtter dove devi usare non più di 240 caratteri che in un blog dove puoi esprimerti in maniera un po’ più articolata.
Non è possibile creare un rapporto non dico reale, ma meno superficiale e ingannevole, se non hai uno strumento funzionale in tutti i sensi. Funzionale, non perché lo puoi usare mentre stai in treno, seduto al tavolo di un bar…funzionale perché consente un minimo d’interazione con gli altri.
Indietro non si torna. Facebook e Twitter servono al marketing (di vario tipo)…resteranno….in attesa di altre mode che consentiranno ancor più di relazionarsi in maniera virtuale e, nel frattempo, non prestare nessuna attenzione a chi di fianco ti dice: “scusi, posso chiederle un’informazione”
Progresso? A me pare che ci sia qualcosa di barbarico in questo isolamento mascherato da interazione diffusa
E’ comunque un argomento che merita di essere ritrattato….finora non ho avuto modo e tempo di farlo….ieri mi sono decisa di getto a scrivere quel post dopo aver letto l’articolo di Repubblica….
Ci torneremo SER
Grazie…come sempre…mi hai dato modo di affrontare un argomento serio della nostra vita
Buon fine settimana…a presto!
P.S come vedi…ho usato molto più di 240 caratteri!!...twitter non fa per me!!!