Ultima chiamata al legislatore
Già qualche mese fa
la Cassazione aveva rivolto al Parlamento un monito.
I giudici avevano detto che è indispensabile per il legislatore recepire le
istanze sempre più forti che provengono dalla nostra società e disciplinare gli
effetti giuridici della convivenza non fondata sul matrimonio. Ora i giudici
della suprema Corte sono ancora più chiari e concentrano le loro attenzioni sui
conviventi omosessuali. Il ragionamento è chiaro. La nostra legge non consente
il matrimonio fra persone dello stesso sesso e, per questa ragione, non è
ammissibile la trascrizione in Italia dei matrimoni celebrati all'estero fra
omosessuali. Ma questa è solo la premessa per un discorso più ampio: proprio perché gli omosessuali sono esclusi
dal matrimonio, è indispensabile che lo
Stato predisponga un diverso istituto giuridico che consenta alle persone dello stesso sesso di
costituirsi come famiglia, e quindi di godere
di una disciplina giuridica assimilabile a quella di cui godono i coniugi. La conclusione che si profila al
termine di questo percorso è evidente: se il legislatore continuerà a rimanere
inerte, non potrà che essere sollevata una questione di incostituzionalità
delle norme che non riconoscono diritti alle famiglie omosessuali.
Una coincidenza ha voluto che la sentenza della Cassazione sia stata depositata solo pochi giorni dopo una mozione del Parlamento europeo con un contenuto sostanzialmente identico: gli Stati non possono discriminare le
Due voci molto autorevoli indicano dunque al nostro Parlamento una strada che rappresenta una eccellente mediazione fra chi pretende che sia introdotto nel nostro sistema giuridico il matrimonio omosessuale e chi considera questo progetto una bizzarria da cui rimanere lontani. Non si utilizzi la parola matrimonio, ma si riconoscano comunque ai conviventi omosessuali i diritti riconosciuti ai coniugi. È la stessa strada che ha percorso già dal 2001 il legislatore tedesco. In Germania è stato infatti riconosciuto l'istituto della convivenza omosessuale e si è posto così fine ad un dibattito che in Italia da anni si arena di fronte ad una sterile contrapposizione ideologica.
Carlo Rimini
* Ordinario di diritto privato nell'Università di
Milano
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