A Cl Formigoni non piace più
La bufera in Lombardia allontana il governatore e il
movimento.
I guai della
giunta lombarda non si placano. E travolgono, indirettamente, anche il
presidente Roberto Formigoni. Tanto che pare che anche una parte dello zoccolo
duro dei suoi sostenitori di Comunione e Liberazione stia meditando di
scaricare l'uomo che finora ha rappresentato un saldo punto di riferimento e
non solo in Lombardia.
LA PRESA DI
DISTANZE DI SCOLA. Già dall'inizio dell'anno i giornali si sono sbizzarriti nel
disegnare fratture e distanze tra il Celeste - come viene chiamato Formigoni -
e il movimento di don Giussani, specialmente dopo la presa di distanze
dell'arcivescovo di Milano Angelo Scola, grande rappresentante ecclesiastico di
Cl. «Con Formigoni non c'entro nulla», aveva messo in chiaro il cardinale
solo il 28 gennaio scorso, «negli ultimi 20 anni ci siamo visti sì e no una
volta a Natale».
LA TEMPESTA
GIUDIZIARIA. «Il porporato ha scaricato il governatore», avevano subito
sottolineato le malelingue. Tutto a causa della valanga giudiziaria che ha
investito e continua a investire la Regione e il suo “parlamentino”, il
Consiglio, dove la quota degli indagati - dopo il caso Boni - è ormai salita a
10 membri su 80.
Il pidiellino Abelli sorpassato al congresso da An
Comunione e
Liberazione però è una realtà difficile da sondare per chi non ne fa parte.
Formigoni in questi anni
ne è stato la vera e propria punta di diamante, leader di una delle prime regioni italiane, sempre tra i primi nomi spesi per un'eventuale promozione a Roma come ministro se non addirittura come pretendente alla leadership del centrodestra insieme con Angelino Alfano.
ne è stato la vera e propria punta di diamante, leader di una delle prime regioni italiane, sempre tra i primi nomi spesi per un'eventuale promozione a Roma come ministro se non addirittura come pretendente alla leadership del centrodestra insieme con Angelino Alfano.
LEADER DI CL IN
CRISI. L'incrinarsi della sua immagine rischia ora di lasciare Cl priva di una
delle sue massime figure di riferimento, proprio in un periodo in cui anche gli
altri leader del movimento attraversano un periodo di difficoltà.
PAVIA, LA DÉBACLE DEL «FARAONE». È il caso, per esempio, di Giancarlo Abelli che a Pavia un mese fa ha perso inaspettatamente la battaglia per la segreteria provinciale della città: il suo candidato, Marco Bellaviti, è stato superato di poche centinaia di voti dal candidato di An, Carlo Nola. Uno schiaffo che ha fatto gridare a vere e proprie «Idi di marzo» contro l'uomo che fino a poco tempo fa veniva definito, nel Pavese, «il Faraone».
IL TRADIMENTO DEI FEDELISSIMI. Ciellino rigoroso, amico di Formigoni (anche se talvolta lo si è descritto in antitesi al presidente) di cui è anche stato in passato assessore alla Sanità, ex coordinatore e plenipotenziario di Forza Italia in Lombardia, Abelli è stato sconfitto in casa sembra proprio per una divisione tra i suoi fedelissimi, i pidiellini di Cl. Che, secondo le ricostruzioni, non avrebbero votato in modo uniforme ma si sarebbero mossi in parte per Bellaviti e in parte per Nola. «Lo conferma lo scarto di pochi punti percentuali», ha spiegato un politico locale a Lettera43.it. «Non c'erano due schieramenti compatti. E si è verificata un'imprevista fuga di voti proprio nel bacino che avrebbe dovuto in teoria garantire la vittoria ad Abelli».
PAVIA, LA DÉBACLE DEL «FARAONE». È il caso, per esempio, di Giancarlo Abelli che a Pavia un mese fa ha perso inaspettatamente la battaglia per la segreteria provinciale della città: il suo candidato, Marco Bellaviti, è stato superato di poche centinaia di voti dal candidato di An, Carlo Nola. Uno schiaffo che ha fatto gridare a vere e proprie «Idi di marzo» contro l'uomo che fino a poco tempo fa veniva definito, nel Pavese, «il Faraone».
IL TRADIMENTO DEI FEDELISSIMI. Ciellino rigoroso, amico di Formigoni (anche se talvolta lo si è descritto in antitesi al presidente) di cui è anche stato in passato assessore alla Sanità, ex coordinatore e plenipotenziario di Forza Italia in Lombardia, Abelli è stato sconfitto in casa sembra proprio per una divisione tra i suoi fedelissimi, i pidiellini di Cl. Che, secondo le ricostruzioni, non avrebbero votato in modo uniforme ma si sarebbero mossi in parte per Bellaviti e in parte per Nola. «Lo conferma lo scarto di pochi punti percentuali», ha spiegato un politico locale a Lettera43.it. «Non c'erano due schieramenti compatti. E si è verificata un'imprevista fuga di voti proprio nel bacino che avrebbe dovuto in teoria garantire la vittoria ad Abelli».
Lupi, ex anello di
congiunzione col Cav, perde terreno
Anche per Maurizio
Lupi, altro ciellino di origini lombarde, e dato come possibile erede politico
di Formigoni, i tempi non sono propizi: pur mantenendo la sua carica di
vicepresidente della Camera, le sue quotazioni sono in discesa.
MAURIZIO, IL MEDIATORE. Per Cl Lupi ha sempre rappresentato il principale punto di contatto con Silvio Berlusconi, bilanciando i rapporti cordiali ma freddi che il Cavaliere aveva con Formigoni.
MAURIZIO, IL MEDIATORE. Per Cl Lupi ha sempre rappresentato il principale punto di contatto con Silvio Berlusconi, bilanciando i rapporti cordiali ma freddi che il Cavaliere aveva con Formigoni.
Con la caduta del
precedente governo e il passo indietro del Cavaliere in favore di Angelino
Alfano, però, anche il peso specifico di Lupi è stato ridimensionato.
I CASI DI
BRAMBILLA E DACCÒ. Il tutto senza contare anche l'impasse in cui si sono
trovate altre figure minori, appartenenti o vicine a Cl, come l'ex
vicepresidente della Provincia di Monza Antonino Brambilla arrestato insieme
con Massimo Ponzoni per il crac della società Pellicano, o il faccendiere Piero
Daccò arrestato per bancarotta nell'inchiesta sull'ospedale San Raffaele.
«Il movimento si
stacchi dalla politica»
Travolto sul piano
politico dalla bufera che si è scatenata in questi mesi in Regione, il Celeste
mantiene saldo, almeno per ora, il timone di Cl.
Tanto che è già
cominiciato il balletto delle previsioni per il futuro. All'interno del
movimento c'è chi giura che Formigoni sia impegnatissimo a progettare un cambio
di rotta, per staccare il Pdl e i suoi uomini dal passato e, in particolare,
dalla politica berlusconiana che ha condizionato gli ultimi 15 anni dell'impero
lombardo.
LA «COMPOSTEZZA»
DEL GOVERNATORE. «Oggi tutti attaccano Formigoni, chiedono che si dimetta», ha
spiegato un esponente di Cl a Lettera43.it, «ma nessuno fa notare che
nonostante il pressing della procura, né dal presidente né dalla giunta è mai
emerso un solo attacco ai giudici. Non si parla di persecuzione, non si parla
nemmeno di giustizia a orologeria nonostante le amministrative imminenti. Sono
arrivati solo inviti a rispettare la presunzione di innocenza e il lavoro dei
magistrati. Una compostezza che fino a qualche mese fa sembrava impossibile
nella politica italiana».
«CL DEVE STACCARSI
DALLA POLITICA». Ma c'è anche chi è meno ottimista e scommette che tra il
governatore e il suo movimento i rapporti siano destinati a spezzarsi. La
rivista di area cattolica Il Margine, rievocando la frattura
nell'associazionismo cattolico del 1971 che portò alla nascita del movimento di
don Giussani, scriveva sul numero di febbraio: «Sia Angelo Scola sia Julian
Carròn (il successore di don Giussani alla guida di Cl, ndr) spingono per un
chiaro riposizionamento del movimento. Cl è educazione che non deve essere
mischiata con la politica. Cl riuscirà a staccarsi di nuovo da Cl? Forse sì,
forse no. Questa volta la metastasi è molto più estesa di 20 anni fa e minaccia
l’intero organismo. L’esito felice non è per nulla garantito».
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