Amnesty: aumentano le torture e i maltrattamenti ai
detenuti
Secondo l'organizzazione per i diritti umani
l'ampiezza delle violenze ha raggiunto livelli che non si vedevano da anni. "Volevo
morire" racconta 31 metodi di sevizie subite dai siriani durante le
repressioni di massa contro il governo del presidente Bashar al-Assad
di Alessia Perreca
Storie diverse,
racconti agghiaccianti. C'è quella di un ex detenuto che dice di aver più volte
considerato l'idea di suicidarsi piuttosto che di ritrovarsi nelle mani delle
forze di sicurezza siriane ed essere oggetto di soprusi e continue torture.
Storie di donne, uomini, ma anche bambini picchiati, maltratti e sottoposti ad
angherie non solamente tra le quattro mura di una cella, ma anche durante il
trasporto nei centri di detenzione.
Un nuovo rapporto diffuso da Amnesty International 1 denuncia l'incubo delle torture sistematiche vissute dalle persone vittime degli arresti di massa nel corso della rivolta siriana. E secondo l'organizzazione per i diritti umani, l'ampiezza delle violenze ha raggiunto un livello che non si vedeva da anni e che fa riemergere il periodo nero degli Settanta e Ottanta.
Un nuovo rapporto diffuso da Amnesty International 1 denuncia l'incubo delle torture sistematiche vissute dalle persone vittime degli arresti di massa nel corso della rivolta siriana. E secondo l'organizzazione per i diritti umani, l'ampiezza delle violenze ha raggiunto un livello che non si vedeva da anni e che fa riemergere il periodo nero degli Settanta e Ottanta.
I 31 modi per torturare. Il rapporto di Amnesty dal titolo "Volevo morire" e rilasciato un giorno prima dell'anniversario dell'inizio delle repressioni di massa nel paese contro il governo del presidente Bashar al-Assad, documenta 31 metodi di tortura e maltrattamenti praticati dalle forze di sicurezza e dalle "Shabiha", le bande armate filo-governative. Modalità descritte dai testimoni e vittime incontrati dall'organizzazione in Giordania,
Oltre la metà dei
casi riguarda la provincia di Dera, dove vennero uccisi i primi manifestanti
nel marzo 2011. Gli altri casi sono relativi alle provincie di Damasco, Rif
Dimashq, Hama, Homs, Latakia, al-Suwayda e Tartus.
Il blocco di Russia e Cina. Le azioni delle forze di sicurezza siriane sono state ampiamente condannate da molti membri della comunità internazionale, ma a nulla sono valse per arginare l'ondata di proteste. Dal 4 Febbraio scorso in una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si esprimeva una grave "preoccupazione per il deterioramento della situazione in Siria" e si chiedeva di cessare ogni forma di violenza. E anche Amnesty ha ripetutamente chiesto che la situazione della Siria venisse deferita al procuratore della Corte penale internazionale, ma fattori politici hanno finora impedito che ciò accadesse. La Russia e la Cina hanno bloccato due volte le proposte di risoluzione del Consiglio di sicurezza che neanche facevano riferimento alla Corte. I numeri parlano chiaro: sono 2.493 civili e 1.345 i membri delle forze dell'ordine uccisi dall'inizio dei disordini. Solo 632 ad Homs, terza città della Siria.
Il blocco di Russia e Cina. Le azioni delle forze di sicurezza siriane sono state ampiamente condannate da molti membri della comunità internazionale, ma a nulla sono valse per arginare l'ondata di proteste. Dal 4 Febbraio scorso in una bozza di risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite si esprimeva una grave "preoccupazione per il deterioramento della situazione in Siria" e si chiedeva di cessare ogni forma di violenza. E anche Amnesty ha ripetutamente chiesto che la situazione della Siria venisse deferita al procuratore della Corte penale internazionale, ma fattori politici hanno finora impedito che ciò accadesse. La Russia e la Cina hanno bloccato due volte le proposte di risoluzione del Consiglio di sicurezza che neanche facevano riferimento alla Corte. I numeri parlano chiaro: sono 2.493 civili e 1.345 i membri delle forze dell'ordine uccisi dall'inizio dei disordini. Solo 632 ad Homs, terza città della Siria.
Lo scopo delle sevizie. Le torture - sostiene Amnesty - sembrano destinate a punire, ad intimidire, a "confessare" e forse ad inviare un avvertimento. In quasi tutti i casi i detenuti sono tenuti in prigionie segrete, spesso per lunghi periodi, senza che le famiglie potessero avere accesso. In decine di casi le vittime hanno dichiarato di essere state picchiate al momento dell'arresto: al pestaggio è proseguito "l'Haflet al-Istiqbal ("festa di benvenuto")", all'arrivo nel centro di detenzione, con pugni e percosse con bastoni, calci dei fucili, fruste e cavi di corda intrecciata. I nuovi "arrivati" venivano solitamente lasciati in mutande ed esposti anche per 24 ore alle intemperie nel cortile del carcere.
I momenti peggiori. Il momento di maggior pericolo era tuttavia quello dell'interrogatorio: parecchi sopravvissuti alla tortura hanno descritto ad Amnesty la tecnica del "Dulab ("pneumatico")": il detenuto veniva infilato dentro a uno pneumatico da camion, spesso sospeso da terra, e picchiato, anche con cavi e bastoni. Oppure attraverso la tecnica dello "Shabeh": il detenuto era appeso a un gancio in modo tale che le dita dei piedi toccassero a malapena il pavimento. Tra le altre forme di sospensione c'era anche quella della crocifissione.
Costretti ad assistere agli stupri. E poi ancora altri metodi come le scosse elettriche, le bruciature di sigaretta fino allo stupro. Nel corso dell'ultimo anno paiono essere diventate più comuni anche le torture basate sulla violenza sessuale. Tareq ha riferito ad Amnesty International che, nel luglio 2011, mentre era detenuto nella sede dei servizi segreti militari di Kafr Sousseh, a Damasco, è stato costretto ad assistere allo stupro di un altro prigioniero, Khalid. Molti degli intervistati in Giordania hanno detto che era abbastanza comune ricevere colpi nella regione genitale con i manganelli. Un uomo ha mostrato lesioni alla gamba e alla caviglia che ha detto sono stati causati da una pinza.
Crimini contro l'umanità. Per Amnesty International, le testimonianze dei sopravvissuti costituiscono un'ulteriore prova dei crimini contro l'umanità commessi in Siria. E non essendo riuscito il tentativo di coinvolgere la Corte, l'organizzazione ha chiesto al Consiglio Onu dei diritti umani di prorogare il mandato della Commissione d'inchiesta delle Nazioni Unite sulla Siria e rafforzare la sua capacità di effettuare monitoraggio, documentare e denunciare in vista della possibile incriminazione dei responsabili di crimini di diritto internazionale e altre gravi violazioni dei diritti umani.
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