mercoledì 9 ottobre 2013

Serie tv americane, Scandal: Kerry Washington

da: la Repubblica

Kerry  Washington: "Combatto le ingiustizie, la fiction spiega la politica più dei talk show"
È l'attrice afroamericana più in vista del momento dopo la sua partecipazione a "Django unchained" di Tarantino e soprattutto dopo l'interpretazione della protagonista del serial tv "Scandal", arrivato alla terza stagione
di Silvia Bizio


Da schiava in Django Unchained ad abile e raffinata avvocatessa nella serie tv Scandal. L’attrice Kerry Washington è in cima al mondo: ciliegina sulla torta l’elezione a donna più elegante del mondo da parte della rivista “People”. Nel serial la Washington interpreta Olivia Pope, ex collaboratrice del presidente degli Stati Uniti Fitzgerald Grant (l’attore è Tony Goldwin) del quale è innamorata - e segretamente ricambiata. Il guaio è che il presidente, un repubblicano bacchettone, è sposato. La Pope lavora come consulente specializzata in crisi della Casa Bianca, un personaggio ispirato a Judy Smith, collaboratrice della serie creata da Shonda Rhimes (già autrice
del popolare Grey’s Anatomy). Questo lo sfondo dell’intrigante soap-opera ambientata nella capitale Usa, in cui manipolazione, bugia e cospirazione sono il pane quotidiano.

Ne abbiamo parlato sul set a Los Angeles con Kerry Washington, nata a New York, nel Bronx, nel 1977, in occasione del lancio della terza stagione di Scandal, un successo sul network Abc e in Italia su Fox.

Non esce molto bene il mondo politico da questa serie: non c’è un personaggio positivo.
«Esatto, ed è proprio per questo che trovo sia una storia molto originale e onesta al tempo stesso. Il presidente ha fatto fuori un giudice della Corte Suprema, il suo capo di gabinetto Cyrus è il mandante di un assassinio, e perfino l’hacker Huck, il collaboratore di Olivia che tutti adorano, anche il pubblico, si è sporcato le mani. Questa serie davvero fa uscire fuori di testa. Ma la vita è complicata, snervante, e questi personaggi riflettono la realtà. Si scopre che persino il padre di Olivia ha tramato contro di lei. Come in tutti i melodrammi spunta la classica dinamica patologica tra padri e figli. Anche qui c'è un po’ di Macbeth e un po’ di Riccardo III. Gira e rigira, si torna sempre a Shakespeare ».

Ma situazioni e personaggi hanno a qualcosa a che vedere con la realtà vera di Washington?
«Quando mi è stato detto che il presidente di questa fiction sarebbe stato un bianco repubblicano, mi sono detta: ok, posso considerare la possibilità che stiamo tutti vivendo in un universo parallelo. Ma un universo anche più cinico. Nella seconda stagione Olivia fa parte del comitato presidenziale per le Arti. E ci tenevo che le azioni del mio personaggio, non certo positive, non fossero interpretate come un commento all’attuale stato della politica».

La sua Olivia Pope è una donna molto forte e insieme vulnerabile.
«Mettere in scena questa contraddizione è stata una delle grandi sfide della mia carriera di attrice. È divertentissimo essere sia una che l’altra».

Secondo lei il cinema e la tv sono in grado di dare spunti per il dibattito politico?
«Sempre. Per esempio credo che Django unchained abbia parlato della tragedia della schiavitù con una sincerità e un’immediatezza mai trovata nei libri, per non parlare della violenza dei neri sui neri. E in televisione basta pensare a serie come House of Cards, anch’essa ambientata nel sottobosco politico di Washington D.C., o a The Newsroom, che mette in scena la redazione di un notiziario televisivo. Secondo me la fiction parla di politica molto meglio di tanta informazione e dei talk-show televisivi. La realtà politica e sociale può essere analizzata e interpretata nel modo migliore dalla narrativa, come faceva Balzac al tempo dei feuilleton».

Lei non ha mai nascosto una grande passione per la politica, ha anche fatto campagna per Obama. Da dove nasce questa inclinazione?
«Ho lavorato tantissimo a Washington, dove ho frequentato l’università e ho scoperto un mondo, quello della politica, che mi ha affascinato moltissimo. Ho parlato con presidenti e vice presidenti, con rappresentanti della maggioranza e della minoranza. E ho paragonato quelle esperienze a quelle che avevo vissuto quando avevo 12 anni e sono andata in una scuola di una zona ricca di Manhattan. Io venivo dal Bronx, e passavo da un ambiente piccolo borghese, in cui ero la ragazzina più ricca della scuola perché in famiglia avevamo due macchine e il forno a microonde, a un posto in cui i miei compagni di scuola avevano l’eliporto nella loro casa al mare agli Hamptons. E ho cominciato ad essere affascinata dal modo in cui la cultura di un certo mondo si esprime nell’apparenza. È stata la mia introduzione alla politica».

Dopo tutto l’impegno che ha messo nella campagna per Obama, è soddisfatta dei risultati?
«Sì, abbiamo molte cose di cui essere fieri, soprattutto per l’Obamacare, l’assistenza sanitaria pubblica. Penso che Obama -  e la first lady Michelle - abbiano fatto un ottimo lavoro. Continuo ad essere molto attiva nel partito democratico».

Lavorerà anche per il prossimo candidato democratico?
«Dipende dal candidato. Ma ho chiaramente detto a entrambi i Clinton che se Hillary si presenta può contare su di me».

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