da: la Repubblica
Kerry Washington: "Combatto le ingiustizie, la
fiction spiega la politica più dei talk show"
È
l'attrice afroamericana più in vista del momento dopo la sua partecipazione a
"Django unchained" di Tarantino e soprattutto dopo l'interpretazione
della protagonista del serial tv "Scandal", arrivato alla terza
stagione
di
Silvia Bizio
Da schiava
in Django Unchained ad abile e raffinata avvocatessa nella serie tv Scandal. L’attrice Kerry Washington è
in cima al mondo: ciliegina sulla torta l’elezione a donna più elegante del mondo da parte della rivista “People”. Nel serial la Washington
interpreta Olivia Pope, ex collaboratrice del presidente degli
Stati Uniti Fitzgerald Grant (l’attore è Tony Goldwin) del quale è
innamorata - e segretamente ricambiata. Il guaio è che il presidente, un
repubblicano bacchettone, è sposato. La Pope lavora come consulente
specializzata in crisi della Casa Bianca, un personaggio ispirato a Judy Smith, collaboratrice della serie
creata da Shonda Rhimes (già autrice
del popolare Grey’s Anatomy). Questo lo sfondo dell’intrigante soap-opera
ambientata nella capitale Usa, in cui manipolazione, bugia e cospirazione sono
il pane quotidiano.
Ne abbiamo parlato sul set a Los Angeles
con Kerry Washington, nata a New York, nel Bronx, nel 1977, in occasione del
lancio della terza stagione di Scandal, un successo sul network Abc e in Italia
su Fox.
Non
esce molto bene il mondo politico da questa serie: non c’è un personaggio
positivo.
«Esatto, ed è proprio per questo che trovo
sia una storia molto originale e onesta al tempo stesso. Il presidente ha fatto
fuori un giudice della Corte Suprema, il suo capo di gabinetto Cyrus è il
mandante di un assassinio, e perfino l’hacker Huck, il collaboratore di Olivia
che tutti adorano, anche il pubblico, si è sporcato le mani. Questa serie
davvero fa uscire fuori di testa. Ma la vita è complicata, snervante, e questi
personaggi riflettono la realtà. Si scopre che persino il padre di Olivia ha
tramato contro di lei. Come in tutti i melodrammi spunta la classica dinamica
patologica tra padri e figli. Anche qui c'è un po’ di Macbeth e un po’ di
Riccardo III. Gira e rigira, si torna sempre a Shakespeare ».
Ma
situazioni e personaggi hanno a qualcosa a che vedere con la realtà vera di
Washington?
«Quando mi è stato detto che il presidente
di questa fiction sarebbe stato un bianco repubblicano, mi sono detta: ok,
posso considerare la possibilità che stiamo tutti vivendo in un universo
parallelo. Ma un universo anche più cinico. Nella seconda stagione Olivia fa
parte del comitato presidenziale per le Arti. E ci tenevo che le azioni del mio
personaggio, non certo positive, non fossero interpretate come un commento
all’attuale stato della politica».
La
sua Olivia Pope è una donna molto forte e insieme vulnerabile.
«Mettere in scena questa contraddizione è
stata una delle grandi sfide della mia carriera di attrice. È divertentissimo
essere sia una che l’altra».
Secondo
lei il cinema e la tv sono in grado di dare spunti per il dibattito politico?
«Sempre. Per esempio credo che Django
unchained abbia parlato della tragedia della schiavitù con una sincerità e
un’immediatezza mai trovata nei libri, per non parlare della violenza dei neri
sui neri. E in televisione basta pensare a serie come House of Cards, anch’essa
ambientata nel sottobosco politico di Washington D.C., o a The Newsroom, che
mette in scena la redazione di un notiziario televisivo. Secondo me la fiction
parla di politica molto meglio di tanta informazione e dei talk-show
televisivi. La realtà politica e sociale può essere analizzata e interpretata
nel modo migliore dalla narrativa, come faceva Balzac al tempo dei feuilleton».
Lei
non ha mai nascosto una grande passione per la politica, ha anche fatto
campagna per Obama. Da dove nasce questa inclinazione?
«Ho lavorato tantissimo a Washington, dove
ho frequentato l’università e ho scoperto un mondo, quello della politica, che
mi ha affascinato moltissimo. Ho parlato con presidenti e vice presidenti, con
rappresentanti della maggioranza e della minoranza. E ho paragonato quelle
esperienze a quelle che avevo vissuto quando avevo 12 anni e sono andata in una
scuola di una zona ricca di Manhattan. Io venivo dal Bronx, e passavo da un
ambiente piccolo borghese, in cui ero la ragazzina più ricca della scuola
perché in famiglia avevamo due macchine e il forno a microonde, a un posto in
cui i miei compagni di scuola avevano l’eliporto nella loro casa al mare agli
Hamptons. E ho cominciato ad essere affascinata dal modo in cui la cultura di
un certo mondo si esprime nell’apparenza. È stata la mia introduzione alla
politica».
Dopo
tutto l’impegno che ha messo nella campagna per Obama, è soddisfatta dei
risultati?
«Sì, abbiamo molte cose di cui essere
fieri, soprattutto per l’Obamacare, l’assistenza sanitaria pubblica. Penso che
Obama - e la first lady Michelle -
abbiano fatto un ottimo lavoro. Continuo ad essere molto attiva nel partito
democratico».
Lavorerà
anche per il prossimo candidato democratico?
«Dipende dal candidato. Ma ho chiaramente
detto a entrambi i Clinton che se Hillary si presenta può contare su di me».
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