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Lettera 43
Monti cambia pensioni e lavoro, ma non la Rai
ll premier rinnova i vertici, ma non tocca la governance dell'azienda. Che resta nelle mani dei partiti
di Paolo Madron
Modesta
domanda al governo, magari a rischio di risultare irritanti: perché in pochi
mesi si riescono a cambiare (tagliandole) pensioni e mercato del
lavoro, e invece non si riesce a riformare la Rai?
Perché ci
si mette così poco a essere forti con i deboli, a fare strame del loro
portafoglio nonché delle aspettative di vita, e invece su certe questioni che,
con tutto rispetto della televisione pubblica, non toccano gli interessi
collettivi, ci si muove a rilento?
E allora
parliamo di questa Rai, un tema che irrompe nel pubblico dibattito dopo il
perentorio intervento con cui Monti ne ha azzerato i vertici nominando
due outsider, Anna Maria Tarantola e Luigi Gubitosi, rispettivamente presidente
e direttore generale.
DIFFICILE
LA NOMINA DEL PRESIDENTE. Il problema, nella fattispecie,
non sono le persone, ma il metodo. Ovvero: che senso ha agire sulle
linee di comando dell’azienda lasciando intatto il suo meccanismo di
governance? Quale senso la soddisfazione di aver scelto due tecnici
svincolati dall’influenza dei partiti se poi si lascia ai medesimi il governo
dell’azienda.
Toccherà infatti alla Commissione di vigilanza, il parlamentino che governa sui destini della Rai, ratificare a maggioranza qualificata la nomina del nuovo presidente. E, a sentire gli uomori che girano, tutto sarà meno che
una passeggiata.
MONTI
INDICA ANCHE IL DIRETTORE. Toccherà poi al consiglio
d’amministrazione fare altrettanto con quella del direttore generale.
Qui per inciso, come è stato subito notato, il governo ha commesso una invasione
di campo arrogandosi con l’indicazione di Gubitosi una decisione che spetta
invece per legge al consiglio.
C’è da immaginare, ovviamente , lo scatenarsi di veti incrociati, inciuci tra partiti o correnti, nonché il solito globale mercanteggiamento che a viale Mazzini riguarda le poltrone di vertice come gli ultimi strapuntini.
Ma come, si fa in un mese una riforma drastica e dolorosa tagliando le pensioni, ci si sbarazza (anche se con i dovuti distinguo) di un totem inviolabile come l’articolo 18, e sulla Rai si rimanda tutto a tempi migliori?
Migliori per cosa, viene da chiedersi. Per rinviare nelle mani di qualcun altro la patata bollente, o perché la partitocrazia rinunci sua sponte ai suoi famelici intenti spartitori?
C’è da immaginare, ovviamente , lo scatenarsi di veti incrociati, inciuci tra partiti o correnti, nonché il solito globale mercanteggiamento che a viale Mazzini riguarda le poltrone di vertice come gli ultimi strapuntini.
Ma come, si fa in un mese una riforma drastica e dolorosa tagliando le pensioni, ci si sbarazza (anche se con i dovuti distinguo) di un totem inviolabile come l’articolo 18, e sulla Rai si rimanda tutto a tempi migliori?
Migliori per cosa, viene da chiedersi. Per rinviare nelle mani di qualcun altro la patata bollente, o perché la partitocrazia rinunci sua sponte ai suoi famelici intenti spartitori?
MEGLIO
METTERE IN VENDITA LA RAI. Risultato: Tarantola e Gubitosi
arriveranno con le migliori intenzioni, forti del mandato di risanare
un’azienda che, se non si interverrà tempestivamente, potrebbe chiudere l’anno
con quasi 400 milioni di debito. Ma si troveranno il fiato sul collo della
Commissione di vigilanza, ovvero i partiti, e del consiglio d’amministrazione
(ovvero dei rappresentanti in Rai del partiti) che nella migliore delle ipotesi
faranno ostruzione.
Il premier
Monti avrebbe dovuto senza indugio mettere in vendita la Rai, forse
l’unico modo per recidere definitivamente il cordone ombelicale che la lega
alla politica. Non avendolo fatto, doveva almeno introdurre una riforma
della governance che alla politica la rendesse il più possibile
impermeabile.
Invece ha scelto un maquillage di superficie, innestando due facce nuove su un corpo decrepito e maleodorante.
Un altro errore di indecisionismo che gli costerà caro.
Invece ha scelto un maquillage di superficie, innestando due facce nuove su un corpo decrepito e maleodorante.
Un altro errore di indecisionismo che gli costerà caro.
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