da: Il Fatto
Quotidiano
Bertone si appella alla legge italiana ma il Vaticano
non la rispetta
“Meschinità e menzogne”. Il cardinale Tarcisio Bertone tenta di liquidare così le inchieste giornalistiche che negli ultimi mesi hanno portato alla luce vicende che riguardano il Vaticano culminate con l’arresto del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele. Secondo Bertone i giornalisti dovrebbero soppesare “la reale consistenza dei fatti” e smetterla di “imitare Dan Brown” e in Italia “si continua a inventare favole e riproporre leggende”. Perché poi l’articolo 15 della Costituzione italiana non deve essere riconosciuto anche ai cristiani che scrivono al Papa? Sarebbe invece saggio riflettere sul rapporto tra libertà di espressione e “diritto alla privacy”.
In un’ampia intervista a Famiglia Cristiana, il
cardinale Bertone condanna l’immagine di una Chiesa in cui regnano intrighi e
scontri di potere, opposte cordate, cardinali in lotta tra loro e addirittura
implicati nel complotto per “la conquista di un fantomatico potere”. Il Papa,
ricorda, ha parlato di “calunnia”, e “forse occorrerebbe fare una catechesi su
questo vizio, per recuperare il senso della ricerca della verità” e “della
proporzione dei fatti”.
“Ci troviamo in un
momento faticoso e nessuno di noi intende nascondere ombre e difetti della
Chiesa”, ma la Chiesa “è unita attorno al Papa”, e “una roccia che resiste alle burrasche”
e “punto di riferimento per milioni
di persone e istituzioni nel mondo”, e “per questo si cerca di
destabilizzarla”. “Io – spiega – sono al centro della mischia, e vivo queste
vicende con dolore”, visto il “tentativo accanito e ripetuto di separare, di creare divisione tra il Santo Padre
e i suoi collaboratori, e tra gli
stessi collaboratori”: c’è “qualcosa di iniquo” nel voler “colpire coloro che
si dedicano con maggior passione e anche maggior fatica personale al bene della
Chiesa”.
Un invito a non parlare di Chiesa, in
pratica. Con tanto di morale
sull’articolo 15 della Costituzione che garantisce la libertà di segretezza
della corrispondenza, dimenticando ovviamente il diritto di cronaca e di
informazione. “Se chi scrive al Papa vede violato un proprio diritto
costituzionalmente garantito in Italia”, quello alla privacy, argomenta
Bertone, “qualche problema bisogna pur porselo”. O la Costituzione “prevede
cittadini di serie A e di serie B? Si può invece invocare il diritto di
manifestare liberamente il proprio pensierò, previsto dall’articolo 21, per
abbattere un altro articolo della medesima Costituzione? É giusto mobilitare
l’opinione pubblica in difesa della Costituzione soltanto a fasi alterne? ”.
Le “fasi alterne” appaiono però quelle adottate da Bertone e Lombardo nel decidere se tenere conto o meno delle leggi dello Stato italiano. Bertone è stato sin da subito contrario a fornire informazioni alla Banca d’Italia e ai pm italiani sui movimenti dei conti Ior precedenti al 2011, insieme al direttore
generale dello Ior Paolo Cipriani e dai due potenti avvocati del Vaticano,
l’americano Jeffrey Lena e l’italiano dello studio Grande Stevens, Michele
Briamonte. Fu Ettore Gotti Tedeschi a opporsi al segreto voluto da Bertone.
Gotti Tedeschi è stato poi allontanato dallo Ior. Ma non è stata una decisione che va “contro la trasparenza”, dice Bertone nell’intervista a Famiglia
Cristiana, ma è una storia di “deterioramento
di rapporti tra i consiglieri”
della banca vaticana. Certo è che adesso
Bertone, che invoca il rispetto
dell’articolo 15 della Costituzione, potrà collaborare attivamente con i pm.
Sulla mancanza di
trasparenza, del resto, anche Moneyval si appresta a bocciare l’azione del
Vaticano, come scritto da Marco Lillo sul Fatto Quotidiano. Ieri padre Federico
Lombardi ha dovuto precisare che sulla vicenda “la ricostruzione del Fatto non
la si può prendere come oro colato”. (da.ve.)
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