da: La Stampa
Tracce di Stato
Concorso per
avvocato dello Stato, la crema dei burocrati d’alto bordo. Tre posti e mille
candidati. Benché il rapporto fra i due numeri susciti sgomento, è la messa
cantata della meritocrazia. Uno di quei momenti solenni in cui si seleziona la
classe dirigente del futuro. Quand’ecco insinuarsi in aula i primi mormorii:
pare che sui banchi di alcuni candidati (inclusa, sarà una coincidenza, la
figlia di un avvocato dello Stato) siano spuntati dei codici civili commentati.
Vietatissimi dai regolamenti e perciò penetrati serenamente fin lì. Incomincia
a girare voce che abbiano addirittura il timbro della commissione d’esame. In
passato i non raccomandati avrebbero portato ugualmente a termine la prova, con
la rassegnazione di chi sa che in Italia i concorsi sono gare col trucco in cui
chiunque appartenga alla corporazione in esame si ingegna a tirare dentro
parenti e amici sotto l’occhio distratto dei commissari. I più svelti si
sarebbero accordati direttamente con i raccomandati, facendosi comprare il
proprio silenzio con un «aiutino». Ma stavolta i giovani tagliati fuori dai
giochi non si inchinano e non si accordano. Strepitano. E la voce della
commissione viene sepolta dalle tante che urlano e intonano l’inno di Mameli.
Arrivano poliziotti e carabinieri, la prova viene sospesa e l’avvocato generale dal nome spagnoleggiante, Ignazio Francesco Caramazza, parla di «minoranze» e «pretestuose lamentele». Non ha capito che l’aria sta cambiando: se i privilegiati non mutano registro, presto si tramuterà in tempesta contro ogni casta consolidata, finendo per travolgere anche il buono che resta.
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