da: La Stampa
Così gli italiani sono diventati un popolo di fedeli
“fai da te”
Gli atei sono fermi all’8 per cento, ma il 70 va in
chiesa solo per matrimoni e funerali
Il 63,4% del campione si dichiara «spirituale ma non religioso». A messa dichiara di andarci il 30,1%, in realtà ci va soltanto il 18,5 %
Il 63,4% del campione si dichiara «spirituale ma non religioso». A messa dichiara di andarci il 30,1%, in realtà ci va soltanto il 18,5 %
di Andrea Tornielli
La ricerca E’ stata monitorata con analisi e sondaggi un’area della Sicilia considerata rappresentativa del Paese La novità I giovani sono «la prima generazione incredula»: considerano Dio irrilevante in un mondo dominato da lavoro, denaro, affetti.
Gli atei veri e
propri, in Italia, non arrivano all’8 per cento. E più del 70 della popolazione
frequenta la messa soltanto in occasione di matrimoni e funerali e può essere
quindi qualificata come «lontana» dalla Chiesa.
È la via italiana alla secolarizzazione quella che emerge da una ricerca curata dal sociologo Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur, insieme a Pierluigi Zoccatelli, intitolata «Gentili senza cortile. “Atei forti” e “atei deboli” nella Sicilia centrale».
È la via italiana alla secolarizzazione quella che emerge da una ricerca curata dal sociologo Massimo Introvigne, fondatore del Cesnur, insieme a Pierluigi Zoccatelli, intitolata «Gentili senza cortile. “Atei forti” e “atei deboli” nella Sicilia centrale».
Si tratta della
quarta ricerca sull’indifferenza religiosa che il gruppo di lavoro ha prodotto
monitorando con sondaggi e analisi un’area della Sicilia corrispondente alla
diocesi di Piazza Armerina e comprendente città e paesi delle province di Enna
e Caltanissetta. Un territorio variegato di duemila chilometri quadrati, dove
si trovano centri industriali e aree rurali, e che i parametri confermano
essere rappresentativo della realtà italiana.
Il dato più significativo della ricerca riguarda la mancata crescita, negli
ultimi vent’anni, degli atei: sono fermi al 7,4 per cento. Di questi, solo il
2,4 per cento possono essere definiti «atei forti», cioè in grado di motivare
il loro ateismo con ragioni ideologiche: sono più presenti «tra le persone più
anziane e meno istruite, dove sorprendentemente è ancora forte anche un ricordo
dell’ateismo comunista».
Il rimanente 5 per
cento, gli «atei deboli», sono meno ideologici ma considerano comunque Dio e la
religione come irrilevanti in un mondo dove contano il lavoro, il denaro e le
relazioni affettive: sono più numerosi fra i più giovani, in quella che don
Armando Matteo ha chiamato «la prima generazione incredula», e fra le persone
più colte. Se si proietta il numero degli atei sul totale della popolazione
italiana, si può affermare che si tratta di circa tre milioni di persone. Il
loro numero però rimane pressoché costante dal 1990 a oggi.
Oltre agli atei «forti» e «deboli», esistono «i lontani dalle forme istituzionali della religione», che non si proclamano atei, ma si dichiarano credenti o anche cattolici. Sono il 63,4 per cento e si tratta di persone che professano un cattolicesimo meramente culturale, dato per scontato senza porsi ulteriori interrogativi sui contenuti della fede e senza preoccuparsi dell’incoerenza sul piano della pratica.
Questi «lontani»riuniscono le persone che si dichiarano «spirituali ma non religiose», con posizioni influenzate anche da mode culturali come quella del New Age o di filosofie orientali; e quanti «credono, ma non partecipano attivamente alla vita religiosa». Se sommati agli atei veri e propri, arrivano al 70,8 per cento. Esiste dunque una solida maggioranza di italiani che o professano l’ateismo, o sono indifferenti alla religione, o professano una fede fai-da-te mettendo insieme diverse credenze.
Oltre agli atei «forti» e «deboli», esistono «i lontani dalle forme istituzionali della religione», che non si proclamano atei, ma si dichiarano credenti o anche cattolici. Sono il 63,4 per cento e si tratta di persone che professano un cattolicesimo meramente culturale, dato per scontato senza porsi ulteriori interrogativi sui contenuti della fede e senza preoccuparsi dell’incoerenza sul piano della pratica.
Questi «lontani»riuniscono le persone che si dichiarano «spirituali ma non religiose», con posizioni influenzate anche da mode culturali come quella del New Age o di filosofie orientali; e quanti «credono, ma non partecipano attivamente alla vita religiosa». Se sommati agli atei veri e propri, arrivano al 70,8 per cento. Esiste dunque una solida maggioranza di italiani che o professano l’ateismo, o sono indifferenti alla religione, o professano una fede fai-da-te mettendo insieme diverse credenze.
Nella ricerca si è
cercato di indagare anche sulle cause che hanno fatto a poco a poco allontanare
così tanti italiani dalla religione e in particolare dalla Chiesa cattolica.
Dai risultati emerge che le ragioni ideologiche, come ad esempio l’idea che la
scienza renda superata la religione, sono assolutamente minoritarie. Mentre ai
primi posti nelle risposte c’è la sensazione che la religione abbia poco da
dire sui problemi concreti della vita di ogni giorno. Come pure è presente il
rifiuto degli insegnamenti morali delle confessioni religiose. Mentre appare
particolarmente significativa la crescita di un’ostilità verso il cattolicesimo
motivata dagli scandali della pedofilia dei preti e dalle ricorrenti polemiche
sulle ricchezze e sui privilegi fiscali della Chiesa.
La ricerca ripropone anche un dato che mostra la discrepanza tra le dichiarazioni rese durante le interviste telefoniche circa la partecipazione alla messa domenicale e la partecipazione effettiva, che i ricercatori hanno potuto sondare monitorando tutte le celebrazioni nell’area interessata in un determinato giorno. A fronte di un 30,1 per cento di dichiarazioni, si è riscontrata una presenza reale nelle chiese del 18,5 per cento.
La ricerca ripropone anche un dato che mostra la discrepanza tra le dichiarazioni rese durante le interviste telefoniche circa la partecipazione alla messa domenicale e la partecipazione effettiva, che i ricercatori hanno potuto sondare monitorando tutte le celebrazioni nell’area interessata in un determinato giorno. A fronte di un 30,1 per cento di dichiarazioni, si è riscontrata una presenza reale nelle chiese del 18,5 per cento.
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