da: Il Fatto
Quotidiano
Expo 2015: Pisapia rimette l’incarico. Monti: “Spero
in un suo ripensamento”
I pochi poteri per l'amministrazione comunale, le
risorse insufficienti, la mancanza di un ministro delegato all'evento: sono i
tre punti che hanno spinto il sindaco a restituire il mandato al governo. Così
il candidato naturale a risolvere la questione è Corrado Passera
Se non ha gettato
a terra la spugna poco ci manca. E ora tocca capire chi la raccoglierà. Specie
dopo la contromossa del governo alle dimissioni a sorpresa di Giuliano Pisapia
da commissario straordinario per Expo 2015. L’uscita del sindaco ha una portata
deflagrante per le relazioni con il governo ma non è decifrabile come una resa
perché, nei fatti, ha tutto il sapore dell’attacco. Ora la palla cade nel campo
dell’esecutivo con l’esplicita richiesta che sia un ministro a “metterci la
faccia” e il candidato naturale, dicono rumors dal Translatlantico, sarebbe Corrado
Passera. E la reazione, per la verità, è arrivata direttamente dal presidente
del Consiglio Mario Monti che in serata ha diffuso una nota: “In relazione alla
dichiarazione del Sindaco di Milano Giuliano Pisapia all’assemblea
dell’Assolombarda, nella quale si annunciava l’intenzione di rimettere il
mandato di Commissario Straordinario per ‘Expo Universale 2015′, il presidente
del Consiglio Mario Monti, nell’auspicare un opportuno ripensamento di tale
intendimento, ribadisce – come già fatto nella riunione del 9 marzo scorso – la
natura strategica dell’evento dell’Expo, sia per Milano che per l’Italia
intera”. Non solo. Monti ha anche ribadito che “allo stato la Ragioneria
Generale dello Stato ha evidenziato non rinvenirsi disponibilità utili al fine
della copertura della richiesta deroga” annuale di 130 mln del patto di
stabilità chiesto dagli enti locali per il perdiodo 2012-2015 per le attività
connesse all’Expo di Milano. Tradotto: i soldi stanziati rimangono quelli.
L’unico provvedimento per andare incontro a Pisapia, invece, è stata
l’istituzione
di un “tavolo di coordinamento composto dal presidente del
Consiglio, dal vice ministro Vittorio Grilli, dal vice ministro Mario Ciaccia“,
in funzione “di indirizzo e sostegno all’opera dei Commissari straordinari” di
Expo 2015. Il governo, quindi, ha confermato il suo impegno, ha deciso di
‘aiutare’ il sindaco di Milano mettendoci la faccia, ma ha anche detto a chiare
lettere che altri soldi non ce ne sono e non ce ne saranno.
Con buona pace di
Pisapia, che ha raccolto il progetto Expo dalle mani di Letizia Moratti con
quel poco che c’era, dai pasticci sulle aree ai conti in rosso della società di
gestione e fino alle eterne liti sul potere tra regione e comune. Per evitare
il rischio di un clamoroso flop ha cercato una sponda nuova con Roma. Che
evidentemente non ha trovato in questi sei mesi di governo tecnico, nonostante
premier e ministri arrivino in gran parte proprio dalla capitale economica del
Paese. Oggi, a mille giorni dall’evento che doveva cambiare Milano, ha voluto
mettere nero su bianco il suo dissenso con un gesto di ribellione in piena
regola alla “disattenzione del governo verso un evento che riguarda l’Italia
intera”.
Una decisione a
lungo meditata, fanno sapere dallo staff del primo cittadino, e che pare in
qualche modo dettata dalle circostanze di trovarsi stretto in un imbuto senza
via d’uscita: da una parte la mancanza di fondi e attenzione da parte del
governo in carica, dall’altra la corsa contro il tempo nelle opere che ha reso
quanto meno “opaca” la prima infornata di appalti oggi sotto la lente della
magistratura.
I nodi sollevati
ieri da Pisapia sono sostanzialmente tre. Il primo riguarda le regole del gioco
e ha a che fare con il pasticcio della riforma della Protezione Civile che ha
cancellato Expo dai Grandi Eventi che potevano derogare alle regole ferree su
appalti e tetti di spesa. Qui si è consumato lo strappo sulle deleghe del
sindaco che sono state di fatto cancellate per errore in Senato. Segnalato il
pasticcio, il governo si è impegnato a ripristinare i poteri commissariali con
un successivo decreto che ora attende la conversione alla Camera. Nel testo,
l’Expo torna dunque ad essere un grande evento in deroga e nello stesso decreto
vengono confermati i poteri emanati a suo tempo dalla presidenza del Consiglio.
Ma c’è un altro
tema spinoso da affrontare, l’eterno rebus dei fondi che si trascina da quattro
anni, sin dalla vittoria su Smirne del 2008, con una Letizia Moratti tanto
sorridente in trionfo quanto amareggiata nei successivi tre anni, spesi a
elemosinare risorse al governo del suo stesso colore politico. Senza girarci
intorno, da allora, il problema è sempre stato quello delle risorse. Lo Stato,
il governo centrale, si è sempre mostrato propenso a sostenere Expo. Ma sulla
carta. Dove sono sempre stati i soldi. Per mandare in porto l’operazione
servono 2,5 miliardi, uno dovrebbe arrivare dagli sponsor privati, gli altri
1,4 miliardi dallo Stato. Quei soldi ci sono, giurano da Roma, ma una relazione
del Servizio Studi della Camera già da tempo segnala come sia distribuiti male
perché concentrano le erogazioni negli ultimi tre anni sui sette previsti dal
piano economico finanziario e questo pone un problema di coperture. Non oggi,
ma domani sicuramente. E allora il sindaco chiede con forza di avere certezze
su questo. La diplomazia è al lavoro e pare che il governo sia disposto a fare
una relazione al Parlamento sull’intera vicenda Expo. La richiesta, da più
parti, è che la Ragioneria Generale ci metta il timbro garantendo la
sostenibilità dell’intera operazione e nessuna sorpresa.
Non
basta. C’è un terzo elemento che ha indotto Pisapia a fare un annuncio
clamoroso. Imporre al governo che sia un ministro a metterci la faccia, a
garantire. In realtà Pisapia e Formigoni hanno incontrato il governo il 9 marzo
proprio a Palazzo Chigi. C’era l’esecutivo al gran completo (erano presenti i
ministri Severino, Passera, Fornero, Catania, Ornaghi, Balduzzi, Riccardi e Gnudi,
il viceministro Grilli e i sottosegretari Peluffo, Catricalà e Dassù). La
missione romana cercava conferme e chiedeva al premier di avere un delegato
dell’esecutivo al 2015, risolvere in fretta il problema dei poteri del sindaco-commissario
del Governo (cioè Pisapia). All’uscita sorrisi, conferme e rassicurazioni.
Ma nei tre mesi
successivi i nodi sollevati Pisapia sarebbero rimasti tutti lì, con il governo
impegnato a tamponare ben altri terremoti. Rimettendo le deleghe Pisapia è
tornato alla questione fondamentale delle responsabilità di un eventuale
fallimento. Lui col cerino in mano non ci vuole rimanere. Non a caso ha
chiarito che non si tratta di una marcia indietro ma di “fare due passi
avanti”. Per capire il gesto bisogna decifrare attentamente le sue parole. “Ci
vuole una persona del governo che se ne occupi a tempo pieno”, ha scandito
Pisapia oggi. “Abbiamo posto e continuiamo a porre – ha spiegato – questioni
che continuano a non avere risposte, anche perché nel governo non abbiamo un
interlocutore ben definito”. Cosa intende dire, visto che in realtà proprio il
27 aprile l’esecutivo ha nominato il proprio consigliere all’interno della
società Expo Spa? La nomina è ricaduta su Alessandra Dal Verme, membro della
Ragioneria generale dello Stato. Forse a Pisapia non basta. Con la sua uscita a
sorpresa, è forse l’interpretazione corretta, il sindaco chiede sia
direttamente uno dei ministri a prendersi la grana, non un funzionario per
quanto di altissima burocrazia.
La mossa di
Pisapia sarebbe dunque un chiaro tentativo di rimettere il pallino delle
responsabilità in mano a chi ha competenze dirette su economia e sviluppo.
Rumors e indiscrezioni si rincorrono sul candidato naturale al ruolo e puntano
su Corrado Passera. Altri tifano perché il governo riassegni rapidamente i
poteri al commissario e quindi non ratifichi le dimissioni. Resta da capire se la
risposta di Palazzo Chigi basterà al sindaco di Milano.
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