Secondo i dati
Istat del 2009 analizzati dall’economista Alessandro Penati, la produttività
italiana, cioè la quantità di beni e servizi prodotti in un’ora di lavoro, è
ormai tornata ai livelli del 1996. Ancora più preoccupante, afferma Penati, è
il dato della produttività totale, che stima la quota di crescita ascrivibile a
fattori quali il progresso tecnologico, il capitale umano, il miglioramento dei
processi produttivi, le economie di scala: siamo tornati ai livelli del 1993.
«Senza un mercato
dei capitali, grande, efficiente, e capace di accollarsi i rischi qualsiasi
trasformazione del sistema produttivo, se anche la si volesse rimane una
velleità.» Per questo sostengo che la battaglia per il libero mercato dovrebbe
diventare una bandiera delle pari opportunità tra gli uomini.
Pertanto non può
che essere motivo di frustrazione assistere allo spettacolo offerto da
organizzazioni, partiti e sindacati, giornali, che si dichiarano vicini ai
lavoratori e che in loro nome si mettono alla testa di movimenti di lotta
contro le riforme liberali. Ogni volta che si verificano questi episodi mi
sembra quasi di vederlo il sorriso beffardo del «popolo delle scimmie». Me lo
immagino mentre si frega le mani e guarda sfilare i manifestanti sotto le
finestre dei suoi uffici suntuosi, me lo immagino gongolante mentre i sedicenti
riformisti, incredibilmente, compiono il lavoro sporco di difendere le sue
indifendibili prerogative e le sacche di rendita grazie alle quali ingrassa, e
tutto a causa di un gigantesco equivoco culturale.
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