da: la Repubblica
Auguri all'attivissimo McCartney
a 70 anni non si arrende alla pensione
Oggi il Beatle entra nella terza età ma non ha
intenzione di fermarsi. Sessanta dischi d'oro, 100 milioni di album e 100
milioni di singoli venduti da solista. E una canzone, "Yesterday",
ripresa da 2200 artisti. "In dieci anni, dal '57 al '67, da molto famosi
diventammo universalmente noti. E le nostre menti cominciarono a espandersi in
territori sconosciuti"
di Giuseppe Videtti
"È la Regina
del rock'n'roll, Sembrerà anche strano, ma questa è una delle cose per cui il
suo regno sarà ricordato. Uno dice Elizabetta I e pensa a Raleigh; Elisabetta
II e pensa ai Beatles", ha detto Sir Paul McCartney subito dopo la sua
performance al Giubileo di diamante della sovrana inglese. Ora tocca a lui
essere festeggiato, oggi compie settant'anni. Per l'occasione Paul Weller, che
ha sempre avuto una venerazione per i Beatles, ha inciso una cover di Birthday.
"Volevo fare un omaggio a Paul", spiega l'ex leader dei Jam,
"che è stato ed è una grande ispirazione per me. Furono lui e i suoi tre
amici a farmi venir voglia di prendere la chitarra in mano. L'ho rivisto dal
vivo di recente, brillante come sempre. Rock on, Macca!".
L'ex Beatles minimizza la portata dell'evento e alludendo alla celebre
When I'm
sixty four dice: "Sarà una festicciola privata, il mio numero magico è
passato, era il 64". Festicciola che probabilmente sarà in Italia, visto
che Paul e la terza moglie Nancy Shevell sono stati avvistati in un resort
sulle colline di Montalcino, in Toscana.
Ma se bisogna ridefinire i ruoli, come lui ha fatto con Elisabetta II, andrebbe
anche incoronato un nuovo re del rock'n'roll, dopo Elvis; a questo punto lo
scettro passerebbe a Paul McCartney, il grande superstite dei Beatles
- ora che John Lennon e George Harrison non ci sono più e Ringo Starr mantiene
per hobby un piede nella musica la band più autorevole e influente della storia
del rock (gli eredi di Presley non se l'abbiano a male).
Sono passati oltre quarant'anni dalla fine del gruppo-mito, e McCartney l'ha finalmente dichiarato fuori dai denti: "Il nostro scioglimento fu un disastro". Ma all'epoca i Fab Four non avevano né tempo né voglia di valutare le conseguenze del loro gesto. In meno di un decennio avevano sconvolto le sorti del rock'n'roll ed erano già leggenda. L'amico-nemico John Lennon avrebbe ricordato in un raro momento di tenerezza: "Incontrai per la prima volta Paul ad una fiera di Woolton, a Liverpool: avevamo un amico in comune e dopo un concerto dei Quarry Men venne a salutarci dietro le quinte. Iniziò tutto così, e per molto tempo abbiamo scritto pezzi uguali a quelli di Buddy Holly, proprio gli stessi con meno accordi, ne scrivemmo almeno un centinaio. Eravamo grandi imitatori, io e Paul. Nell'ultimo periodo dei Beatles, mi chiamò un pomeriggio e disse che stava per pubblicare un album come solista e aveva deciso di lasciare il gruppo. Mi parve strano, per una volta era Paul a dirlo e non io".
Si consideravano
dei bravi imitatori quando erano già dei geni. Sarebbero stati altrettanto
grandi se avessero continuato ad imitare se stessi fino al nuovo millennio?
"Non fu solo Paul a lasciare i Beatles: ognuno di noi lo fece per un
motivo diverso, Ringo perché voleva fare cinema, John perché faceva i bed-in
con Yoko e io per una discussione con Paul su una questione musicale", ricordava
George Harrison. Ma Ringo puntualizza che se c'era uno che non sarebbe mai
tornato sui suoi passi, era proprio Paul: "Quando arrivò la fine del
gruppo, all'epoca in cui stava per uscire Let it be, Paul aveva pronto il suo
primo disco come solista e si arrabbiò quando gli chiesi di posticiparlo. Alzò
la voce, era fuori di sé. Teneva minacciosamente il dito puntato verso la mia
faccia: "Rimettiti il cappotto e vattene da casa mia", disse".
Ora Sir Paul ha
mezzo secolo di canzoni alle spalle, la militanza nel gruppo numero uno della
storia del pop, la coproprietà del repertorio più prestigioso e redditizio
dell'ultimo secolo di musica, un patrimonio di mille milioni di euro; molti al
posto suo si sarebbero blindati da decenni in una prigione dorata a godersi i
diritti d'autore: quelli di Yesterday per mantenere lo yacht, quelli di
Michelle per la villa al mare, quelli di Let it be per sostenere le ambizioni
della figlia stilista (Stella McCartney), quelli di Eleanor Rigby per gli
alimenti alla seconda moglie Heather Mills, quelli di I want to hold your hand
per l'ultima nata e gli altri tre figli, e così via.
"Avrei bisogno di tre anni per raccontare quello che accadde dal '57 al '67", ci ha detto Paul, ricordando i Beatles. "Tutto cambiò di colpo, diventammo molto famosi in quei dieci anni, prima molto conosciuti, poi straordinariamente popolari, infine universalmente noti. Non solo le nostre vite, ma anche le nostre menti cominciarono a espandersi in territori sconosciuti".
Dopo la
pubblicazione dell'ultimo album, "Kisses on the bottom", aveva ancora
voglia di rivangare l'incontro che avrebbe cambiato la sua vita e le sorti del
pop: "Era il 6 luglio del 1957, la scuola era finita. Il mio amico Ivan
insistette per portarmi a una fiera della parrocchia. Ascoltai John cantare,
Ivan me lo presentò. Fu una giornata particolare. E il destino volle che
diventasse memorabile. Il destino? O cos'altro? Ricordo il momento in cui
scivolai dietro il palco e feci ascoltare a John Lennon quella canzone, Twenty
flight rock, che Eddie Cochran aveva pubblicato proprio quell'anno. Mi
accompagnai con la chitarra, cercando di fare buona impressione. A quanto pare
funzionò, due settimane più tardi mi chiese se volevo far parte dei Quarry Men.
Ero eccitatissimo. Non sa quante volte, in cinquant'anni, ho pensato: se non ci
fosse stato Ivan Vaughan non sarei andato a quella festa e non avrei mai
incontrato John, e se non avessi incontrato John non ci sarebbero stati i
Beatles, e così via. La nostra vita è tutta frutto di coincidenze e piccoli
incidenti di percorso".
Invece di
rinchiudersi in un dorato isolamento, Sir Paul continua ad investire in musica.
Non più canzoni, non riuscirebbe a superare se stesso; non un'altra band, le
imitazioni dei Beatles sarebbero patetiche. È un compositore da Guinness dei
primati: 60 dischi d'oro; 100 milioni di album e 100 milioni di singoli venduti
da solista; una canzone - Yesterday, ripresa da 2200 artisti, un
record ineguagliato. Si consola con qualche ambiziosa sortita nella musica
contemporanea; gli esperimenti di elettronica che ha iniziato nel 1977; e
qualche sporadico bagno di folla - "On The Run" Tour, trenta date
intorno al mondo tra il 2001 e il 2012 dopo l'uscita di un album di cover. E a
luglio lo attende l'esibizione alla cerimonia di apertura delle Olimpiadi londinesi.
Ai sovrani non è concesso di andare in pensione.
Nessun commento:
Posta un commento