da: Corriere della
Sera
Perché le nomine Agcom non rispettano la legge
di Milena Gabanelli
Più delle parole contano i fatti. E i
fatti dimostrano ogni giorno che i vertici di questa classe politica sono da
archiviare, perché perseverano nel prendere decisioni contrarie all’interesse
generale. Mercoledì il Parlamento ha scelto i nuovi commissari per l’Agcom. La
legge richiede indipendenza e riconosciuta competenza nel settore, poiché senza
indipendenza la competenza può essere utilizzata per favorire una parte contro
l’altra, e senza competenza l’indipendenza è inutile e fonte di decisioni
casuali.
Da mercoledì un settore strategico per il nostro futuro
come quello delle comunicazioni è
nelle mani di Decina, Martusciello,
Posteraro e Preto. L’indipendenza di Martusciello
è dubbia, considerata la sua storia di ex
dipendente Mediaset ed ex deputato
Forza Italia, mentre la sua incompetenza
specifica nel settore delle comunicazioni (sia sulle questioni tecniche che
in quelle di prodotto) è pressoché certa. Idem
per Preto (Pdl) e Posteraro (Udc). Decina (indicato dal Pd), pur essendo competente, è stato consigliere
di amministrazione di Telecom Italia ed è, con le aziende di sua proprietà,
consulente di moltissimi operatori
soggetti alla vigilanza dell’Agcom. In sostanza 4 nomine che violano i
requisiti di legge, e che danno vita ad un Consiglio pure squilibrato. È
infatti ragionevole attendersi che su tutti i temi di interesse per Mediaset (la
gara delle frequenze, le nuove regole sul diritto d’autore, il destino della
rete Telecom) i commissari espressi dal Pdl abbiano un punto di vista
favorevole all’azienda da cui proviene il commissario Martusciello. Quindi la maggioranza sarà saldamente nelle mani del commissario Posteraro scelto
dall’Udc,
indipendentemente dall’opinione del presidente (che deve ancora
essere indicato dal Premier Monti) e del commissario indicato dal Pd.
In sostanza il commissario Posteraro, con competenze
limitate o assenti, deciderà sul futuro delle comunicazioni italiane. E questo
dipenderà da dove si posizionerà Casini. Poteva andare diversamente se il Pd,
dopo aver sbraitato per mesi su competenza e curricula, avesse indicato e
preteso due tecnici autorevoli, indipendenti e competenti. Avremmo ora la
garanzia di affrontare nel merito ogni singola questione, e con un importante
ruolo “super partes” del Presidente in caso di parità tra i membri di nomina
parlamentare. Purtroppo non sarà così e ce ne accorgeremo molto presto.
Alla fine di agosto
scadono i 120 giorni che il Decreto Fiscale del Governo Monti ha concesso ad Agcom e Ministero dello Sviluppo Economico per
definire il destino delle frequenze
da assegnare agli operatori televisivi. Meno di tre mesi per decidere:
1) come riorganizzare
i 6 “multiplex” televisivi previsti dal “beauty-contest”; 2) per quanto
tempo e con quali diritti d’uso assegnarle; 3) se assegnarle solo alle
televisioni o anche agli operatori mobili, e infine come organizzare l’asta,
cioè quanto farsi pagare. Dopodiché la mano passa al Ministero dello Sviluppo
Economico per la gestione della gara.
Decisioni urgenti e che condizioneranno pesantemente il
panorama televisivo italiano. In che modo? L’Autorità potrebbe decidere di
destinare le frequenze a nuovi operatori televisivi e non consentire la
partecipazione alla gara di Rai e Mediaset. Potrebbe anche decidere di cederne
una parte a Tim, Vodafone, Wind e La3, che sarebbero certamente disposti a
pagare cifre molto alte a fronte di un aumento del traffico e della qualità del
servizio per i propri clienti. L’Agcom potrebbe, infine, decidere di utilizzare
una parte dello spettro per soddisfare le legittime richieste di Centro Europa
7 e delle emittenti locali, o per tentare di porre rimedio alla disastrosa
ricezione del digitale terrestre Rai che affligge centinaia di migliaia di
abbonati del servizio pubblico.
Ma la maggioranza dei commissari potrebbe invece decidere
di consentire la partecipazione alla gara di Rai, Mediaset e La7, ma non quella
di Tim e Vodafone. La mancata
partecipazione degli operatori di telefonia mobile ridurrebbe di molto il possibile incasso dello Stato. Ci sarebbe così meno competizione nell’asta e
verrebbero a mancare gli operatori più ricchi. A questo punto l’Agcom sarebbe
giustificata a suggerire al Ministero basi d’asta molto basse. Mediaset potrebbe dire “Visto? Le frequenze
non le vuole nessuno”, e comperarle per un tozzo di pane. Una bella beffa
per tutti coloro che si sono battuti per evitare che le frequenze venissero assegnate
gratuitamente.
L’azienda di
Cologno invece potrebbe utilizzare
quei canali e, fra qualche anno, in presenza di una forte pressione europea
per liberare lo spettro dalle trasmissioni televisive a favore della telefonia
mobile, potrebbe pretendere un congruo
rimborso economico o il diritto di poterle utilizzare per la banda larga e
fare concorrenza a Tim, Wind, Vodafone e La3, che l’anno scorso hanno speso più
di un miliardo di euro a testa per assicurarsi frequenze analoghe.
Come si può capire, due soluzioni dagli effetti economici
diametralmente opposti per Mediaset e per i cittadini italiani. Bersani e il suo Pd hanno affidato la “golden
share” su questa decisione nelle mani di una persona che, certamente, non
ha mai sentito parlare di frequenze, “multiplex” e banda larga mobile.
A breve vedrà la luce una nuova autorità, importantissima
e decisiva, quella dei trasporti, che vuol dire Cai, Ferrovie, Alta Velocità,
tassisti, trasporti urbani. Qui i regolamenti devono essere ancora definiti. Ci
aspettiamo che Monti stabilisca regole e requisiti più stringenti, che renda
tutto il procedimento trasparente e garantisca un collegio realmente super
partes. Per allinearsi con la parte più civile dell’Europa, più che ai
cacciatori di teste, si potrebbe pensare ad un concorso europeo. Quello che non
vorremmo vedere è un esperto in telecomunicazioni, o un transfuga dall’autorità
per i contratti pubblici, decidere per esempio sulle regole di competizione fra
Italo e Frecciarossa.
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