Dopo 21 anni, il premio Nobel a Suu Kyi ad Oslo
Leader opposizione birmana avverte 'strada per
democrazia lunga'
di Alessandro Ursic
La Birmania è
sulla strada verso la democrazia ma è necessario riporre una fiducia "non
cieca" nel suo futuro, anche perché rimangono ancora ostacoli come conflitti,
prigionieri di coscienza e rifugiati. Parola di Aung San Suu Kyi, la leader
dell'opposizione birmana che oggi a Oslo ha ritirato il premio Nobel per la
Pace assegnatole 21 anni fa, quando era ancora agli inizi del lungo calvario
passato agli arresti domiciliari. Emozionata ma come al solito carismatica, 'la
Signora' - vestita con un tradizionale completo birmano color lilla e accolta
da un minuto di applausi - ha attribuito al Nobel il merito di averla
"riportata alla realtà" quando era stata costretta in detenzione
dall'allora giunta militare, nel 1991, ma soprattutto quello di "aver
rivolto l'attenzione del mondo verso la lotta per la democrazia in
Birmania". E' stato un discorso idealista ma con vari accenti pragmatici:
"La pace assoluta è un obiettivo irraggiungibile, ma dobbiamo continuare a
perseguirlo come un viaggiatore nel deserto tiene fissa una stella come punto
di riferimento". Suu Kyi (67 anni fra tre giorni) ha riconosciuto i
recenti progressi effetto delle riforme del presidente Thein Sein in Birmania,
"che mi hanno permesso di essere qui oggi". Si è tuttavia soffermata
a lungo sugli obiettivi non ancora raggiunti, come quello di una completa pace
nel Paese
("mai ottenuta dai tempi dell'indipendenza"), ricordando in
particolare le battaglie in corso contro la guerriglia Kachin nel nord e le
violenze settarie delle ultime settimane nello stato occidentale di Rakhine,
che hanno causato almeno 50 morti. La 'Signora' ha poi toccato il tema della
presenza di numerosi detenuti politici nonostante la liberazione di centinaia
di essi - anche di primo piano - negli ultimi mesi. "Anche un solo
prigioniero di coscienza è un prigioniero di troppo", ha detto, esortando
il mondo a non dimenticare quelli meno famosi ancora dietro le sbarre e
chiedendo "un loro rilascio incondizionato anticipato". Il premio
Nobel si è successivamente soffermato sulla condizione e le speranze degli
oltre 100 mila rifugiati e due milioni di lavoratori birmani in Thailandia, da
lei incontrati due settimane fa in un viaggio nel Paese (il primo all'estero
dal 1988). Incoraggiando la creazione di un mondo "senza sfollati,
senzatetto e persone che hanno perso la speranza", Suu Kyi ha denunciato
una "stanchezza della compassione" che sta causando il calo delle
donazioni internazionali verso le varie organizzazioni che assistono rifugiati
e lavoratori birmani sfruttati. Ed è tornata sull'invito già rivolto nei giorni
scorsi per "investimenti etici" nel Paese, confermando il suo
beneplacito alla sospensione delle sanzioni occidentali. Il ritiro del Nobel
rappresenta il picco simbolico del viaggio della 'Signora' in Europa, dove si
tratterrà fino al 30 giugno. Avendo già visitato la Svizzera, dopo la Norvegia
Suu Kyi volerà in Irlanda, dove lunedì ritirerà un'altra onorificenza conferitale
da Amnesty International e parteciperà a un concerto degli U2. In Gran Bretagna
visiterà Oxford (dove ha studiato) e Londra, parlando di fronte a entrambe le
Camere. Il viaggio si concluderà in Francia. Pochi giorni dopo, il 4 luglio, a
Naypyidaw parteciperà alla prima vera sessione operativa del Parlamento birmano
da quando è stata eletta in aprile, completando una parabola impensabile quando
fu premiata col Nobel
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