Le autorità indipendenti
Le autorità
indipendenti che dal basso controllano le azioni dei potenti sono uno dei
pilastri su cui poggiano i sistemi democratici e capitalistici. Grazie ad esse
il controllo dal basso si trasforma da formale in sostanziale: anziché rimanere
lettera morta, tramite questi organismi, esso acquista efficacia concreta. Le
autorità sono infatti, per i consumatori, il cane da guardia di qualsiasi
prodotto che venga venduto sul mercato. Hanno il compito delicatissimo di
controllare che nessuna azienda diventi talmente forte da abusare della propria
posizione, accordandosi segretamente con le altre per gonfiare i prezzi di beni
e servizi e ingannare in questo modo i consumatori. Esse vigilano, dunque,
affinché le imprese operino effettivamente in un regime di libera concorrenza.
Il loro raggio d’azione è praticamente esteso all’intera economia e al sistema
finanziario: banche e assicurazioni,
società di servizi, telecomunicazioni, energia e tutti i settori merceologici
(dai pannolini per neonati alla pasta, dalla manutenzione degli ascensori ai
ricambi per auto, dai notai ai medici, dalle agenzie di pratiche per auto alle
farmacie), senza dimenticare la Borsa e il mercato dei capitali.
La difesa della
concorrenza e del mercato libero è necessario a impedire che le imprese
raggiungano accordi tra loro per aggirare le regole sulla competizione,
concertare strategie e pratiche commerciali, o addirittura fondersi tra loro
piuttosto che operare come realtà separate e accettare i rischi della libera
competizione. Può accadere infatti che banche o assicurazioni fissino tutte
insieme prezzi e
tariffe minime per i servizi finanziari, che le aziende che
somministrano energia e gas adottino comportamenti tali da determinare aumenti
del prezzo dei servizi erogati, che professionisti come notai e medici
stabiliscano tariffe minime e inventino regole per limitare l’accesso alla
professione da parte di giovani neolaureati.
Ho compreso il
ruolo vitale giocato dalle autorità indipendenti nel momento in cui ho intuito
che la libera concorrenza non è il risultato naturale e automatico a cui tende
il sistema capitalistico quando gli imprenditori sono lasciati liberi di fare
il loro mestiere. Gli imprenditori hanno la missione di massimizzare il valore
del capitale per gli azionisti e non sono affatti interessati al benessere
economico dei consumatori. Non si tratta di una colpa né di un difetto, ma del
metro con il quale vengono giudicati dai loro azionisti. D’altro canto, la
tensione verso l’utile è la molla della crescita economica e non deve quindi
essere repressa: se non fossero spinti dalla ricerca della massimizzazione del
profitto, gli imprenditori non otterebbero successo sul mercato e le loro
imprese non prospererebbero. La loro iniziativa non permetterebbe di creare
occupazione e sviluppo.
Gli imprenditori,
dunque, devono essere lasciati liberi di fare il proprio mestiere, ma
l’obiettivo di un sistema finanziario evoluto non può essere limitato a un’allocazione
ottimale degli investimenti produttivi. Occorre fare in modo che gli
investimenti siano diretti alla produzione di beni e di servizi che siano
utilizzabili dal maggior numero possibile di consumatori. Più è elevato il
numero di persone che hanno la possibilità di acquistare un bene o un servizio,
maggiore, a parità di ogni altra condizione, sarà il benessere economico di una
società. Ecco dunque che i sistemi economici più moderni e avanzati hanno da
tempo introdotto autorità indipendenti per vigilare sul comportamento degli
operatori economici ed evitare abusi ai danni dei consumatori. Ma cosa accade
quando il gruppo dei potenti imbriglia l’azione dei regolatori per lasciare
mano libera alle imprese poste sotto il suo controllo?
Nessun commento:
Posta un commento