La parabola di Marchionne, da “innovatore
socialdemocratico” ad “anti-italiano”
Dalle fanfare che
accompagnarono il suo insediamento al capo del Lingotto nel 2004, alla promessa di investire 20 miliardi nelle fabbriche italiane, fino al recente
annuncio di voler chiudere altri due stabilimenti. In mezzo la battaglia contro
la Fiom, i referendum “con la pistola puntata alla tempia” a Mirafiori e
Pomigliano e la clamorosa uscita dalla Confindustria di Emma Marcegaglia. Ecco
le tappe principali della parabola dell’imprenditore in maglioncino,
l’italo-canadese Sergio Marchionne: da ‘uomo nuovo’ a liquidatore
dell’industria del Belpaese. Sì, perché se solo otto anni fa il patron del Lingotto prometteva che la Fiat sarebbe
tornata “ciò che è stata”, oggi (come ha ribadito in un’intervista al Corriere)
la partita per la sua sopravvivenza si gioca solo sulla capacità di “esportare
negli Stati Uniti”.
2004, la speranza. Fassino: “Lui sì che è un vero
socialdemocratico”
“Fiat ce la farà e
tornerà a essere quella che è stata”. Così esordisce Sergio Marchionne, il
giorno in cui il Cda della Fiat lo nomina nuovo amministratore delegato. È il
primo giugno del 2004 e intorno all’homo novus si moltiplicano gli elogi
sperticati. “Un manager indicato per capacità e professionalità da Umberto
Agnelli” garantisce il presidente della casa automobilistica, Luca Cordero di
Montezemolo. Italo-canadese, 52 anni, alla guida del gruppo svizzero Sgs,
colosso delle certificazioni industriali, Marchionne ha fama di “manager
operativo, specializzato in rilanci”. Sette giorni dopo la nomina, il nuovo ad
visita Mirafiori e assicura “la priorità all’auto”. Nel 2007, Giuliano Amato
gli dà del “miracoloso”; Piero Fassino, futuro sindaco di Torino, appoggia la
“sfida all’innovazione” e si dice pronto ad allearsi con Marchionne: “Lui sì –
afferma fiducioso – che è un vero socialdemocratico”.
2007, il trionfatore in 500. Il primo (e unico) modello di vero successo
2007, il trionfatore in 500. Il primo (e unico) modello di vero successo
Dopo il divorzio
da General Motors, la popolarità del “maglioncino blu” del Lingotto sale
ancora. “Così ci siamo ripresi la libertà”, annuncia festante nei primi mesi
del 2005. Due anni più tardi
si vanterà di aver tirato fuori la Fiat dal
“periodo più buio della sua storia”, ormai diventata così forte da “potersi
comprare la Ford o la Gm”. Prosegue pure la luna di miele con gli operai: “Non
chiuderemo impianti in Italia” ribadisce in diverse occasioni poi mentre ritira
la laurea honoris causa all’Università di Cassino promette di portare la
produzione dell’Alfa 147 nello stabilimento ciociaro. Il 4 luglio 2007 è il
giorno della nuova 500: la piccola della Fiat “è la Fiat – spiega l’Ad – È più
di un modello: è la storia dell’azienda, di Torino, del Paese”. La 500
approderà anche oltreoceano: a distanza di tempo, “una cavolata”, secondo
quanto ha sostenuto Marchionne il 9 gennaio scorso, commentando il flop.2009, l’incognita americana. “Non ho alcuna intenzione di guidare la Chrysler”
“L’interesse per
Chrysler è zero”. Detto fatto: mentre Barack Obama pronunciava il suo discorso
di insediamento alla Casa Bianca, Torino acquisiva il 35% del marchio automobilistico
americano. Poi l’annuncio riparatore: “Non ho nessuna intenzione di guidare
Chrysler. Non avrò alcuna responsabilità diretta nella gestione operativa”.
Passa qualche mese e Marchionne è costretto a smentirsi di nuovo: “Sarò
amministratore delegato di Chrysler”, confida in un’intervista, sostituendosi a
Robert Nardelli. Subito arrivano gli apprezzamenti del presidente degli Usa che
definisce la Fiat “partner ideale” per la sopravvivenza della casa di Detroit
che grazie all’accordo ottiene nuovi aiuti dal governo centrale. “É un momento
storico per l’industria italiana, un passo avanti nell’impegno di gettare nuove
basi per il futuro”, replica Marchionne.
2012, il liquidatore barbuto. “Assurdo considerarmi un anti-italiano”
2012, il liquidatore barbuto. “Assurdo considerarmi un anti-italiano”
“Sono accusato di
essere un anti-italiano. Sono accuse semplicemente assurde”, tuonava l’ad di
Fiat lo scorso novembre. E da quel momento è un continuo di effusioni con il
Belpaese: “Dobbiamo privilegiare il luogo dove la Fiat ha le proprie radici –
ha detto Marchionne presentando la nuova Panda – Pomigliano è la nostra
migliore fabbrica al mondo, è il simbolo delle nostre promesse mantenute”.
Nuovo look, via gli occhiali pesanti di fine 2011, tornano quelli senza
montatura, ma c’è anche la barba e talvolta una vezzosa sciarpa colorata.
Marchionne esulta per l’arrivo di Mario Monti (negli Usa) anche se pare che i
rapporti tra i due non siano idilliaci. È in prima fila al Peterson Institute
quando il premier è in visita in America. Dell’Italia gli importa ormai poco,
ma si spende a favore di Alberto Bombassei, candidato alla presidenza della
Confindustria.
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