L'Italia del cinema trionfa a Berlino. Orso d'oro a «Cesare deve morire» dei fratelli Taviani
di Cristina Battocletti
Un Orso d'oro ai detenuti. I fratelli Paolo e
Vittorio Taviani hanno dedicato il massimo riconoscimento, conquistato alla
62esima edizione del festival del cinema di Berlino per il loro "Cesare deve morire", ai carcerati che sono stati i
protagonisti della docufiction girata a Rebibbia, basata sul dramma scespiriano
"Giulio Cesare". «Questo premio ci dà gioia soprattutto per chi ha
lavorato con noi. Sono i detenuti di Rebibbia guidati dal regista Fabio Cavalli
che li ha portati al teatro. Questi detenuti-attori hanno dato se stessi per
realizzare questo film», ha detto Paolo a caldo dopo l'annuncio della vittoria.
Un premio meritatissimo e che ci dà felicità perché
l'Italia da 21 anni non conquistava la Berlinale. La pellicola racconta la
storia di una pièce teatrale, ambientata nel carcere di massima sicurezza, che
prende forma pian piano sotto la regia di Fabio Cavalli, da anni sul campo con
i detenuti nella messa in scena di drammi teatrali. Con i loro visi truci e la
parlata dialettale originaria, volutamente mantenuta, gli attori sono fedeli
alle parole di Shakespeare, ma è come se raccontassero le faide di mafia e di
camorra per cui ora pagano pena.
Attualissimo, intenso anche grazie all'utilizzo
della pellicola in bianco e nero che accentuava aggressività e tensioni, aveva
strappato in sala il primo applauso della critica e questo era già stato un
segno di buon auspicio. L'unico neo, forse, l'inserzione di parti recitate di
vita vera: Shakespeare sarebbe bastato a rendere la loro personale quotidiana
discesa agli inferi. L'importante è che la giuria, guidata da Mike Leigh, non
l'abbia avvertito.
Tutti gli
altri premi del festival di Berlino
Il premio come miglior regista è andato a Christian
Petzold per il suo "Barbara", storia di un dottoressa della Germania
dell'Est ai tempi della divisione di Berlino, che subisce perquisizioni e
maltrattamenti da parte della polizia della Ddr per aver chiesto di raggiungere
il fidanzato che vive nella parte Ovest della città. Tra innamoramenti,
ripensamenti, gesti di generosità ed eroismo, il film ha più i caratteri di una
fiction che di una pellicola da concorso alla Berlinale. Sembra quasi che il
premio sia una forma di risarcimento ai tedeschi, da molto tempo trascurati
dalla rassegna. Sarebbe stato onesto, piuttosto, dare l'Orso come migliore
attrice a Nina Hoss, grande artista anche teatrale, molto apprezzata in
Germania e protagonista dell'opera di Petzold.
Invece l'Orso d'argento per la migliore attrice
protagonista è andato a Rachel Mwanza per il film "Rebelle" di Kym
Nguyen, sulla guerra civile in Congo. L'Orso d'argento per il migliore attore
protagonista è stato consegnato a Mikkel Boe Folsgaardaus per il film danese
"A Royal Affair" di Nikolaj Arcel, che si è aggiudicato anche l'Orso
d'argento per la migliore sceneggiatura scritta dallo stesso Nikolaj Arcel
assieme a Rasmus Heisterberg. Mentre l'Orso d'argento del Gran Premio della
Giuria è andato al regista ungherese Bence Bence Fliegauf per "Just The Wind",
il Premio Alfred-Bauer per le nuove prospettive è stato ritirato dal regista
portoghese Miguel Gomes per il film "Tabu".
Il premio per il migliore operatore è andato al tedesco Lutz Reitemeier per il film cinese «White Deer Plain» di Wang Quan'an, mentre 'Orso d'argento per la menzione speciale della Giuria è stato consegnato alla regista svizzera Ursula Meier per il film "L'enfant d'en haut", molto amato dalla critica.
Dany come ti sembra questo?
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