mercoledì 29 febbraio 2012

Liberalizzazioni, opinioni: “Al mercato serve un’intesa modello Imu”


Riporto e dissento sul modello Imu per gli edifici religiosi come scritto ieri: http://taccuinodiunamarziana.blogspot.com/2012/02/ici-scuole-cattoliche-lalgoritmo-di.html
Il concetto che si debbano trovare criteri sensati e di ragionevole applicazione è ovviamente scontato. La politica è questo. Che i politici e/o tecnici ci riescano, è altro paio di maniche.



Al mercato serve un'intesa modello Imu
di Stefano Lepri

Il primo scopo delle liberalizzazioni è far pagare un po’ meno certi beni e certi servizi. Su gas, benzina, farmaci, prestazioni professionali, servizi bancari ed assicurativi, in teoria potremmo risparmiare qualcosa nei prossimi mesi. In Parlamento, l’assalto delle lobby al decreto «Cresci Italia» ha prodotto danni limitati. Ma di misure di questo tipo è soprattutto importante curare l’attuazione.

Alcune norme avranno bisogno di regolamenti: è bene che la burocrazia non perda tempo. Altre sono affidate alla sorveglianza di organismi di controllo che devono essere messi in condizione di lavorare bene. Il potere degli interessi privilegiati in Italia si estende ben oltre il folclore di certi personaggi che si aggirano nei corridoi di Montecitorio e di Palazzo Madama e degli emendamenti da loro ispirati sottoscritti da certi parlamentari. Sa farsi sentire anche nelle stanze dei ministeri.

Perciò sarebbe opportuno che, nei prossimi mesi, il governo ci informasse regolarmente se sono rispettate le scadenze amministrative; e, più in là, se esistono già risultati misurabili.

Fare le cose a metà può essere dannoso, perché molte misure non producono effetti istantanei.
Quanto più vengono deluse le attese di prezzi più bassi, di servizi migliori, di una concorrenza più vitale, tanto più sarà facile agli interessi colpiti tornare alla carica, con la tesi che i benefici promessi non si sono visti.

Durante l’esame parlamentare in alcuni casi gli interessi protetti hanno prevalso. Sui taxi decideranno i sindaci, che dei tassisti hanno una paura matta. Certo non si tratta di una questione cruciale, anche perché il numero di licenze risulta insufficiente solo in alcune delle più grandi città. Era importante il principio, di fronte a certi eccessi di arroganza corporativa soprattutto romani.

Più grave è il passo indietro per i professionisti. La chiusura delle libere professioni raffigura bene la scarsissima mobilità sociale del nostro Paese, dove gli avvocati sono perlopiù figli di avvocati, e così via. Quando ci sembra che i politici formino una «casta», rendiamoci conto che la politica spesso attrae persone ambiziose respinte da altre «caste» ancor meno penetrabili, e capaci di influenzarla.

Già la Banca d’Italia si era lamentata della rinuncia a introdurre per i professionisti l’obbligo di un preventivo scritto, che avrebbe consentito ai clienti di decidere con più consapevolezza; e che, nel caso degli avvocati, avrebbe forse contribuito a ridurre l’eccesso di cause giudiziarie di scarso rilievo. Con un altro emendamento, si è anche circoscritta la possibilità di esercitare le professioni in forma societaria, tenendo in vita gli ultimi residui di una norma odiosa che risale al 1939 e che serviva a escludere gli ebrei.

Ciò nonostante, i passi avanti sono molti. Separare la Snam dall’Eni potrà ridurre il prezzo del gas e anche dare una spinta di dinamismo all’economia. Però il termine ultimo è lontano, oltre la fine della legislatura, e occorrerà evitare una marcia indietro. Qui come altrove, l’azione del governo dovrà essere costante. Forse sarebbe opportuno prevedere già una seconda fase di misure di liberalizzazione, approfittando che deve essere affrontata la spinosa faccenda delle frequenze televisive.

Può far da modello la soluzione trovata all’Imu per gli edifici religiosi. Il governo tecnico è riuscito a chiarire che non si trattava di una battaglia tra laici e cattolici, ma di una misura di equità necessaria a far funzionare bene il mercato: gli alberghi religiosi non devono essere favoriti rispetto agli altri alberghi, le scuole private cattoliche rispetto alle scuole private laiche. Anche in altri casi, occorre che il mercato sia uguale per tutti. 

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