Questo, lo devo
scrivere…
La camomilla con
alcune gocce di Lexotan messe di nascosto dalla mamma è stata bevuta dal
fidanzato Gabriele anziché da Noemi.
No..dico.
Ma è vivo?
Praticamente, un
attentato al fidanzato…
Già non mi pare un
tipo brillante ma piuttosto “calmo” (eufemismo..) di suo (da ciò, il soprannome
‘bietola’ dato ai tempi di X Factor). Alcune gocce di Lexotan possono portare
alla catalessi alla Biancaneve.
Ma Noemi gli avrà
già dato il bacio del risveglio….
Ah…lo rilassa la lavastoviglie.
Noemi…ribacia. Mi
sa che ancora sotto l’effetto del Lexotan.
da: Vanity Fair
“Lavorare con le persone che vogliono solo il tuo
bene, e non ti tradiranno mai, è privilegio di pochi. E io ne avevo bisogno
dopo essermi imbattuta, dopo X Factor,
in manager opportunisti”
«Dicono che dai parrucchieri qualche signora ha
iniziato a chiedere il Rosso Noemi.
Sì, è il mio simbolo. E vado
orgogliosa di questo colore forte, volitivo.
«Degli uomini sento di avere una cosa bella: non sono competitiva. Il mio viaggio è solo
mio. Non conosco termini di paragone. »
Quello che ha vinto Noemi
Il «senso di inadeguatezza» e la fatica di accettare
il proprio corpo. La paura di morire e l’ansia di trovare «un posto nel mondo».
Il desiderio di essere madre e quello di rimanere figlia. Qualcuno vi dirà che
a Sanremo meritava di più del suo terzo posto. Ma la vittoria, dice lei, è
stata arrivare su quel palco
di Lavinia Farnese – foto di Alessio Pizzicannella
«Di colpo, ho
sentito come fermarsi il battito, sotto il seno. Mi mancava il respiro. Ho
iniziato a vedere appannato, i rumori intorno sono scomparsi. Un sudore freddo.
La paura di morire».
Quando arrivano
gli attacchi di panico, non si è mai preparati. A Noemi sono arrivati, la prima
volta, che aveva appena sistemato le valigie nella stanza di un albergo della
Riviera. Era domenica 12 febbraio, due giorni dall’inizio di Sanremo, e lei era
attesa all’Ariston per provare Sono solo
parole, la canzone scritta da Fabrizio Moro per raccontare il momento in
cui svanisce tutto, in un amore, fuorché l’amore.
Alla fine è andata
bene, un terzo posto, dietro Emma e Arisa (all’esordio al Festival nel 2010 era
arrivata quarta). «Viste le premesse vale come una vittoria». Perché Veronica,
questo il suo vero nome, veniva da giornate lunghe, stancanti, senza riparo. Di
quelle che vivono tante «ragazze donne» che hanno 30 anni come lei, di questi
tempi in cui «più non basti più ti pretendi».
Nella sua camera
ci vediamo che è l’una di notte. E’ vestita ancora da esibizione. «Tolgo i
tacchi», dice mentre ha già sfilato via le scarpe. Parleremo fino alle cinque
di mattina, a gambe incrociate sul letto, gli occhi, i suoi, un po’ arrossati,
l’ombretto sbavato, l’aria stravolta, a tratti l’euforia.
E’ felice, e ride
(quasi sempre) tra una risposta e l’altra. Ha i capelli da ripresa Tv, se non
fosse per quel rasta «portafortuna» che sfugge e scende dall’acconciatura: «Me
l’ha fatto un mio amico quattro anni fa, e l’ho chiuso con l’anello di una fan».
Sui suoi lobi, più buchi, ma nessun orecchino: «E’ un classico. Te li fai con
l’amica nei pomeriggi di noia, da adolescente e poi ti penti». Sulle unghie, lo
smalto graffiato dai denti. Al polso, un bracciale di cotone rosso che gira e
rigira per gioco: «L’ho preso da un ambulante in spiaggia. E non si spezza.
Devo averlo caricato di un desiderio impossibile». Insomma, va proprio come
nella sua canzone: «Lasciamo che lo scorrere del tempo renda tutto un po’ più
chiaro».
Che cosa le è successo?
«Troppo
stress, devo avere avuto un crollo. Colpa forse di questo senso della passione
che ho, per cui chiedo al mio corpo, e alla testa, di non staccare mai, di
seguire tutto. Ci rido, ma è stato devastante».
E’
così faticoso prepararsi al Festival?
«È da
Capodanno che non mi fermo. È stata una meravigliosa corsa da togliere il
fiato. Napoli, concerto di piazza del Plebiscito. Poi San Francisco: dieci
giorni a incidere l’album, perché il produttore discografico, Corrado Rustici,
vive lì. Londra con Sarah Jane Morris, compagna di duetto dell’Ariston in Amarsi
un po’ di Battisti. Berlino con il fidanzato, sedici ore al giorno di cammino
per musei e quartieri. Firenze, per provare gli abiti. Roma, poi Milano per le
interviste. Infine a Sanremo, dove non puoi non pensare che in tre minuti ti
stai giocando tutto».
Che
cosa si è sentita?
«Ero
in camera con mia sorella Arianna e Daniela, il mio ufficio stampa: “Ragazze,
non mi batte più il cuore”. Mi stendo a letto. Chiamiamo la guardia medica».
Che le
ha detto?
«Non
vorrà fare come Whitney Houston».
Le
hanno dato dei farmaci?
«Il
Valium, ma io le medicine finché posso le tengo lontane».
Perché?
«A mia madre a 28
anni è morto il papà, è avuto un piccolo esaurimento. Le diedero il Tavor. Lo
prese per sei mesi. Non fu bello, smise. E si iscrisse a una comunità di meditazione
trascendentale. Ci andrò anch’io: ti insegnano a conoscerti, a capire perché
stai male, curano non il sintomo ma la causa».
Che
cosa le stava accadendo, intanto?
«Mi si
era aperta – nel buio, perché faticavo a mettere a fuoco con gli occhi – una
voragine, un timore definitivo, un senso di vuoto. Ero in una nuvola di ovatta,
come scollata dalla realtà, leggera, sospesa. Hai un sentore di morte».
Di che
cosa ha avuto più paura?
«Di
non esserci più. Di diventare cieca. Di impazzire».
La notte di domenica come passa?
«In
bianco. Tanto che lunedì mattina andiamo al Pronto Soccorso. Ci restiamo dalle
10 alle 15.30. Mi rivoltano come un calzino. Analisi del sangue ed
elettrocardiogramma sono a posto. Devo tornare per un accertamento agli occhi».
I suoi
erano preoccupati?
«Non
erano arrivati, ancora. E a distanza avevo evitato di agitarli. Con loro è
andata già meglio. Quella notte ho dormito con mia madre. Mi ha salvata: avevo
bisogno del suo calore, di stare nelle sue braccia».
La mattina di martedì, serata di
apertura, com’è andata?
«L’oculista
mi dice che ho solo perso un grado, che sono un po’ più miope. Anche la
diagnosi dell’otorino è buona. Portiamo i referti al medico dell’Ariston. Che
conferma: tutto sembra a posto. Faccio le prove, poi mi visita un altro medico,
uno psicologo».
Che dice?
«Che
devo dormire. Mia madre in quei giorni, di nascosto, ha provato anche a
mettermi le gocce di Lexotan nella
camomilla. L’ha bevuta il mio
fidanzato».
E sul
palco, come va?
«Mi
annunciano, entro in scena, ho la vista bassa, disturbata. Il trucco negli
occhi mi offusca anche una lente a contatto. Parevo E.T., nella scena di
“Telefono, casa”. Nelle pagelle dei giornali leggo: “Noemi poteva dare di più”.
“Se sapeste”, ho pensato. Mi veniva da ridere».
C’era
anche Celentano
«Per
fortuna ero nel primo blocco! Se fossi capitata in scaletta dopo di lui, sarei
morta».
Come
si è curata?
«Zuccheri.
Banane, kiwi, frullati, albicocche secche. Piano piano è andata meglio. Dietro
le quinte mi dicevo: “Stai bene, concentrati, la canzone è giusta, il modo di
cantarla lo si trova”».
Quando
è tornata a divertirsi davvero?
«La
terza sera, quella dei duetti internazionali: anche se volevo l’autografo di
Brian May e non sono riuscita».
Sicura
non c’entri col suo malore la dieta per Sanremo?
«Era
una dieta graduale, non stavo a stecchetto. Senza glutine, certo. Ma per il
resto c’erano carne bianca, pesce, verdure. Tisane. E un giorno libero a
settimana».
Da
quanto la faceva?
«Da
novembre».
E
perché?
«Dopo
il 2010, per i troppi impegni, ho smesso di fare sport. Prima nuotavo, correvo.
Da golosa, ho iniziato a fare la fisarmonica. Ingrassavo, dimagrivo. Mi
guardavo allo specchio e non mi sentivo bene per come mi vedevo».
Quanto
ha perso?
«Quattro
chili. Ma sono i centimetri quelli che contano. Ne ho tolti dieci solo sulla
pancia. Che soddisfazione».
Non le
piace il suo corpo?
«Ci ho
fatto la pace. Non ho le tette di Emma, infatti da ragazzina mi compravo una
pomata che prometteva miracoli. Adesso sono felice del mio seno, perché non calerà
mai stile orecchie di cocker».
La cellulite l’ha cantata in Vuoto a perdere, scritta per lei da Vasco.
«E più la canto,
più aumenta! Ora siamo ancora nella fase “ritenzione idrica d’ordinanza”,
quando ti siedi esce l’orrido buchetto. Ma vincerò io: ricomincio a correre».
E’ il più abusato dei buoni propositi
«Occorre
disciplina. Amarsi è darsi regole semplici che ti fanno vivere bene».
Tipo?
«Restare nelle
cose piccole: il baretto sotto casa, il caffè la mattina, lo spartito da
studiare. Quelle grandi mi fanno cagare sotto».
Nella sala stampa dell’Ariston c’era chi la
paragonava a Adele
«Troppo buoni. Ma
io mio mito era Amy Winehouse, così giovane, così definita».
Dopo la sua ultima esibizione, ha fatto gli auguri a
sua mamma, era il compleanno.
«E pensare che
otto anni fa, proprio nella notte tra il 18 e il 19 febbraio, ho vissuto un
incubo. Tornavo dal cinema. Avevo appena riaccompagnato un’amica. Ero sola. A
una rotonda, un uomo mi si mette davanti, rompe lo specchietto, mi punta la
pistola. Ho pensato a mia mamma, che si raccomanda sempre di mettere la
chiusura centralizzata».
E poi?
«Mi chiede il
portafogli. Ci sono 50 euro. Gli chiedo di ridarmi la patente».
Gliela ridà?
«No. Mi dice
invece di mettermi nel posto del passeggero. “Tu ora viene via con me”. Che
cosa avrebbe fatto, non lo so. So quello che ho fatto io: ho aperto la portiera
e ho iniziato a correre. Andavo veloce, ma era come un ralenti. Lui ha esploso
due colpi, mi ha mancato. Io ho saltato un’aiuola, con lo sterno sono finita
sul cofano di una macchina. Nella confusione, ho pensato che mi avesse colpito
un proiettile».
Com’è finita?
«Era uno seriale.
Aveva già spaventato altre 14 volte, e nella stessa zona. L’hanno preso. Io ho
capito che bisognava subito tornare a uscire, se no sarei rimasta segnata come
un’altra ragazza che ho visto al processo, che da anni vive chiusa in casa
nella paura. Il giorno dopo mi sono vestita e sono andata fuori».
A vederla così solare, non ha l’aria di una con dei
traumi alle spalle.
«Perché alla fine,
fortunatamente, tutto mi va bene. Anche se da adolescente, a scuola dalle
suore, passavo il tempo da sola a suonare, leggere spartiti. Chiusa in me. Non
avevo amici. Mi sentivo inadeguata. La mattina mi svegliavo ascoltando Yellow
dei Coldplay. Poi capisci che è solo crescere».
Quando si diventa grandi?
«Quando inizi a
pensare alle conseguenze. Non ti tuffi più all’indietro da un trampolino. Non
rubi più le pannocchie nei campi. Non ti fai una discesa ripida, in due su uno
skateboard. Diventi grande quando finiscono i falò con i bonghi e le chitarre
in spiaggia. Quando non amplifichi più gli amori, tutti platonici. La mia
prima, devastante, storia è stata con Lorenzo. Biondo, occhi azzurri. E’ durata
dalla prima elementare alla terza media. Non l’ha mai saputo».
E chi lo sapeva, il suo diario?
«Non l’ho mai
avuto. In compenso, mi facevo grandi scorpacciate di quello di mia sorella
Arianna. E scrivevo poesie. Ricordo quella sulla trota. Attaccava “Lasciatemi
guizzare sola in questo stagno”. Il tipo del doposcuola: “Veronica, vai a fare
i compiti, va”».
Sognava un futuro da poetessa?
«Da pediatra. Mi
piaceva l’idea di curare i bambini, che non hanno voce per dirti che male
sentono. Solo che a Medicina non sono riuscita a entrare. E neppure a Biologia.
Così ho fatto il Dams».
La musica era già arrivata?
«A sette anni. Mi
divertivo con una pianola e papà mi ha comprato un piano».
La sua famiglia si è stretta attorno a lei e alla sua
passione: sua sorella le fa da assistente, suo padre da manager. In tour, portate
con voi anche i cani.
«Siamo una
bottega. Mio padre fa l’immobiliarista. E’ il mio occhio critico, mi aiuta con
i contratti, è una lanterna accesa nella notte. Se da ragazzina tornavo a casa
ubriaca, mi reggeva la testa. Quando c’è da tranquillizzarmi, dice: “Non ti
preoccupare, amore, che i cavalli si vedono a distanza”. Ovvero: non sentirti
senza un posto nel mondo, il tuo arriverà. Lavorare con le persone che vogliono
solo il tuo bene, e non ti tradiranno mai, è privilegio di pochi. E io ne avevo
bisogno dopo essermi imbattuta, dopo X
Factor, in manager opportunisti. Anche se dai miei mi sono resa indipendente: a 26 anni sono andata a vivere da
sola».
Con il suo fidanzato Gabriele? Se non sbaglio, state
insieme da quattro anni?
«Sì, nel suo
appartamento al Torrino, Roma Sud. E’ l’incaricato del caffè la mattina. E
della lavastoviglie. Dice che lo rilassa. E’, anche, metodico. Il mio
metronomo. Mi segna il tempo. La sera cantiamo come due scemi, a casa».
Vi sposerete?
«Lui non ci tiene.
A me, da credente, piacerebbe. Ma non una cerimoniona. Una cosa tra me e lui. E
pochi altri nostri».
E di bambini parlate?
«Sì, ma per
scherzo. Mi sento ancora troppo figlia per essere madre».
Con Gabriele come vi siete conosciuti?
«Lui suona. Una
sera è venuto a sostituire il bassista della vecchia band per un live a Roma.
Non lo reggevo: era carino, ma antipatico. In una settimana di prove è stato
tutto un punzecchiare».
E’ gelosa?
«Sì. Ma non di
lui. Del mio rapporto con lui, di come parliamo a letto».
E il sesso?
«Mi diverte, ma
non lo faccio con leggerezza. Sono molto gelosa anche del mio corpo, non l’ho
mai dato senza un senso. Ho sempre fatto l’amore».
Prima di lui ha avuto altre storie?
«Nulla di lungo.
Volevo essere libera».
Il primo bacio ?
«A tredici anni.
In campeggio».
Ha cambiato look, il rosso è più intenso.
«Dicono che dai
parrucchieri qualche signora ha iniziato a chiedere il Rosso Noemi. Sì, è il mio
simbolo. E vado orgogliosa di questo colore forte, volitivo. A Hollywood,
dai tempi di Rita Hayworth, dicono: “ Se vedi una rossa togliti di mezzo”».
Il mio vicino di sala stampa, quando l’ha vista sul
palco con l’abito nero, ha sbottato: «Allora è femmina». Siamo abituati a
vederla in All Star e jeans consumati.
«Degli uomini
sento di avere una cosa bella: non sono
competitiva. Il mio viaggio è solo mio. Non conosco termini di paragone».
E’ vero che ha fatto la pubblicità dei pannolini
Pampers?
«Mi selezionarono
in spiaggia. Sono faccia e chiappe della bambina del 1983».
Per L’amore si
odia ha duettato con Fiorella Mannoia.
«E’ una pasionaria
severa, pulita, bella. L’inchino che faccio alla fine della canzone è per lei».
E Vasco? Dopo che lei gli ha mandato a dire dai
giornali che pur di avere una sua canzone gli avrebbe lavato i piatti per un
anno, ha scritto Vuoto a perdere.
«Dovrei lavargli
casa per la vita!».
All’università la chiamavano Louvre.
«Non lo ricordo.
Forse perché le case in cui abbiamo abitato erano sempre piene di stoffe,
tende, quadri. E la colf spagnola non aiutava».
Lei però lavorava da cameriera.
«D’estate, nei
locali a Fregene, pulivo anche i bagni. Quando mio padre mi vedeva tornare a
casa alle tre di notte mi diceva: ti pago io, ma non andarci più. Con il primo
stipendio mi comprai una Vespetta arancione faro quadrato, classe ‘81».
Nel 2009
ha partecipato a X
Factor.
«Firmato il
contratto con la Sony, non si scherzava più. Cantare, quello per cui vivevo,
era diventato un lavoro».
Da ricchi?
«No. Ma non certo
da precari. L’estratto conto ha più zeri di quando servivo ai tavoli e pulivo
il vomito».
E’ finita sul palco con Emma e Arisa. Tutte donne,
tutte senza cognome.
«Come Mina. E’ un
buon auspicio. Nell’ultima esibizione, ho cantato finalmente libera. E ho
guardato, e sentito, tutta l’orchestra intorno a suonare».
aahahahah....bella la prefazione...condivido e resto della stessa opinione infatti le risposte che non mi fanno cambiare idea sono quelle relative al matrimonio a cui lui non tiene (ma non per questo ma per le parole che lei ha usato) e al desiderio di figli...in genere, dopo i 30 si comincia a sollecitare l'altra parte e se non arrivano altri stimoli la donna comincia a scalpitare e a...sfanculare...e chiudo prima che mi venga una certa malinconia...ahahahah...cmq mi piace il modo in cui si rapporta ai media...sempre con semplicità, umiltà e senza mai essere banale o populista.T.
RispondiEliminaCiao Tanias..
Eliminal’ho scritto apposta per attirarti qui!
Non vedo per quale motivo si debba cambiare idea. Io ho inquadrato il bassista in una certa categoria, indubbiamente per effetto di una impressione veloce, non certo della conoscenza. Non ho motivo per cambiare idea. Certo..non leggendo questa intervista!
Di questa conversazione mi piace il fatto che Veronica Scopelliti non nasconda i suoi lati deboli, racconti cose che altre difficilmente racconterebbero se non..per apparire in un certo modo, per compiacere un certo pubblico, per attirarne altro.
Altre affermazioni sono invece più distanti dal mio modo di vedere. Ma ci mancherebbe altro…ognuno ha il suo carattere, il suo modo di vedere e affrontare rapporti ed eventi.
Noemi dice di avere fede ma vuole andare in una comunità di meditazione trascendentale. Io ho fede e considero Dio il mio psicanalista!. Certo…non sento il suono della sua voce…ma mi “parla” più di quanto non possa fare una seduta di gruppo
Alcune cose denotano una maturità, una crescita. Quando dice: Amarsi è darsi regole semplici che ti fanno vivere bene. Sottoscrivo in pieno.
Quando invece parla di figli..beh..lì dimostra di essere ancora una ragazza!.
Il sentirsi ancora figlia non impedisce o riduce voglia di essere madre…tutt’altro!
Quindi…non è pronta, non rientra effettivamente tra i bisogni del suo essere, diventare madre.
Quanto al matrimonio….ci sono coppie che stanno insieme per anni…sembrano affiatate, si divertono, condividono molto..poi, ad un certo punto…uno dei due si sposa….improvvisamente….con un altro, con un’altra.
Non sto gufando (Noemi disse di essere superstiziosa). Sono le vicende della vita.
E’ successo, ad esempio, ad alcuni personaggi dello spettacolo. Ma non solo…
Questo per dire che certi passi nella vita, o non li fai perché non rientrano nella tua concezione, non sono una tua aspettativa, un tuo bisogno oppure …può succedere che li fai con un altro!...
Se siamo insieme ci sarà un perché, dice una canzone di Cocciante…ma…se ciò che non ero o facevo con te, lo sono e lo faccio con altro…ci sarà un perché!
Buona giornata
ho un altro pezzo del servizio da mettere in un post..
infatti...quando non sei pronto ti crei degli alibi: o ti convinci di non aver trovato la persona giusta e che l'ultimo partner non era all'altezza ma 'meriti di meglio' o ti adagi comodamente su una storia che non ti chiede e non ti dà...ti fa stare bene ma non richiede responsabilità o salti di qualità rilevanti: sesso, chiacchiere in divertimento ma senza un coinvolgimento tale che ti fa scambiare la precarietà sentimentale per indipendenza. Del resto il coinvolgimento totale ed esclusivo comporta anche rinunce, scontro, domande che vanno soddisfatte e che non possono restare sospese, e la costruzione di fondamenta solide che non si reggono sui 'se' e i continui appuntamenti rimandati...anch'io credo in Dio e ritrovo la pace solo nella preghiera. l'unica che mi dà serenità nei momenti di sconforto. Che bella la spontaneità di Noemi, quella leggerezza che però non è supercialità...ma solarità, tenerezza... è una donna molto sensuale anche se non sembra. di quel fascino nascosto che viene mostrato solo a pochi e che possono scorgere solo i palati sopraffini
RispondiEliminaa proposito domenica dalla cabello c'era il Pirata che ho visto piuttosto agitato...di quell'esagitazione che cela rabbia inespressa...ha pure detto di essersi ripresentato a Sanremo...ma si può fare dopo quello che ha passato l'altro anno? sempre il solito...:)Saluti t.
condivido Tanias…
RispondiEliminadevo aggiungere che di tutto ciò che dice Noemi la cosa che più mi colpisce è di fronte ad uno spavento notevole, dove è inevitabile che ti venga in mente tua madre…ti aggrappi a lei come se fossi una bambina smarrita..la vita di Noemi non è cambiata, e questo è indubbiamente positivo: i riferimenti sono sempre, in primis, la famiglia di provenienza…ecco…in questo c’è molto di logicamente normale ma c’è anche un altro segnale…ma è prematuro parlarne..il tempo dirà se il segnale prepara a cambiamenti “climatici”
quanto a Morgan….è molto preso dalla sua fidanzatina…MI SENTO SICURA DI QUESTA “IMPRESSIONE”…è completamente assorbito da lei…staremo a vedere per quanto.
Relativamente al Festival…spero che ci rimetta piede…ma soprattutto, che ritrovi la creatività di musicista…non si può passare la vita a X Factor…come non si può passare la vita “assorbiti” da una donna…o…dall’ossessione di rapporti che non ci sono più…il suo problema è sempre il solito…l’equilibrio….questo te lo dà la serenità…