Volunia, la forza di provarci. In Italia
di Riccardo Luna
Epic fail. Questo
il commento prevalente sulla rete dei tanti che hanno seguito in diretta la
conferenza stampa mondiale del
lancio di Volunia. 1 Una disfatta, praticamente. Ed effettivamente dal
punto di vista della comunicazione si doveva e si poteva fare di più. Abituati
come siamo alle emozioni e agli effetti speciali dei keynote di Steve Jobs,
l'inquadratura fissa in un'aula nobile ma antica dell'università di Padova dove
sedevano alcuni professori in giacca e cravatta, non era il massimo della
innovazione. E così i troppo lunghi discorsi iniziali di lodi della ricerca
italiana (giusti, per carità, ma pieni di inutili paroloni). E il fatto che al
momento della vera presentazione il proiettore non funzionasse (non per un guasto,
ho scoperto dopo: si erano dimenticati di accenderlo). Ma anche annunciare una
conferenza stampa come "lancio mondiale" e poi farla tutta in
italiano senza sottotitoli è stato un errore (soprattutto se il protagonista,
Massimo Marchiori, parla l'inglese meglio dell'italiano avendo studiato e
lavorato all'estero per tanto tempo).
Epperò, non esageriamo. Non esageriamo con il disfattismo. Non esageriamo con il dirci "si vede proprio che era tutto made in Italy", per riderci addosso. Volunia è un progetto importante: è stato pensato in Italia, finanziato in Italia e realizzato in Italia da ricercatori italiani che su questa impresa hanno scommesso tutto per due anni. Persino i server sono italiani.
Ci manca la cultura del fallimento: il riconoscere che il primo valore, la vera molla dell'innovazione, è provarci senza paura di sbagliare. Massimo Marchiori ha un merito immenso in questo senso. Ha creato un motore di ricerca che sposa alcune caratteristiche di Google e di Facebook: aveva i titoli per farlo, avendo immaginato nel 1997 l'algoritmo che sta alla base di Google, avendo lavorato a lungo con Tim Berners Lee che del web è l'inventore. E soprattutto avendo rinunciato a soldi e gloria per restare in una università italiana a insegnare non solo matematica, ma la passione per la innovazione agli studenti.
Nessuno oggi può dire se Volunia avrà successo, se il fatto di sapere chi altro ha visitato o sta visitando una certa pagina web sia davvero una informazione rilevante; e se davvero vogliamo chiedere l'amicizia a qualcuno solo perché stiamo vedendo lo stesso documento. Ma Volunia ha comunque un forte contenuto di innovazione e questo è un valore che non si cancella anzi, era giusto metterlo in gioco. Provarci. Finora pare che sia costato un investimento di due milioni di euro da parte di un venture capital italiano coraggioso ma non pazzo: Mariano Pireddu. Soldi spesi bene, direi. Infatti, se Volunia non si rivelasse un fiasco colossale (ma i primi commenti di autorevoli "power tester" in giro per il mondo mi fanno escludere che sia così), ci sono secondo me due possibilità. La prima, ardua, è che Volunia conquisti il web così com'è. La seconda, questa invece molto possibile, è che alcune delle funzionalità di Volunia possano far gola a Google stesso, o a Facebook o ad altri. E' già successo con Bing, un motore di ricerca realizzato da un giovane studente italiano, Lorenzo Thione, in Silicon Valley: e presto venduto a Microsoft per 100 milioni di dollari. Marchiori questa cosa non la esclude affatto anche se lo riguarda marginalmente visto che sulla parte business lui non c'entra nulla. A lui interessa solo riuscire a fare qualcosa che migliori il modo in cui il mondo vive la rete, e quindi in definitiva, condivide la conoscenza. Oggettivamente, nel 1997 aveva visto giusto e pazienza, dice lui, se non è diventato ricco. Anzi, per la verità nei giorni scorsi, è diventato un po' più ricco: grazie ad uno scatto di anzianità (ha quasi 42 anni), il suo stipendio ha superato i duemila euro mensili. Anche per questo io dico che non si può non guardare a Volunia con rispetto, speranza e gratitudine.
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