mercoledì 2 ottobre 2013

Letta bis: sbagliato il cocktail di farmaci per Silvio Berlusconi: “non voto la fiducia”…”sì, voto la fiducia”

tratto da: Il Fatto Quotidiano

Berlusconi cambia (ancora) idea: “Voteremo sì”. E’ stata la quinta volta in mezza giornata. Fino all’ora di pranzo, infatti, Berlusconi e il Pdl avevano confermato di ritirare il sostegno al governo delle larghe intese. Ma il Cavaliere a sorpresa ha preso la parola in Aula al posto del capogruppo Schifani e ha annunciato il colpo di scena: tutto il Pdl voterà la fiducia all’esecutivo guidato daEnrico Letta. Pochissime parole quelle di Berlusconi, un intervento che doveva durare 10 minuti. In soli 2 minuti il Cavaliere cambia le carte in tavola ed ecco il colpo di scena: “Non senza un interno travaglio” votiamo la “fiducia”.
D’altra parte l’esecutivo avrebbe continuato a camminare e qui sta il motivo della retromarcia (l’ultima delle giravolte) di Berlusconi. Quella del Cavaliere sembra una sconfitta politica perché un pezzo non irrilevante del suo partito non l’ha seguito nella sua furia distruttrice al grido di “al voto, al voto”. Letta avrebbe avuto comunque una maggioranza e Berlusconi sarebbe rimasto nell’angolino. Avrebbe avuto una maggioranza al Senato più stretta: 180 voti (contro i 230 avuti finora). Per ottenere la fiducia servono 161 sì. Una “nuova maggioranza” come la chiama il ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. E’ una maggioranza che non ha più bisogno di Berlusconi e questo lo hanno sottolineato in parecchi nel governo e nel Pd. 

Non è più Berlusconi a dire no al governo – è il ragionamento – ma è Letta che se ne frega ai voti (e ai ricatti) di Berlusconi. “Vota la fiducia? E’ un problema suo, non nostro” ha risposto a un certo punto il ministro per le Regioni Graziano Delrio a metà mattinata dopo l’ennesima capriola dell’ex presidente del Consiglio.
A votare sì, dunque, saranno al Senato il Pd, Scelta Civica, circa 25 senatori del Pdl, 9 dei 10 senatori di Grandi Autonomie e Libertà (che sono sempre eletti nel centrodestra) e i 4 fuoriusciti (espulsi e non) del Movimento Cinque Stelle. A questi si aggiungono a questo punto anche i senatori del Pdl (o Forza Italia o quel che è), dopo una serie innumerevole di dichiarazioni in senso opposto. A votare no resteranno le opposizioni che si sono formate già dal primo voto di fiducia: la Lega Nord, Sinistra Ecologia e Libertà e gli stessi Cinque Stelle. Tra i “transfughi” del Pdl al Senato si segnalavano comunque il ministro Gaetano Quagliariello, l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, l’ex presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, l’ex relatore della Giunta per le elezioni Andrea Augello e l’ex sottosegretario Carlo Giovanardi.
La scelta di Berlusconi è stata dunque dettata in particolare dalla volontà di tenere unito il partito. Roberto Formigoni, infatti, aveva già annunciato – a prescindere dalle decisioni dei fedeli berlusconiani – la composizione di un nuovo gruppo autonomo (che potrebbe chiamarsi “i Popolari”)  di almeno 35 senatori che usciranno dai gruppi di Pdl e Gal. 

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