tratto da: Il Fatto
Quotidiano
Berlusconi
cambia (ancora) idea: “Voteremo sì”. E’ stata la quinta volta in mezza
giornata. Fino all’ora di pranzo, infatti, Berlusconi e il
Pdl avevano confermato di ritirare il sostegno al governo delle larghe intese.
Ma il Cavaliere a sorpresa ha preso la parola in Aula al posto del capogruppo
Schifani e ha annunciato il colpo di scena: tutto il Pdl voterà la fiducia
all’esecutivo guidato daEnrico Letta. Pochissime parole quelle di Berlusconi,
un intervento che doveva durare 10 minuti. In soli 2 minuti il Cavaliere cambia
le carte in tavola ed ecco il colpo di scena: “Non senza un interno travaglio”
votiamo la “fiducia”.
D’altra parte l’esecutivo avrebbe
continuato a camminare e qui sta il motivo della retromarcia (l’ultima delle
giravolte) di Berlusconi. Quella del Cavaliere sembra una sconfitta politica
perché un pezzo non irrilevante del suo partito non l’ha seguito nella sua
furia distruttrice al grido di “al voto, al voto”. Letta avrebbe avuto comunque
una maggioranza e Berlusconi sarebbe rimasto nell’angolino. Avrebbe avuto una
maggioranza al Senato più stretta: 180 voti (contro i 230 avuti finora). Per
ottenere la fiducia servono 161 sì. Una “nuova maggioranza” come la chiama il
ministro per i Rapporti con il Parlamento Dario Franceschini. E’ una maggioranza
che non ha più bisogno di Berlusconi e questo lo hanno sottolineato in parecchi
nel governo e nel Pd.
Non è più Berlusconi a dire no al governo – è il
ragionamento – ma è Letta che se ne frega ai voti (e ai ricatti) di Berlusconi.
“Vota la fiducia? E’ un problema suo, non nostro” ha risposto a un certo punto
il ministro per le Regioni Graziano Delrio a metà mattinata dopo
l’ennesima capriola dell’ex presidente del Consiglio.
A votare sì, dunque, saranno al Senato il
Pd, Scelta Civica, circa 25 senatori del Pdl, 9 dei 10 senatori di Grandi
Autonomie e Libertà (che sono sempre eletti nel centrodestra) e i 4 fuoriusciti
(espulsi e non) del Movimento Cinque Stelle. A questi si aggiungono a questo
punto anche i senatori del Pdl (o Forza Italia o quel che è), dopo una serie
innumerevole di dichiarazioni in senso opposto. A votare no resteranno le
opposizioni che si sono formate già dal primo voto di fiducia: la Lega Nord,
Sinistra Ecologia e Libertà e gli stessi Cinque Stelle. Tra i “transfughi” del
Pdl al Senato si segnalavano comunque il ministro Gaetano Quagliariello,
l’ex ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, l’ex presidente della Regione
Lombardia Roberto Formigoni, l’ex relatore della Giunta per le elezioni Andrea
Augello e l’ex sottosegretario Carlo Giovanardi.
La scelta di Berlusconi è stata dunque
dettata in particolare dalla volontà di tenere unito il partito. Roberto
Formigoni, infatti, aveva già annunciato – a prescindere dalle decisioni dei
fedeli berlusconiani – la composizione di un nuovo gruppo autonomo (che
potrebbe chiamarsi “i Popolari”) di almeno 35 senatori che usciranno dai
gruppi di Pdl e Gal.
Nessun commento:
Posta un commento