Il terribile botulino
Chiunque
abbia un frigorifero sa che i vegetali si conservano per diversi giorni, anche
settimane, mentre un pezzo di carne cruda comincia a puzzare molto presto. La
carne è il terreno di coltura ideale per molti microorganismi, che trovano
acqua e nutrimento a volontà, oltre a condizioni favorevoli per la crescita,
perché ha un pH non troppo acido. Durante la macellazione le varie parti
dell’animale possono subire una contaminazione da parte dei batteri presenti,
tra cui il Clostridium botulinum, che
in condizione opportune può produrre neurotossine particolarmente pericolose:
se ingerite, si legano irreversibilmente alle terminazioni nervose periferiche
inibendo il rilascio dei neurotrasmettitori e causando la paralisi dei muscoli.
Questa malattia, chiamata botulismo, si può contrarre dai salumi e da molti
altri alimenti. In Italia un’epidemia causata da una partita di mascarpone ha
colpito 58 persone nel 1996, e ogni anno vengono segnalati mediamente 20-30
casi.
I
nitriti contenuti nei salumi hanno la funzione di proteggerci dal botulino.
L’EFSA ci ricorda che «esercitano un importante effetto conservante in alcuni
prodotti a base di carne, in particolare inibendo la crescita di alcuni
microrganismi indesiderati, compreso il Clostridium
botulinum».
L’uso
dei nitriti, sotto forma di salnitro, per la conservazione di salsicce e
insaccati risale almeno al Medioevo. Ora come conservanti si usano in forma
pura il nitrito di potassio (E249) o il nitrito di sodio (E250), che hanno un
effetto anche sul colore dei salumi, donando una tipica colorazione rosata o
rossa. Per quel che riguarda la mortadella, non sappiamo quanti nitriti siano
contenuti nella Fiorucci, ma una recente indagine dell’INRAN (Istituto
nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione) sulla composizione di
molti salumi italiani ha riscontrato in media valori molto bassi. Quello che ne
contiene di più ì, 4-9 mg per kg di prodotto, risulta
essere il prosciutto cotto. Sono valori
che non destano preoccupazioni,
perché l’EFSA ritiene che la dose giornaliera ammissibile sia di 0,07 mg
per kg di peso corporeo al giorno.
E’
tuttavia possibile che, per tipo di alimentazione, in alcuni paesi una parte
della popolazione superi i livelli giornalieri ritenuti accettabili. Per
ridurre l’esposizione alle nitrosammine occorre dunque, secondo l’EFSA,
abbassare i «livelli di nitrati e nitriti aggiunti agli alimenti al minimo
indispensabile per ottenere l’effetto conservante necessario e per garantire la
sicurezza microbiologica». Si tratta di un’indicazione importante, dal momento
che per ora non è stata identificata un’alternativa valida per la conservazione
dei prodotti stagionati a base di carne.
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