da: La Stampa
Paul
McCartney "New", inediti rinfrescati
"4
produttori contro la polvere del tempo"
di Marinella
Venegoni
Governato da un plotone di discografici,
assistenti personali, fotografi, da altri il cui ruolo è incomprensibile per
gli umani, ieri come in «Tempi Moderni» di Chaplin Paul McCartney ha spazzolato
l’ormai sparuta orda dei quotidiani di tutto il mondo, a raccontare in breve il
nuovo album inedito «New», in uscita il 15 ottobre. Un Beatle vivente è come un
santino che respira, una molecola di storia. Ma Paul tiene il ruolo con umanità
e a ciascuno - cinesi, australiani, inglesi, italiani e altri - ha ripetuto
appassionatamente le proprie ragioni prima che i suoi lo portassero via con la
bocca ancora aperta in un concetto, rassegnato nel suo completo scuro, camicia
a quadri, capelli più lunghi e curati con tinta finalmente credibile, dopo
l’arrivo della moglie yankee Nancy Shevell.
Paul McCartney ha 71 anni non dimostrati e
non tirati, ed è veramente un pezzo di pane, uno che non te la conta ma ti
racconta. Non abbiamo avuto il tempo fisico di chiedergli come considerasse
oggi il penultimo album di cover d’epoca «Kisses on the Bottom», passato
rapidamente nel dimenticatoio: ma la risposta è già implicita in «New», 12
canzoni che attingono scintille dal suo stile beatlesiano ma si proiettano
nella contemporaneità, con l’aiuto di quattro produttori di grido, da Mark
Ronson a Ethan Johns, da Paul Epworth a Giles Martin, figlio del suo storico
George. Gente che è dietro i successi di Adele o della Winehouse, e che gli ha
come tolto la rispettabile polvere accumulata nel tempo. Si rischia di finire
in classifica, con «New», ed è lo stesso Paul a raccontare intenzioni serie:
«Sono proprio uscito dal solito solco, ho cercato produttori che vanno per la
maggiore. Non volevo un suono stantio, ne cercavo uno contemporaneo perché
quando poi ascolti la radio, la canzone prima suona fresca e la mia no. Ho
trovato questi 4 ragazzi, gli ho spiegato».
Ne è uscito un misto di freschezza e
vintage piacevole, tanti racconti brevi che parlano d’amore e anche di ricordi.
Come «Early Days», una delle ballate classiche acustiche che racconta in
falsetto la sua giovinezza con John Lennon, il loro girare da ragazzi a offrire
musica, con tanto di polemica: «Ora ciascuno sembra avere la propria
opinione/chi ha fatto questo chi ha fatto quello...», canta come se gli
avessero rubato la sua storia. E ci spiega: «Amo le memorie, e vado a Liverpool
un paio di volte l’anno all’Institute for Performing Arts che si trova nella
mia vecchia scuola. Mentre cammino mi ricordo di tutto, qui compravamo la
cioccolata, là andavamo al pub. Ricordo che entravamo nei negozi di dischi,
memorie profonde che sono belle. Non è un male, la nostalgia. Ecco, questa
canzone porta a galla i miei ricordi, ma la gente li ricostruisce come vuole e
qui voglio proprio dire che le memorie sono mie e nessuno le può cambiare. Non
sono come Napoleone all’Elba che non sapeva quel che era successo. Nel film
"Nowhere Boy" di Sam Taylor-Wood, sull’adolescenza di John, ci sono
cose non vere, come la scena in cui John mi butta per terra. E non è vero che
la sua prima canzone era dedicata alla madre, la nostra prima canzone è stata
"In spite of all the danger"».
C’è un altro brano, una cartolina colorata
che si apre su un riff harrisoniano e s’intitola «On my way to work», che
dipinge squarci di vita della gente comune. Che ne sa, Paul McCartney, della
vita della gente comune? Quasi si innervosisce, Paul: «Sono stato una persona
ordinaria. Andavo a scuola, arrivavo tardi come tutti. Prima di essere famosi
abbiamo avuto una vita normale. Ho avuto a Liverpool una famiglia forte, ed è
importante per me cercare di rimanere normale ancora oggi. Non voglio vivere
come quello che chiama la limousine e si riempie di guardie del corpo. Al
cinema faccio la fila con Nancy. Anzi, vuol sapere? Ho conosciuto tanta gente
importante, Bill Clinton, la Thatcher, Obama, ma nessuno è migliore della mia
famiglia. Interessante, calda, pazza e piena di anima. Una famiglia quasi
italiana».
Pollice verso, infine, per il cinema.
Finito di girare il video di «Queenie Eye» con Johnny Depp e Sean Penn, non
pensa di lavorare mai in quell’ambiente: «Lì vanno molto di fretta, in passato
ho scritto canzoni per il cinema, ma dopo «Heaven Can Wait», Warren Beatty non
mi chiamò nemmeno. E’ un mondo volatile». Ora «New» è nel film «Piovono
polpette 2»... «Avevo visto il primo con mia figlia Beatrice che ha 10 anni,
lei lo ha adorato. Vediamo spesso quel tipo di film...». Per il futuro, non gli
diapiacerebbe collaborare con Bob Dylan e pure Thom Yorke: «Certo, con Dylan
sembrarebbe più facile. A mia figlia Stella piacerebbe tanto Yorke, ma poi vado
lì e cosa gli dico?». Mitico Paul.
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