lunedì 7 ottobre 2013

Paul McCartney, nuovo album: ‘New’

da: La Stampa

Paul McCartney "New", inediti rinfrescati
"4 produttori contro la polvere del tempo"
di Marinella Venegoni



Governato da un plotone di discografici, assistenti personali, fotografi, da altri il cui ruolo è incomprensibile per gli umani, ieri come in «Tempi Moderni» di Chaplin Paul McCartney ha spazzolato l’ormai sparuta orda dei quotidiani di tutto il mondo, a raccontare in breve il nuovo album inedito «New», in uscita il 15 ottobre. Un Beatle vivente è come un santino che respira, una molecola di storia. Ma Paul tiene il ruolo con umanità e a ciascuno - cinesi, australiani, inglesi, italiani e altri - ha ripetuto appassionatamente le proprie ragioni prima che i suoi lo portassero via con la bocca ancora aperta in un concetto, rassegnato nel suo completo scuro, camicia a quadri, capelli più lunghi e curati con tinta finalmente credibile, dopo l’arrivo della moglie yankee Nancy Shevell. 

Paul McCartney ha 71 anni non dimostrati e non tirati, ed è veramente un pezzo di pane, uno che non te la conta ma ti racconta. Non abbiamo avuto il tempo fisico di chiedergli come considerasse oggi il penultimo album di cover d’epoca «Kisses on the Bottom», passato rapidamente nel dimenticatoio: ma la risposta è già implicita in «New», 12 canzoni che attingono scintille dal suo stile beatlesiano ma si proiettano nella contemporaneità, con l’aiuto di quattro produttori di grido, da Mark Ronson a Ethan Johns, da Paul Epworth a Giles Martin, figlio del suo storico George. Gente che è dietro i successi di Adele o della Winehouse, e che gli ha come tolto la rispettabile polvere accumulata nel tempo. Si rischia di finire in classifica, con «New», ed è lo stesso Paul a raccontare intenzioni serie: «Sono proprio uscito dal solito solco, ho cercato produttori che vanno per la maggiore. Non volevo un suono stantio, ne cercavo uno contemporaneo perché quando poi ascolti la radio, la canzone prima suona fresca e la mia no. Ho trovato questi 4 ragazzi, gli ho spiegato». 
Ne è uscito un misto di freschezza e vintage piacevole, tanti racconti brevi che parlano d’amore e anche di ricordi. Come «Early Days», una delle ballate classiche acustiche che racconta in falsetto la sua giovinezza con John Lennon, il loro girare da ragazzi a offrire musica, con tanto di polemica: «Ora ciascuno sembra avere la propria opinione/chi ha fatto questo chi ha fatto quello...», canta come se gli avessero rubato la sua storia. E ci spiega: «Amo le memorie, e vado a Liverpool un paio di volte l’anno all’Institute for Performing Arts che si trova nella mia vecchia scuola. Mentre cammino mi ricordo di tutto, qui compravamo la cioccolata, là andavamo al pub. Ricordo che entravamo nei negozi di dischi, memorie profonde che sono belle. Non è un male, la nostalgia. Ecco, questa canzone porta a galla i miei ricordi, ma la gente li ricostruisce come vuole e qui voglio proprio dire che le memorie sono mie e nessuno le può cambiare. Non sono come Napoleone all’Elba che non sapeva quel che era successo. Nel film "Nowhere Boy" di Sam Taylor-Wood, sull’adolescenza di John, ci sono cose non vere, come la scena in cui John mi butta per terra. E non è vero che la sua prima canzone era dedicata alla madre, la nostra prima canzone è stata "In spite of all the danger"». 
C’è un altro brano, una cartolina colorata che si apre su un riff harrisoniano e s’intitola «On my way to work», che dipinge squarci di vita della gente comune. Che ne sa, Paul McCartney, della vita della gente comune? Quasi si innervosisce, Paul: «Sono stato una persona ordinaria. Andavo a scuola, arrivavo tardi come tutti. Prima di essere famosi abbiamo avuto una vita normale. Ho avuto a Liverpool una famiglia forte, ed è importante per me cercare di rimanere normale ancora oggi. Non voglio vivere come quello che chiama la limousine e si riempie di guardie del corpo. Al cinema faccio la fila con Nancy. Anzi, vuol sapere? Ho conosciuto tanta gente importante, Bill Clinton, la Thatcher, Obama, ma nessuno è migliore della mia famiglia. Interessante, calda, pazza e piena di anima. Una famiglia quasi italiana». 

Pollice verso, infine, per il cinema. Finito di girare il video di «Queenie Eye» con Johnny Depp e Sean Penn, non pensa di lavorare mai in quell’ambiente: «Lì vanno molto di fretta, in passato ho scritto canzoni per il cinema, ma dopo «Heaven Can Wait», Warren Beatty non mi chiamò nemmeno. E’ un mondo volatile». Ora «New» è nel film «Piovono polpette 2»... «Avevo visto il primo con mia figlia Beatrice che ha 10 anni, lei lo ha adorato. Vediamo spesso quel tipo di film...». Per il futuro, non gli diapiacerebbe collaborare con Bob Dylan e pure Thom Yorke: «Certo, con Dylan sembrarebbe più facile. A mia figlia Stella piacerebbe tanto Yorke, ma poi vado lì e cosa gli dico?». Mitico Paul. 

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