da: Il Fatto Quotidiano
C’è una gran ressa nell’anticamera del fronte antiberlusconiano,
rimasto per vent’anni semideserto.
Pare che spingano per entrare anche alcuni gaglioffi che dopo una vita da rospi
diventarono principi azzurri grazie al tocco magico del portafogli e delle tv
del Cainano, che scattavano sull’attenti a ogni suo fischio, che gli han sempre
votato e talora firmato decine di leggi vergogna (vero, Angelino detto Lodo?),
che ancora due anni fa approvavano festosi la mozione “Ruby nipote di Mubarak”,
che ancora l’11 marzo marciavano sul Tribunale di Milano, che ancora una
settimana fa si rimangiavano il voto sulla Severino trafficando per salvare il
pregiudicato dalla decadenza e si facevano esplodere in tutti i talk show
spacciando un volgare frodatore fiscale per un perseguitato politico,
insultando i giudici e i giornalisti liberi che hanno capito e detto tutto con
due decenni d’anticipo. E ora si scoprono “colombe” per arraffare un’altra
poltrona ministeriale e garantirsi l’autoriciclaggio al prossimo giro di
valzer, subito riverginati dagli house organ dell’inciucio che li beatificano
come alfieri di una destra moderna ed europea, mentre quelli fanno gli eroi
della resistenza al “metodo Boffo”, a loro tanto caro fino all’altroieri.
Diciamo subito, allora, che il metodo Boffo
con i cinque ministri e i cicchitti “diversamente berlusconiani” non c’entra
nulla. Sull’allora direttore di Avvenire , il Giornale scagliò un dossier in
parte vero (la sentenza per molestie ai danni di una donna) e in parte falso
(un’informativa inesistente della polizia sui suoi gusti sessuali), mentre su
di loro Sallusti non ha (ancora) sparso né fango né veleno: ha soltanto scritto
che sembrano avviati “sulle orme di quel genio di Fini”. Una critica politica
pienamente legittima, giusta o sbagliata che sia. Ci vuol altro per farne dei
martiri. Nell’attesa, potrebbero scusarsi con Fini, Granata, Perina, Angela
Napoli, Briguglio e gli altri finiani che scaricarono B. magari tardi, ma
quando ancora costava caro: e nel 2010 stavano per liberarci definitivamente
dal Cainano, se Napolitano non si fosse precipitato in suo soccorso.
Ora è tardi per mollarlo, e pure troppo
comodo. Tempo scaduto: le iscrizioni all’antiberlusconismo sono chiuse da un
pezzo. Anche perché oggi le vere vittime del metodo Boffo sono ben altre: per
esempio i 5Stelle che, dati per estinti fino all’altro giorno, si riscoprono
forti nei sondaggi e vengono bastonati con ogni sorta di falsità da destra e da
sinistra in vista delle possibili elezioni anticipate. Non passa giorno senza
che un paio di malpancisti grillini vengano spacciati da giornali e tv come un
poderoso esercito di dissidenti pronti a secedere e ansiosi di votare
astutamente il prossimo governicchio: quello che ci farà pagare tutte le tasse
rinviate da Letta.
Ieri sul Giornale il semprelucido
Francesco Alberoni, ormai pronto per la legge Bacchelli, scriveva che “il
Movimento a Cinque Stelle ha come programma politico quello di annientare il
sistema parlamentare e instaurare un regime totalitario. Grillo lo dice nel suo
blog, come del resto aveva fatto a suo tempo Hitler nel suo libro Mein Kampf”.
E l’altroieri, nella consueta enciclica
domenicale, Eugenio Scalfari tentava di far dimenticare i suoi
imbarazzanti peana alle larghe intese Napolitano-Berlusconi-Letta Zio-Letta
Nipote e il clamoroso fallimento dopo appena cinque mesi dell’adorato
presidente e dall’amato premier (il più ridicolo e inconcludente del
dopoguerra). E con chi se la prendeva? Con l’unica forza di opposizione, a cui
i fatti si sono incaricati di dare ragione. Al punto da mettere Grillo sullo
stesso piano di B. (“Due caimani e due bande di camerieri”): “Grillo vuole le
stesse cose di Berlusconi: la caduta del governo, le elezioni anticipate col
‘porcellum’, le dimissioni di Napolitano e un governo di grillini e di chi la
pensa come loro (Berlusconi?)”. Raramente si era letta su un giornale serio
come Repubblica una tale quantità di baggianate. Qui chi ha patrocinato un
governo con B. non è Grillo, è Scalfari. E, se si andasse subito al voto col
Porcellum, la colpa sarebbe di tutti fuorché di Grillo: i parlamentari M5S
votarono in massa per la mozione Giachetti che impegnava le Camere a tornare al
Mattarellum in caso di elezioni, mentre tutto il Pd (compreso Letta) votò
contro la proposta del suo stesso deputato.
Del resto Pd, Pdl e Napolitano avevano già
boicottato il referendum anti-Porcellum, plaudendo quando due anni fa la
Consulta lo bocciò. E in questi cinque mesi che cos’han fatto per abrogare la
porcata? Nulla di nulla. Hanno perso tempo dietro la compagnia dei “saggi”
della buona morte voluta da Napolitano, trastullandosi con la controriforma
costituzionale e scardinando l’articolo 138: sapevano bene che l’unico alibi
che tiene insieme il governo con lo sputo è proprio l’assenza di una nuova
legge elettorale.
Quanto alle dimissioni di Napolitano, non è
solo Grillo a chiederle, ma è Napolitano che le ha promesse nel suo
discorso di reinsediamento dinanzi alle Camere riunite, il 22 aprile scorso:
“Ho il dovere di essere franco: se mi troverò di nuovo dinanzi a sordità come
quelle contro cui ho cozzato nel passato, non esiterò a trarne le conseguenze
dinanzi al Paese”. Non gli bastano le sordità di questi giorni? O è diventato
sordo anche lui?
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